Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 714 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 714 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA
sul ricorso 24257-2012 proposto da:
PESCE MARCO (PSCMRC56S23A403A) elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA ACQUEDOTTO PAOLO 22, presso il sig. BIAGIO
MARINEW, rappresentato e difeso dall’avvocato MOSCIONI
ANNA RITA, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –

Contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (8018440587) in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

Data pubblicazione: 15/01/2014

– resistente avverso il decreto n. 520/2012 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA del 23.4.2012, depositato il 05/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

udito per il ricorrente l’Avvocato Anna Rita Moscioni che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

Ric. 2012 n. 24257 sez. M2 – ud. 24-04-2013
-2-

24/04/2013 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

R.g. 24257.2012
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato nel 2011 presso la Corte d’appello di
Perugia, Marco Pesce ha proposto, ai sensi della legge n. 89 del
2001, domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale

equa riparazione svoltosi dinnanzi alla Corte d’appello di Roma,
iniziato con ricorso depositato in data 13 novembre 2007 e
conclusosi con decreto depositato in data 12 ottobre 2010.
L’adita Corte d’appello ha dichiarato la domanda inammissibile
ritenendo non esperibile il rimedio di cui alla legge n. 89 del
2001 in relazione a procedimenti relativi alla denunciata

sofferto a causa della non ragionevole durata di un giudizio di

violazione della durata ragionevole di giudizi presupposti, non 21 /
discendendo tale proponibilità dalla Convenzione europea dei
diritti dell’uomo ed essendo l’eventuale ritardo nella definizione
dei procedimenti ex lege n. 89 del 2001 compensabile dal giudice
del procedimento.
Per la cassazione di questo decreto l’istante ha proposto
ricorso, sulla base di due motivi; l’intimata Amministrazione ha
resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione
semplificata nella redazione della sentenza.

n.24257- 12 D’Ascola rei

1

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia
violazione degli artt. 6.1., 13 e 35 della Convenzione europea per
i diritti dell’uomo, dell’art. 111, primo e secondo comma, Cost.,

che la Corte d’appello, in contrasto con la giurisprudenza di
questa Corte, abbia negato la natura giudiziaria e processuale dei
mezzi di tutela approntati dalla legge n. 89 del 2001, la cui
ratio è quella di attuare con mezzi giudiziari specifici interni
la tutela prevista dalla CEDU.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione o falsa
applicazione degli artt. 2 e 3 della legge n. 89 del 2001, e degli
artt. 2056, 1223, 1226 e 1227 cod. civ. rilevando che la durata
irragionevole del giudizio di equa riparazione è, a sua volta,
fonte di un danno non patrimoniale che si chiede di accertare e di
liquidare.
Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati
congiuntamente, è fondato.
Questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più volte in ordine
alla applicabilità del procedimento disciplinato dalla legge n. 89
del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base della legge stessa,
per i quali deve ritenersi predicabile l’operatività del termine
ragionevole di durata e del conseguente regime indennitario in
caso di sua violazione.

n.24257- 12 D’Ascola rei

2

e degli artt. 2 della legge n. 89 del 2001, dolendosi del fatto

jtAY

Come affermato di recente (Cass. n. 17686 del 2012; Cass. n.
5924 del 2012 e altre conformi), il giudizio di equa riparazione,
che si svolge presso le Corti d’appello ed eventualmente, in sede
di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo

definizione in tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più
pressante per tale tipologia di giudizi, in quanto finalizzati
proprio all’accertamento della violazione di un diritto
fondamentale nel giudizio presupposto, la cui lesione genera di
per sé una condizione di sofferenza e un patema d’animo che
sarebbe eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti

lege

ex

n. 89 del 2001. Né appare condivisibile l’assunto che il

giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di
impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico
procedimento destinato a concludersi dinanzi alla Corte europea,
nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte interessata non
ottenga una efficace tutela all’indicato diritto fondamentale,
atteso che il procedimento interno rappresenta una forma di tutela
adeguata ed efficace, sempre che, ovviamente, si svolga esso
stesso nell’ambito di una ragionevole durata.
Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un
procedimento di equa riparazione, questa Corte ha ritenuto che ove

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3

di cognizione, soggetto, in quanto tale, alla esigenza di una

/41/

venga in rilievo un giudizio “Pinto” svoltosi anche dinnanzi alla
Corte di cassazione, la durata complessiva dei due gradi debba
essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.
Orbene, tenuto conto che il termine di durata ragionevole di

ritenersi che il giudizio di primo grado debba essere concluso nel
termine ragionevole di un anno, non potendosi a tal fine
attribuire al termine di quattro mesi di cui all’art. 3, comma 4,
della legge n. 89 del 2001, natura diversa da quella
sollecitatoria che gli è propria e quindi non espressiva in modo
assoluto della ragionevole durata del procedimento di equa
riparazione.
Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea la
decisione della Corte territoriale che ha ritenuto inammissibile
la domanda di equa riparazione per la irragionevole durata di un
procedimento di equa riparazione relativamente a giudizio
presupposto di altra natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito.
Nel caso di specie, infatti, il ricorso è stato depositato
presso la Corte d’appello di Roma nel mese di novembre 2007 e
l’unico grado di giudizio di merito si è concluso con decreto
depositato nel mese di ottobre 2010. La durata complessiva del

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un giudizio di legittimità è normalmente fissato in un anno, deve

procedimento di equa riparazione è stata dunque di circa due anni
e undici mesi. Detratto il termine ragionevole, stimato in un
anno, la durata non ragionevole risulta essere stata di circa un
anno e undici mesi.

ricorrente spetta un indennizzo che va liquidato sulla base di
euro 750,00 per anno, e quindi in complessivi euro 1.437,50, oltre
interessi legali dalla data della domanda al saldo.
Al ricorrente compete altresì il rimborso delle spese
dell’intero giudizio, liquidate nella misura indicata in
dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al
pagamento, in favore di Marco Ypesce, della somma di euro 1.18,6Ó
oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo; condanna
il Ministero alla rifusione delle spese dell’intero giudizio che
liquida, per il giudizio di merito, in euro 775,00, di cui euro
50,00 per esborsi, 280,00 per diritti e 445,00 per onorari, oltre
alle spese generali e agli accessori di legge, e, per il giudizio
di legittimità, in euro 292,50 per compensi, oltre a euro 50,00
per esborsi e agli accessori di legge.

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5

Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio, al

g.1,t

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della sesta/2^
sezione civile tenuta il 24 aprile 2013
Il Presidente

Il Consigliere est.

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