Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7138 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 09/11/2021, dep. 04/03/2022), n.7130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6349/2021 proposto da:

O.H., elettivamente domiciliato in Roma Via Machiavelli,

50, presso lo studio dell’avvocato Preziosi Fabrizio, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Prefettura Di Roma Utg;

– intimato –

avverso il decreto del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositato il

25/01/2021;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/11/2021 da Dott. ROCCHI GIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza del 15 – 25/1/2021, il Giudice di Pace di Roma rigettava il ricorso proposto da O.H. avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Roma.

Il ricorrente era titolare di permesso di soggiorno rilasciato per motivi umanitari con scadenza prevista per il 16/11/2018; il decreto di espulsione era stato emesso per la mancata richiesta di rinnovo.

Il ricorrente aveva dedotto di avere presentato la richiesta nonché di essere coniugato e padre di cinque figli, avendo quindi, diritto alla preservazione del legame familiare; aveva dedotto, altresì, di non avere ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento e di non avere ottenuto la traduzione del provvedimento impugnato.

Il Giudice osservava che, nel giudizio D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 8, restano escluse le valutazioni relative all’ordine pubblico, alla integrazione sociale e alle possibilità di lavoro dello straniero.

Il Giudice rigettava l’eccezione difensiva relativa all’ammissibilità dell’atto di costituzione della Questura di Roma, atteso che il funzionario che aveva sottoscritto l’atto aveva dichiarato di stare in giudizio quale incaricato, dovendosi presumere la sua investitura.

Il Giudice dava atto che non era stata fornita prova della presentazione – in data imprecisata – della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, così come dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, atteso che la permanenza del ricorrente e del suo nucleo familiare presso un villaggio posto in (OMISSIS) era documentato fino al (OMISSIS), mentre niente era stato sapere per il periodo successivo.

Il decreto di espulsione era stato tradotto in lingua inglese come da scelta effettuata dal ricorrente che, del resto, si era limitato a contestare la mancata traduzione nella lingua della Bosnia Erzegovina senza aver mai negato la conoscenza delle lingue italiane e inglese.

Il decreto di espulsione era ampiamente motivato; non sussisteva la necessità di dare comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento amministrativo nella procedura di espulsione. D’altro canto, il provvedimento di espulsione è un provvedimento obbligatorio e vincolato in caso di mancata richiesta nel termine prescritto del rinnovo del permesso di soggiorno.

2. Ricorre per cassazione O.H., deducendo, in un primo motivo, violazione dell’art. 166 c.p.c. e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 6, conseguente inutilizzabilità dell’atto di costituzione e delle affermazioni in esso contenute; nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

A fronte dell’eccezione della difesa secondo cui l’atto di delega del funzionario della Questura di Roma non era stato depositato unitamente alla comparsa e l’atto era sottoscritto da soggetti diverso da quelli indicati come delegati, il Giudice non aveva ritenuto necessario il deposito della delega e aveva ritenuto sufficiente la dichiarazione del sottoscrittore dell’atto di essere investito per l’incombente.

Secondo il ricorrente, in forza di quanto disposto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 6, la costituzione in giudizio era inammissibile per mancato deposito della delega. In effetti, nel caso di specie non vi era stata la presenza personale della Prefettura, ma di funzionari appartenenti ad altra amministrazione.

Di conseguenza la costituzione in giudizio era inammissibile per essere stata sottoscritta da soggetto non delegato.

In effetti, nello stesso atto venivano indicati i funzionari delegati, ma il sottoscrittore non era tra questi. In sostanza, era provato che la costituzione era avvenuta da parte di un soggetto privo di delega. Per di più, in presenza di due diversi timbri apposti in corrispondenza della firma, non era nemmeno chiaro chi avesse sottoscritto la comparsa.

In un secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione agli artt. 2729 e 2727 c.c., artt. 115,116 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Il ricorrente aveva evidenziato e documentato la nascita di O. a (OMISSIS), la sua permanenza in quella città, il matrimonio con una donna vivente a (OMISSIS) e la nascita di figli, con il nucleo familiare sempre residente a (OMISSIS). Su tali elementi, il convenuto non aveva articolato alcuna difesa.

La motivazione dell’ordinanza, secondo cui la permanenza del nucleo familiare a Roma era documentata soltanto fino al settembre 2018, presupponeva, in primo luogo, che se la prova fosse stata fornita anche per il periodo successivo, il decreto di espulsione sarebbe stato viziato per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis; in secondo luogo violava il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., non avendo il convenuto contestato le circostanze addotte dal ricorrente, che aveva adempiuto all’onere di allegazione.

L’affermazione dell’ordinanza secondo cui nulla si sapeva della attuale presenza in Italia del nucleo familiare era apodittica, illogica, palesemente pretestuosa e infondata, avendo sempre lo stesso nucleo familiare vissuto nello stesso campo nomadi di Roma; era illogico pretendere dal soggetto la prova della presenza attuale solo perché privo della cittadinanza italiana. Inoltre, era documentalmente provato che il nucleo familiare del ricorrente era presente in Italia al momento del rilascio del certificato rilasciato dal Comune di Roma.

In un terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 101 c.p.c., comma 2.

Se il Giudice avesse investito della questione dell’attuale presenza del nucleo familiare del ricorrente in Italia, la difesa avrebbe potuto documentarla; non avendolo fatto, il Giudice aveva emesso una sentenza nulla, in quanto pronunciata “a sorpresa”, con violazione del contraddittorio tra le parti.

In un quarto motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, comma 6 e art. 13, comma 7.

In sede di notifica del decreto di espulsione, l’Ufficio aveva dato atto dell’impossibilità di reperire un interprete madrelingua disponibile nell’immediatezza. Nel ricorso era stato indicato che le lingue madre erano il serbo e il bosniaco ed era stata contestata la traduzione del provvedimento in lingua inglese.

La motivazione conteneva un ragionamento errato: era la stessa Prefettura ad indicare la nazionalità del soggetto espulso e dalla motivazione emergeva chiaramente come lo stesso non fosse in grado di comprendere il contenuto di un atto di carattere tecnico-giuridico in lingua italiana. La motivazione addotta dalla Questura per dar corso alla traduzione in lingua inglese era standardizzata e generica, mentre non esisteva alcuna specifica ragione per l’omessa traduzione in lingua slava.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.

Nel fascicolo regolamentare non è presente l’avviso di ricevimento della raccomandata con cui è stata effettuata la notifica del ricorso.

Questa Corte ha ripetutamente insegnato che la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. In caso di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione. (giurisprudenza costante: Sez. U., Sentenza n. 627 del 14/01/2008, Rv. 600790 01; recentemente Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18361 del 12/07/2018, Rv. 649461 01; Sez. 5, Sentenza n. 26108 del 30/12/2015, Rv. 638052 – 01).

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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