Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7137 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 25/01/2022, dep. 04/03/2022), n.7137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10613/2020 proposto da:

M.J., domiciliato in Roma, presso la cancelleria civile

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato

Giuseppe Lufrano, per procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, e Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo

di Ascoli Piceno, per legge domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi,

n. 12, presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che,

per legge, li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza n. 28/2020 emessa il 12 marzo 2020 dal Giudice di

Pace di Ascoli Piceno;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25 gennaio 2022 dal Consigliere Dott. Marco Vannucci.

 

Fatto

OSSERVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

che con “decreto”, avente valore sostanziale di ordinanza (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 1, secondo cui il processo di opposizione a decreto di espulsione dal territorio dello Stato emesso dal Prefetto nei confronti di persona non avente cittadinanza di uno degli Stati membri dell’Unione Europea si svolge avanti il giudice di pace secondo “il rito sommario di cognizione”; regolato dagli artt. 702-bis e 702-ter c.p.c.) del 12 marzo 2020 il Giudice di Pace di Ascoli Piceno ha rigettato l’opposizione proposta da M.J. (di nazionalità (OMISSIS)) contro il decreto di espulsione dal territorio dello Stato nei suoi confronti emesso dal Prefetto di Ascoli Piceno il 9 gennaio 2020;

che M. chiede la cassazione di tale ordinanza con ricorso contenente due motivi di impugnazione;

che il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Ascoli Piceno resistono con controricorso;

che con il primo motivo il ricorrente denuncia che l’ordinanza impugnata è caratterizzata da motivazione meramente apparente, con conseguente violazione “dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4”, nonché da “omesso esame di un fatto decisivo”;

che la seconda parte della censura è inammissibile perché meramente enunciata: il ricorrente non ha indicato, neppure sommariamente, quale sia il fatto che asserisce non essere stato esaminato dall’ordinanza;

che la prima parte della censura, da inquadrare nell’alveo di cui all’art. 134 c.p.c. (l’ordinanza “e’ succintamente motivata”), caratterizzata da alquanta astrattezza, è manifestamente infondata, avendo l’ordinanza impugnata esplicitamente affermato che non sussisteva divieto legale di espulsione del ricorrente in quanto: M. entrò irregolarmente nel territorio dello Stato e le richieste di protezione internazionale da lui presentate vennero rigettate dalla Commissione territoriale di Ancona il 19 marzo 2016; con decreto del 19 marzo 2018 il Tribunale di Ancona rigettò le stesse domande, da tale persona avanzate in opposizione alle decisioni amministrative; era vero che contro tale decisione era stato da tale persona proposto ricorso per cassazione (peraltro “privo dell’istanza cautelare di sospensione”), ma era altrettanto vero che tale evento non aveva di per sé alcun effetto sospensivo dell’efficacia esecutiva del decreto di espulsione;

che tale motivazione è affatto intelligibile; con conseguente insussistenza del vizio di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4);

che con il secondo motivo il ricorrente deduce che l’ordinanza impugnata è caratterizzata da violazione ovvero falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29 e art. 32, comma 1, lett. b) e b-bis) e comma 4, le cui disposizioni debbono interpretarsi nel senso che costituisce fatto impediente l’espulsione la proposizione di ricorso per cassazione contro il decreto del tribunale che abbia rigettato le domande di protezione internazionale proposte in opposizione alle decisioni di segno negativo emesse in sede amministrativa;

che la prospettata interpretazione è manifestamente infondata, in quanto: il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 4 (secondo cui lo straniero è obbligato a lasciare il territorio dello Stato solo dopo che sia decorso il termine per impugnare il provvedimento di diniego di protezione internazionale), si riferisce, all’evidenza, esclusivamente all’impugnazione del provvedimento della Commissione avanti il tribunale, non anche all’impugnazione del decreto di rigetto pronunciato dal tribunale; tale impugnazione (con ricorso per cassazione) non ha effetto sospensivo dell’efficacia esecutiva della decisione amministrativa di diniego (salva la proposizione di apposita istanza di sospensione, nella specie mancante); invero, dello steso D.Lgs. n. 25, art. 35-bis, comma 13″ il quale prevede che la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento di diniego, prevista dal precedente comma 3, in caso d’impugnazione, viene meno allorquando quest’ultima sia rigettata con decreto anche non definitivo, a meno che, sussistendo fondati motivi, il giudice che ha pronunciato il decreto impugnato non disponga la sospensione dei relativi effetti (citato art.. 35-bis, comma 4, con il conseguente ripristino della sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione della Commissione (giurisprudenza costante; cfr., comunque, fra le molte: Cass. n. 20213 del 2021; Cass. n. 26365 del 2020; Cass. n. 12206 del 2020);

che costituisce fuor d’opera il richiamo fatto dal ricorrente a Cass. n. 13891 del 2019, affermante il divieto, di fonte legale, dell’espulsione prima della scadenza del termine per proporre in sede giudiziale opposizione alla pronuncia di segno negativo emessa dalla Commissione su domande di protezione internazionale;

che in conseguenza del rigetto del ricorso il ricorrente deve essere condannato a rimborsare alle parti vittoriose le spese processuali da esse anticipate nel presente giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese processuali da costoro anticipate, liquidate in Euro 2.100 per compenso di avvocato, oltre spese forfetarie pari al 15% di tale compenso, I.V.A. e C.P.A. come per legge, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA