Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7135 del 20/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 20/03/2017, (ud. 17/11/2016, dep.20/03/2017),  n. 7135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7685 – 2015 R.G. proposto da:

B.G. – c.f. (OMISSIS) – (quale erede di Bo.Gi.)

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Valadier, n. 43, presso

lo studio dell’avvocato Giovanni Romano che la rappresenta e difende

in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO della GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore.

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, elettivamente

domicilia.

– controricorrente –

Avverso il decreto dei 26.6/19.9.2014 della corte d’appello di

Caltanissetta;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 17

novembre 2016 dal consigliere Dott. Abete Luigi;

Udito l’avvocato Giovanni Romano per la ricorrente.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla corte d’appello di Caltanissetta depositato in data 31.7.2012 B.G., quale erede di Bo.Gi., si doleva per l’eccessiva durata della procedura fallimentare della s.r.l. – (OMISSIS)”, al cui passivo il suo dante causa aveva domandato ed ottenuto l’ammissione.

Deduceva in particolare che il fallimento era stato dichiarato dal tribunale di Trapani con sentenza del 24.10.1991 e non era stato ancora chiuso alla data della proposizione del ricorso ex L. n. 89 del 2001; che con ricorso esperito in data 29.12.2008 il suo dante causa aveva già domandato ed ottenuto – a seguito della pronuncia di questa Suprema Corte n. 19136/2012 – l’indennizzo per l’irragionevole durata della procedura “presupposta”, quale protrattasi sino alla data – 29.12.2008 – di deposito della pregressa istanza.

Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle – nella precisata qualità – a ristoro dei danni correlati all’irragionevole durata del fallimento “presupposto” successiva al 29.12.2008 un equo indennizzo indicato in misura pari ad Euro 4.000,00 ovvero nella diversa somma, maggiore o minore, ritenuta di giustizia; con il favore delle spese da attribuirsi ai difensori anticipatari.

Resisteva il Ministero della Giustizia.

Con Decreto dei 26 giugno/19 settembre 2014 la corte d’appello di Caltanissetta rigettava la domanda proposta da B.G..

Esplicitava la corte che B.G. non aveva dato adeguata prova della qualità di erede di Bo.Gi., deceduto in data (OMISSIS), che invero non risultava allegato lo stato di famiglia del de cuius, titolo idoneo alla vocazione legittima.

Avverso tale decreto ha proposto ricorso sulla scorta di un unico motivo B.G. nella qualità di erede di Bo.Gi.; ha chiesto che questa Corte ne disponga la cassazione e decida nel merito con condanna del Ministero alle spese e del primo giudizio e del giudizio di legittimità. da distrarsi in favore dell’avvocato Giovanni Romano.

Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso: ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 110, 115 e 116 c.p.c. e del D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 47, 48 e 76.

Deduce nel solco dell’insegnamento n. 12065 del 29.5.2014 delle sezioni unite di questa Corte che in ogni caso la controparte non aveva provveduto a contestare specificamente la idoneità della documentazione allegata; che conseguentemente la medesima documentazione, in difetto di specifica contestazione, era certamente idonea a dar ragione della sua qualità di erede di Bo.Gi..

Il ricorso è fondato e va accolto.

Va ovviamente ribadito, tanto più che la ricorrente vi ha espressamente ancorato lo spiegato motivo di impugnazione, l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte alla cui stregua colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, intervenga in un giudizio civile pendente tra altre persone, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione, o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., oltre che del decesso della parte originaria, anche della sua qualità di erede di quest’ultima; a tale riguardo la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, artt. 46 e 47, non costituisce di per sè prova idonea di tale qualità, esaurendo i suoi effetti nell’ambito dei rapporti con la pubblica amministrazione e nei relativi procedimenti amministrativi, dovendo tuttavia il giudice, ove la stessa sia prodotta, adeguatamente valutare. anche ai sensi della nuova formulazione dell’art. 115 c.p.c., come novellato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 14, in conformità al principio di non contestazione, il comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui confronti la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà viene fatta valere, con riferimento alla verifica della contestazione o meno della predetta qualità di erede e, nell’ipotesi affermativa, al grado di specificità di tale contestazione, strettamente correlato e proporzionato al livello di specificità del contenuto della dichiarazione sostitutiva suddetta (cfr. Cass. sez. un. 29.5.2014, n. 12065).

Nel caso di specie si puntualizza che B.G. ha inteso dar ragione del decesso di Bo.Gi. e della sua qualità di erede di costui mercè allegazione di – autocertificazione di morte di Bo.Gi. a firma di B.G., nonchè ulteriore dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in data 04.07.2012 sempre a firma della medesima (così decreto impugnato, pag. 4).

In questo quadro si rappresenta che effettivamente per nulla risulta che il Ministero controricorrente abbia innanzi alla corte di Caltanissetta contestato, genericamente ovvero specificamente, a fronte della suindicata allegazione documentale ex adverso operata la qualità di B.G. di erede di Bo.Gi..

Segnatamente al cospetto della riproduzione, nel corpo del ricorso, in ossequio al canone dell'”autosufficienza”, della “dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà” (cfr. ricorso, pag. 21), del tutto ingiustificata è la deduzione del controricorrente secondo cui “nè altrimenti risulta che la qualifica ereditaria addotta sia stata fatta valere in sede presupposta mediante atto di intervento” (così controricorso, pag. 3).

In accoglimento del ricorso il decreto dei 26.6/19.9.2014 della corte d’appello di Caltanissetta va cassato con rinvio ad altra sezione della stessa corte.

In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Al di là del buon esito del ricorso, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, a decorrere dall’1.1.2013) (cfr. Cass. un. 28.5.2014, n. 11915).

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il Decreto dei 26.6/19.9.2014 della corte d’appello di Caltanissetta; rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Caltanissetta anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2017

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