Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7133 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 17/12/2021, dep. 04/03/2022), n.7133

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16586/2020 proposto da:

I.S., elettivamente domiciliato in Padova, via Sette

Martiri n. 66, presso lo studio dell’avv. C. Pernechele, che lo

rappresenta e difende, per procura in atti.

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione

Internazionale Torino, Ministero Dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 21/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2021 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Torino ha respinto il ricorso proposto da I.S. cittadino nigeriano, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che, del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 29, comma 1, lett. b), (domanda reiterata), aveva dichiarato inammissibile la domanda del richiedente asilo di riconoscimento della protezione internazionale sia nella forma dello status di rifugiato che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria, non essendo stati addotti elementi nuovi rispetto alla precedente domanda di protezione internazionale.

Il ricorrente ha richiamato la precedente domanda di protezione internazionale che aveva presentato in data 9.9.13 allegando le aggressioni subite a causa del suo orientamento sessuale; tale domanda era stata respinta anche in sede giurisdizionale e l’aveva riproposta producendo nuovi documenti quali il certificato di morte del padre (ritenuto non genuino) e una dichiarazione giurata per il ritiro del certificato di morte, dai quali la Commissione territoriale non aveva ravvisato elementi nuovi sulla sua condizione personale o sulla situazione del paese di origine.

A supporto della decisione di rigetto, il tribunale confermava la dichiarazione d’inammissibilità della domanda resa dalla commissione e delle esposte ragione che la fondavano.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, lett. b), dell’art. 4, par. 3 e art. 19, par. 1 del TUE, dell’art. 47, commi 1 e 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dell’art. 46 dir. 2013/32/UE, dell’art. 13 CEDU e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: si censura il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale adito, non disponendo l’udienza di audizione, richiesta espressamente dal ricorrente, avrebbe violato non solo il principio di effettività del ricorso, ma anche il principio del contraddittorio, di cui all’art. 111 Cost., commi 1 e 2; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: si censura il decreto impugnato per l’omessa valutazione di prove decisive relative al riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria, in particolare per non aver adeguatamente valutato nella motivazione sia l’integrazione socioculturale dell’odierno ricorrente sia la situazione di effettiva instabilità del paese di origine.

In via preliminare, rispetto all’esame dei formulati motivi di ricorso, deve essere valutata l’ammissibilità del ricorso stesso sotto il profilo della idoneità della procura ad litem conferita al difensore del ricorrente.

In proposito, è opportuno ricordare che, del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13 (Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato), introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 (Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale) ed applicabile ai procedimenti, come quello in esame, introdotti dopo il centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del medesimo Decreto-Legge (cfr. art. 21, comma 1, del menzionato D.L.) – dispone che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”.

Le Sezioni Unite di questa Corte, investite (cfr. ordinanze interlocutorie nn. 28208-28209 del 2020 e nn. 29250-29251 del 2020) della risoluzione del contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità in ordine al “se la procura speciale per il ricorso in Cassazione in materia di protezione internazionale necessiti di una doppia certificazione del difensore riferita sia alla data dell’atto necessariamente posteriore alla decisione impugnata – che all’autenticità della firma del ricorrente” (altresì ricordandosi che le successive ordinanze interlocutorie nn. 5213-5214 del 2021, nel rimettere alle Sezioni Unite la medesima questione di massima di particolare importanza oggetto di contrasto, avevano sollecitato una “interpretazione conforme ai parametri costituzionali e unionali del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, avuto riguardo alle concrete modalità di certificazione da parte del difensore, a pena di inammissibilità, della data di rilascio della procura speciale per la proposizione del ricorso per cassazione”), con la recente sentenza dell’1 giugno 2021, n. 15177, hanno sancito che: i) “del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”, ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore”; ii) “La procura speciale per il ricorso per cassazione per le materie regolate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, e dalle disposizioni di legge successive che ad esse rimandano deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente” (cfr., in senso conforme, le successive Cass., SU, nn. 18486-18490 del 30 giugno 2021).

Applicandosi, pertanto, i riportati principi (pienamente condivisi dal Collegio e le cui ragioni giustificatrici, come ampiamente esposte nella menzionata decisione, devono intendersi, per brevità, interamente richiamate in questa sede) all’odierno procedimento, ne consegue l’inammissibilità del ricorso. Infatti, la procura speciale conferita dal ricorrente al proprio difensore, apposta in calce al ricorso, benché dettagliata nel contenuto con indicazione del provvedimento di rigetto adottato dalla sezione specializzata in materia di immigrazione competente – e della sua data – contro il quale si intendeva proporre ricorso per cassazione e pur recando, accanto alla firma del conferente, la data di rilascio della procura successiva a quella della decisione impugnata, non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare la data di conferimento della procura successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato recando unicamente l’autenticazione della firma con la seguente dicitura “La sottoscrizione è vera e autentica”.

Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente (e non del suo difensore. Cfr., specificamente, Cass., SU, n. 15177 del 2021), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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