Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 713 del 13/01/2011

Cassazione civile sez. I, 13/01/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 13/01/2011), n.713

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sui ricorsi n. 19751/05 e 22405/05 proposti da:

T.R., T.A., elettivamente domiciliate

in Roma, alla Piazza Filattiera 49, presso lo studio dell’avv. Simona

Martinelli, rappresentate e difese dall’avv. CAVUOTO Carmen, come da

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE di BENEVENTO, in persona del sindaco p.t., elettivamente

domiciliato in Roma, alla Piazza Nerazzini 5, presso lo studio

dell’avv. Michele Pazienza, difeso dall’avv. GIULIANO Luigi che lo

rappresenta unitamente all’avv. Massimo Pagano, come da procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

ASSOCIAZIONE RELIGIOSA BETHEL, in persona del legale rapp.te p.t.,

elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Riccardo Grazioli Lante

76, presso lo studio dell’avv. Stefania Jasonna, rappresentata e

difesa dall’avv. Mario D’Agostino, come da procura a margine del

controricorso;

– controricorrente/ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 898/05 della Corte d’Appello di Napoli, emessa

il 16.3.05, depositata il 30.3.05; R.G. n. 5625/03, rep. 787, cron.

1739;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24.11.2010 dal Consigliere dr. Magda Cristiano;

uditi gli avv.ti Cavuoto e Pellegrino;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale ed il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R. ed T.A. – proprietarie di un appezzamento di terreno dell’asserita estensione di mq. 2420, censito al f. 107, p.lle 257 e 260, sottoposto a procedura espropriati va, per la costruzione di una chiesa evangelica, dal Comune di Benevento, che, con Delib. 26 gennaio 1993, ne aveva autorizzato l’occupazione per un quinquennio, delegando alle operazioni l’Associazione Religiosa Bethel – convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Benevento l’amministrazione comunale e l’ente religioso predetti e, premesso che la delegata si era immessa nel possesso del suolo il (OMISSIS) e che l’opera era stata realizzata senza che il decreto di esproprio fosse stato emesso entro il (OMISSIS), ne chiesero la condanna in via solidale al risarcimento dei danni da occupazione illegittima ed appropriativa, nonchè al pagamento dell’indennità di occupazione legittima. Costituitisi in giudizio i convenuti, istruita la causa a mezzo di una ctu, con sentenza dell’11.8.03 il Tribunale adito, respinte le eccezioni di difetto di legittimazione attiva delle T. e di difetto di legittimazione passiva svolte, rispettivamente, dal Comune e dall’Associazione Bethel: dichiarò la propria incompetenza a decidere sulla domanda di pagamento dell’indennità di occupazione legittima, essendo funzionalmente competente a delibarla la Corte d’Appello di Napoli; respinse la domanda di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, rilevando che il suolo non era stato irreversibilmente trasformato e che pertanto le attrici non ne avevano perso la proprietà; accolse la domanda di risarcimento del danno da occupazione illegittima limitatamente ad una porzione di mq. 62 di terreno e condannò i convenuti in solido a pagare per tale titolo alle T. la somma di Euro 330,00 oltre interessi legali dall’agosto 2001 al saldo, nonchè la metà delle spese di lite.

La sentenza fu impugnata dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli da A. e T.R., le quali, ribadito che la costruzione dell’opera aveva determinato l’irreversibile trasformazione del suolo di loro proprietà, chiesero in via principale che, in riforma della decisione gravata, il Comune di Benevento e l’Associazione Religiosa Bethel venissero condannati a risarcirle dei danni conseguenti alla perdita del bene; in subordine chiesero il riconoscimento quantomeno del danno da occupazione illegittima, comprensivo di interessi e rivalutazione, in relazione all’intera estensione di mq. 2420 del suolo, a partire dal gennaio 98 e sino alla data della sua restituzione; riproposero, infine, la domanda di pagamento dell’indennità di occupazione legittima.

La Corte d’Appello adita, con sentenza del 30.3.05: respinse il motivo d’appello principale; accolse quello subordinato limitatamente alla rivalutazione della somma liquidata dal primo giudice; accolse, inoltre, la domanda di pagamento dell’indennità di occupazione legittima, precisando che l’effettiva estensione delle particelle occupate, come accertato dal ctu, era di mq. 2176, e condannò gli appellati, in via fra loro solidale, a depositare per tale titolo, presso la Cassa DD.PP., la somma di Euro 33.773,40 oltre agli interessi legali di mora sulle singole annualità dal 26.1.93 al saldo, ponendo a loro carico anche la metà delle spese di lite, compensate per l’altra metà.

A sostegno della decisione la Corte partenopea rilevò: 1) che, secondo quanto accertato dal ctu – le cui conclusioni dovevano ritenersi attendibili in quanto sorrette da adeguate indagini tecniche – l’Associazione Bethel aveva occupato una porzione del suolo delle T. pari a mq. 62, sulla quale erano stati realizzati un muretto ed una parte del piazzale circostante la chiesa che non ne avevano comportato l’irreversibile trasformazione; che, inoltre, ad abundantiam doveva escludersi che la realizzazione di un edificio di culto, appartenente ad un’associazione religiosa privata, potesse essere ascritto al demanio o al patrimonio della p.a. e potesse dar luogo ad accessione invertita a favore di un privato e contro un altro privato; 2) che il danno da occupazione illegittima, liquidato dal Tribunale all’attualità, costituendo debito di valore, doveva essere rivalutato secondo gli indici ISTAT nel periodo intercorrente fra la data di pubblicazione delle sentenze di primo e di secondo grado; 3) che, conformemente a quanto affermato da Cass. n. 11864/01, la domanda di pagamento dell’indennità di occupazione legittima, autonomamente proposta nell’ambito dell’atto d’appello, poteva essere accolta.

A. e T.R. hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidandolo a due distinti motivi.

Hanno resistito con controricorso il Comune di Benevento e l’Associazione Religiosa Bethel. Quest’ultima ha proposto anche ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Appare opportuno esaminare prima il ricorso incidentale.

1.a) Con il primo motivo, la ricorrente incidentale denuncia violazione di legge, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, per aver questa accolto la domanda di determinazione dell’indennità di occupazione legittima, che, a suo dire, non poteva essere meramente riproposta nell’atto d’appello, ma doveva essere formulata con autonomo atto di citazione.

Il motivo è infondato.

Come ripetutamente affermato da questa Corte (Cass. nn. 14687/07, 11684/01, 10617/98), la Corte d’Appello che, unitamente all’impugnazione della sentenza di primo grado, sia investita della domanda di determinazione delle indennità sulla quale il primo giudice si è dichiarato incompetente a delibare e che la parte proprietaria del bene sottoposto ad esproprio ha riproposto, ben può esaminarla e deciderla quale giudice competente in unico grado a conoscerla. La L. n. 865 del 1971, art. 20 (al pari dell’art. 19 concernente l’indennità di esproprio) non richiede, infatti, che la domanda sia introdotta con separala citazione, ma solo che sia rivolta alla Corte d’Appello. Nulla osta, pertanto, a che, per ragioni di economia processuale, essa venga avanzata nell’ambito di un processo nel quale, per il resto, la Corte è giudice di secondo grado.

1.b) E’ invece inammissibile il secondo motivo del ricorso incidentale, con il quale l’Associazione Bethel si limita a dedurre che l’importo liquidato a titolo di indennità di occupazione legittima “..è stato determinato in difformità delle norme regolanti la materia”, ma non indica quali siano le norme che la Corte territoriale avrebbe violato nè in che cosa consisterebbe la violazione.

Può a questo punto passarsi all’esame del ricorso principale.

2) Con il primo motivo di ricorso T.A. e R., denunciano la violazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65, nonchè della L. n. 455 del 1988 e del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 55, e, in ogni caso, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza nella parte in cui ha escluso che si fosse realizzata l’irreversibile trasformazione dei terreni occupati.

2.a) Sostengono le ricorrenti che l’approvazione del progetto e la dichiarazione di pubblica utilità implicano l’assoggettamento del bene al regime di espropriabilità e che pertanto, una volta che l’opera sia stata realizzata come previsto nel progetto, non assume alcun rilievo, ai fini dell’irreversibile trasformazione del fondo, se questo sia stato per l’intero oggetto di una manipolazione materiale. Deducono a riguardo che la Corte territoriale, dopo aver correttamente affermato che “la radicale trasformazione dell’opera pubblica può comprendere anche una porzione del terreno che non abbia subito .. trasformazione… nel caso in cui essa non conservi la propria autonomia, nel senso che, seppure inalterata nella sua composizione originaria, formi tuttavia, per motivi giuridici o fattuali, parte inscindibile dell’opera pubblica quale progettata nella sua unitarietà …”, ha poi, contraddittoriamente, omesso di fare applicazione del principio enunciato, tralasciando di considerare ciò che emergeva dalla relazione del ctu e dagli atti ad essa allegati, ovvero: a) che il progetto approvato non prevedeva che sulle particelle di loro proprietà fosse costruito il fabbricato, bensì che la p.lla 257 venisse in minima parte occupata dal piazzale antistante l’edificio e, per il resto, adibita a verde ed alla realizzazione di un impianto sportivo unitamente alla p.lla 260; b) che l’Associazione Bethel aveva realizzato l’opera in conformità del progetto, sistemando a verde le aree e recintandole con un muro alto quasi due metri, sul quale era stata poi posta una rete metallica, così da raggiungere tre metri di altezza; c) che il ctu aveva puntualmente descritto la situazione, alla pag. 6 della prima relazione, laddove riferiva che: “….la restante parte del suolo attoreo è, ad oggi, completamente interclusa sia da opere di recinzione stradale sia dalle opere di perimetrazione del lotto realizzate dall’associazione religiosa”.

La censura è fondata e merita accoglimento.

Va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. nn. 21249/08, 1039/98, 7352/97, 3723/95, 6388/94) la radicale trasformazione del fondo, con irreversibile destinazione ad opera pubblica, da cui deriva l’acquisto della relativa proprietà da parte dell’ente occupante, non comporta necessariamente un mutamento perpetuo e ineliminabile, non essendo il requisito dell’irreversibilità incompatibile con la possibilità di ripristinare l’originaria fisionomia del bene, a mezzo di nuovi interventi restitutori. La trasformazione del fondo privato, con irreversibile destinazione all’opera pubblica, quale modo di acquisto della proprietà a titolo originario non presuppone, infatti, necessariamente, una profonda modifica materiale del fondo, cioè l’assunzione di strutture, forme e consistenza diverse, essendo sufficiente la sola sua diversa collocazione nella realtà giuridica, che trova la sua massima espressione nella sostituzione del fine pubblico a quello privato, indipendentemente dalle forme in concreto assunte dall’iniziativa dell’amministrazione.

Ebbene, alla luce di tali principi (espressamente enunciati nella parte motiva della sentenza impugnata, ma di fatto disapplicati), la Corte territoriale, al fine di escludere che fosse intervenuta l’irreversibile trasformazione, non poteva limitarsi a rilevare che l’Associazione Bethel aveva costruito un muretto ed una parte del piazzale circostante l’edificio di culto su una porzione del suolo delle T. di soli 62 mq., ma avrebbe dovuto in concreto valutare se – vuoi perchè l’opera pubblica era stata realizzata in conformità del progetto approvato, vuoi perchè, in ogni caso, l’area era stata sistemata a verde ed era stata, per di più, interclusa a seguito dell’innalzamento di un muro di recinzione da parte dell’Associazione e dunque inserita all’interno della zona posta a servizio della chiesa evangelica – il terreno non avesse interamente perso la sua originaria destinazione e non risultasse definitivamente adibito ad uso, nell’interesse pubblico, dell’edificio di culto costruito. Tale valutazione conclusiva, dipendente dal compiuto esame di tutti i fatti rilevanti per la decisione, non poteva essere demandata al ctu, alle cui (non dovute) considerazioni finali in diritto la Corte ha invece acriticamente aderito, nonostante le contrarie deduzioni delle T., senza neppure curarsi di richiamare le parti descrittive della consulenza dalle quali aveva tratto il suo convincimento e che avrebbero potuto giustificare l’assiomatico giudizio espresso circa il mancato perfezionarsi della fattispecie dell’appropriazione acquisitiva.

La motivazione, carente sotto tale profilo, risulta per altro verso contraddittoria. La Corte partenopea non ha considerato, infatti, che, ad onta di quanto ritenuto dal ctu, 62 mq. della p.lla 257 erano stati sicuramente trasformati, siccome adibiti a piazzale circostante l’edificio di culto, e che, una volta riconosciuto – attraverso l’accoglimento della domanda di determinazione dell’indennità di occupazione – che l’Associazione Bethel si era in origine immessa nel possesso della particelle delle odierne ricorrenti per la loro intera estensione, pari a 2.176 mq., i restanti 2.104 mq. non potevano essere ritenuti “non (più) occupati” alla scadenza del quinquennio solo perchè privi di costruzioni, dovendo per contro risultare che a tale scadenza erano stati offerti in restituzione o, quantomeno, lasciati nella piena disponibilità di fatto delle proprietarie.

2.b) Va, per completezza, rilevato che le T. hanno censurato anche l’ulteriore passo della sentenza nel quale la Corte territoriale – su rilievo che l’edificio di culto realizzato non rientra nel novero delle opere pubbliche ascrivibili al patrimonio della p.a. – ha negato che ricorressero nella specie i presupposti per il verificarsi del fenomeno dell’ accessione invertita, ed hanno osservato, in contrario, che la costruzione dell’edificio è stata preceduta da dichiarazione di p.u. e che definitivo beneficiario dell’opera è il Comune di Benevento.

L’assunto censurato (in effetti contrastante con i principi che regolano la materia e che richiedono, quale unico presupposto dell’occupazione acquisitiva, che il terreno sia occupato nell’ambito di una procedura di esproprio e che sussista una dichiarazione di p.u. dell’opera) non rappresenta, però, una delle ragioni sulle quali è fondata la decisione di rigetto: la stessa Corte territoriale, infatti, ha precisato di aver riportato l’argomento ad abundantiam (con la conseguenza che esso non costituisce fulcro della motivazione), sicchè sul punto va dichiarato il difetto di interesse delle ricorrenti all’impugnazione.

Ciò precisato, all’accoglimento del primo motivo di ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata ed il suo rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, la quale – fermo restando l’accertamento, non contestato, che l’area oggetto di occupazione ha un’effettiva estensione di mq. 2.176, e non di mq, 2420 – procederà ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie onde stabilire se i terreni di proprietà delle T. possano ritenersi, in tutto o in parte, irreversibilmente destinati a servizio dell’opera pubblica realizzata, indipendentemente dalla loro intervenuta trasformazione materiale.

Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale le T. hanno denunciato il vizio di omessa pronuncia della sentenza sulla domanda – da esse svolta in via subordinata – di condanna degli appellati al risarcimento del danno da occupazione illegittima.

Il giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale;

dichiara assorbito il secondo; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, per il nuovo giudizio e per la pronuncia sulle spese dei giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2011

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