Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7129 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. III, 12/03/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 12/03/2021), n.7129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33308-2019 proposto da:

S.C., elettivamente domiciliato in Verona, via Basso Acquar,

n. 127/b, presso l’avv. ENRICO VARALI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1361/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 01/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/11/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente S.C. è cittadino della (OMISSIS) da cui racconta di essere fuggito per motivi politici: lui e suo padre avevano appoggiato il Presidente G., membro del partito (OMISSIS), ma, quando alle elezioni del 2010, quel Presidente e quella parte politica furono sconfitti, egli partecipò alle proteste contro il nuovo presidente ( O.) che operò tuttavia un’azione di repressione dei suoi oppositori, compreso il suo avversario uscente, G., che venne incarcerato; ne seguì una guerra civile, che costrinse molti degli oppositori del governo a fuggire: tra questi il ricorrente, che passò prima dalla Libia, dove venne tenuto in uno stato di quasi schiavitù, costretto a lavorare per pagare le spese del viaggio prima di riuscire ad arrivare in Italia.

La commissione territoriale, chiamata a valutare le richieste di protezione internazionale ed umanitaria, ha ritenuto poco credibile il racconto del ricorrente rigettando tutte le sue domande; contro questa decisione S.C. ha fatto ricorso al Tribunale, prima, ed alla Corte di Appello poi.

Anche il Tribunale ha ritenuto poco credibile il racconto, giudizio sul quale si è formata, in gran parte altresì la valutazione della corte di appello che ha comunque escluso la possibilità di concedere la protezione sussidiaria, ritenendo inesistente un conflitto generalizzato in (OMISSIS). La stessa corte di appello ha poi negato la protezione umanitaria ritenendo che l’unica allegazione del ricorrente è quella di un lavoro stabile in Italia, insufficiente a consentire la tutela richiesta.

S.C. ricorre con due motivi. V’è costituzione del Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

p..- Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 115,116 e 117 c.p.c. e L. n. 251 del 2007, art. 3 nonchè L. n. 25 del 2008, art. 8.

Secondo il ricorrente la corte è venuta meno all’obbligo di cooperazione istruttoria imposto dalla legge al fine di verificare la credibilità e fondatezza del racconto.

Egli, in particolare, dopo che la decisione di primo grado aveva ritenuto il suo racconto poco credibile, aveva censurato le argomentazioni del Tribunale in uno specifico motivo di appello, chiedendo alla corte approfondimenti istruttori, anche in relazione al paese di origine, nonchè una nuova sua audizione onde meglio chiarire il suo racconto; la corte si è invece limitata a confrontare il racconto fatto in primo grado con quello reso alla commissione, rilevandone difformità tali da renderlo poco credibile, ma senza prendere in considerazione al sua richiesta di più approfondito esame.

Il motivo è infondato.

Infatti, quanto alla necessità di approfondimenti circa la situazione del paese di origine va osservato che in materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto

la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona, cosicchè qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925/2020).

Nè si può ritenere la corte di appello obbligata ad un nuovo esame del ricorrente, dopo che le sue dichiarazioni sono state raccolte dall’organo amministrativo e dal giudice di primo grado, tenendo conto del fatto che il giudizio di credibilità è un giudizio che deve rispettare alcuni criteri procedurali (tra le tante Cass. 1195/2020), seguiti i quali è peraltro insindacabile se non per difetto di motivazione. La corte di merito ha dunque correttamente proceduto ad una comparazione tra le dichiarazioni rese alla commissione e quelle successivamente fatte davanti al tribunale, rilevando contraddizioni e lacune che hanno giustificato il giudizio di non credibilità, il quale risulta adeguatamente motivato.

p..- Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c. oltre che della L. n. 25 del 2008, artt. 3 e 8 e L. n. 286 del 1998, art. 5.

Il ricorrente denuncia la motivazione apparente della corte di merito quanto al giudizio sulla protezione umanitaria. Secondo lui la corte avrebbe semplicemente dedotto l’assenza di vulnerabilità, o meglio ritenuto di escludere la protezione umanitaria, dalla inverisimiglianza del racconto, senza altra spiegazione del rigetto, cosi fornendo una motivazione meramente apparente della decisione.

Il motivo è inammissibile.

La corte invero non deduce il rigetto della protezione umanitaria dalla mera inverosimiglianza, che pure è ritenuta rilevante per escludere il giudizio di vulnerabilità, ma soprattutto ritiene che quanto allegato circa il lavoro svolto non sia sufficiente a consentire, da solo, un giudizio di protezione umanitaria.

La ratio della decisione almeno quanto al primo argomento può essere discutibile, ma non è censurata adeguatamente, non essendovi argomenti portati contro il secondo argomento: quello che esclude la rilevanza del solo inserimento lavorativo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

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