Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7127 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. III, 12/03/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 12/03/2021), n.7127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32148-2019 proposto da:

S.Z., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AGRI, 1, presso

lo studio dell’avvocato MASSIMO NAPPI, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCA MILENA CASTRONOVO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 310/2019 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 13/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/11/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente S.Z. è un cittadino (OMISSIS) ed ha raccontato di avere abbandonato il suo paese per evitare le ritorsioni di una scuola coranica i cui membri avrebbero voluto affiliarlo ed istruirlo alla uccisione dei miscredenti, minacciandolo di morte a causa del suo rifiuto. Il ricorrente ha chiesto in Italia il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria, quella umanitaria, ma la commissione territoriale, non credendo al suo racconto, ha rigettato ogni sua richiesta ed allo stesso modo ha fatto il Tribunale adito dopo il rigetto amministrativo.

La decisione del Tribunale è stata oggetto di impugnazione davanti alla Corte di Appello di Caltanissetta, la quale ha confermato quanto deciso dal giudice di prime cure, intanto ribadendo la inverosimiglianza del racconto ed evidenziando come nell’atto di appello il ricorrente abbia fornito una versione dei fatti del tutto diversa da quella iniziale, facendo riferimento ad un’accusa di omicidio. La corte ha inoltre escluso una situazione di conflitto armato generalizzato in (OMISSIS), e dunque ha escluso i presupposti per la protezione umanitaria, cosi come ha escluso la protezione umanitaria, ritenendo che il ricorrente non abbia allegato alcuna situazione soggettiva ostativa al rimpatrio. S. ricorre con quattro motivi. V’è costituzione del Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

p..- Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 25 del 2008, art. 8.

Censura l’omessa ed adeguata considerazione della situazione del paese di origine, attribuendo alla corte di avere fatto ricorso a fonti non citate e comunque non aggiornate.

Questo motivo è ulteriormente sviluppato nel secondo e nel terzo.

p..- Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c. ed eccepisce la circostanza che la corte non ha tenuto conto delle fonti da lui indicate in alternativa a quelle cui i giudici hanno fatto ricorso.

p..- Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14.

Anche questo articolo contesta, attribuendo alla corte la scelta di COI inattendibili, la valutazione circa la situazione del paese di origine, ribadendo l’esistenza di un conflitto armato generalizzato, a dispetto di quanto stimato dai giudici di appello.

I tre motivi possono valutarsi insieme e sono infondati.

Per quanto attiene innanzitutto all’omesso rilievo che la corte di appello avrebbe dovuto dare, e non ha dato, alle fonti indicate dal ricorrente, va innanzitutto evidenziato che quest’ultimo non dimostra di aver posto la questione in appello; dal ricorso non risulta che egli abbia prospettato con un motivo di appello, o nell’ambito delle attività difensive, l’indicazione di fonti di conoscenza alternative o comunque da tenere in considerazione.

Risulta dalla sentenza semmai che il ricorrente avrebbe indicato come fonte alternativa un rapporto dell’EASO, che la corte invece tiene in considerazione, come dimostra l’esame che ne fa.

Quanto alla contestazione delle fonti invece utilizzate dalla corte, è regola che ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 26728/2019).

Onere non assolto dal ricorrente, che deduce generiche considerazioni sulla situazione del (OMISSIS), senza contestare nello specifico le fonti di conoscenza utilizzate dalla corte di appello.

p.. Il quarto motivo denuncia violazione della L. n. 25 del 2008, art. 32 e L. n. 286 del 1998, art. 5.

Secondo il ricorrente la corte avrebbe omesso di effettuare una adeguata comparazione tra la situazione soggettiva del ricorrente, ossia la sua integrazione in Italia, e quella del paese di origine, al fine di valutare se cvi siano condizioni ostative al rimpatrio, dovute a vulnerabilità del ricorrente.

Il motivo è infondato.

La corte effettua la comparazione; tiene in considerazione ciò che il ricorrente ha allegato per dimostrare la sua integrazione (un contratto a tempo determinato scaduto nel 2010), ritiene dunque insufficiente questa integrazione cosi che la comparazione, in assenza di altre situazioni soggettive, non può condurre ad un giudizio di vulnerabilità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

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