Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7127 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 09/11/2021, dep. 04/03/2022), n.7127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5884/2021 proposto da:

X.A., elettivamente domiciliato in Roma Via Cardinal De

Luca, 10, presso lo studio dell’avvocato Megna Matteo, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Prefettura Di Roma;

– intimato –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositata il

30/12/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/11/2021 da Dott. ROCCHI GIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza del 28 – 30 dicembre 2020, il Giudice di Pace di Roma rigettava il ricorso proposto da X.A. avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti e il successivo ordine di allontanamento emesso dal Questore di Roma.

Secondo il ricorrente lo stesso era inespellibile, in quanto egli si era da molto tempo stabilito in Italia dopo aver contratto matrimonio in (OMISSIS) con una connazionale regolarmente residente in Italia e madre di due figlie minori nate dall’unione, dovendo, quindi, darsi prevalenza al radicamento sociale e al rispetto della vita familiare.

Sulla base della documentazione prodotta, l’espulsione era correlata all’ingresso in Italia di un soggetto sedicente, sprovvisto, non solo del permesso di soggiorno ma anche del passaporto albanese dotato di parametri antropometrici; ciò impediva di valutare il certificato di matrimonio prodotto in quanto relativo a coordinate anagrafiche assertive, così come per il contratto di locazione; il Giudice osservava, ancora, che sullo stato di famiglia prodotto non compariva il nome del ricorrente. Gli unici dati certi derivavano dal codice C.U.I. assegnato, da cui emergeva la presenza di numerosi alias e di un cospicuo numero di precedenti.

2. Ricorre per cassazione X.A., deducendo, in un primo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per carente o omessa motivazione e omessa valutazione di un fatto decisivo per, il processo.

L’ordinanza aveva omesso di considerare fatti decisivi e specifici elementi probatori idonei a fornire la rappresentazione del nucleo familiare del ricorrente: il Giudice non si era preoccupato di verificare la corrispondenza del codice fiscale indicato nel contratto di locazione, validamente registrato nei registri dell’Agenzia delle Entrate, né aveva valutato i certificati di nascita dei due figli del ricorrente, che ne riportavano il nome: entrambi i dati potevano dar luogo ad approfondimento istruttorio.

Il ricorrente sottolinea che la Prefettura di Roma non aveva smentito la circostanza che il ricorrente avesse il proprio nucleo familiare in Italia, piuttosto sostenendo la tesi della prevalenza dell’interesse pubblico rispetto al mantenimento dei vincoli familiari.

In un secondo motivo il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 19,28 e 31 e vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio.

Il Giudice non si era preoccupato di valutare gli effetti negativi della decisione di rigetto del ricorso sulla sfera personale dei familiari conviventi del ricorrente, nonostante quanto previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis. Il Giudice si era limitato a dare atto di un cospicuo numero di precedenti penali, non operando alcun bilanciamento.

In un terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia su tre motivi di ricorso.

Non erano stati prese in considerazione alcune doglianze formulate dal ricorrente nell’atto di opposizione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Benché venga richiamato anche il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in verità il ricorrente non censura la violazione di norme di diritto ma, piuttosto, il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, non avendo il Giudice valutato l’annotazione di un determinato codice fiscale riprodotto nel contratto di locazione né la menzione del nome del ricorrente sui certificati di nascita di due bambine. Il vizio denunciato attiene, quindi, a quanto previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ebbene: a seguito della riforma di tale norma, il provvedimento non può più essere censurato “per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, ma, piuttosto, “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

L’ordinanza dimostra eloquentemente che il fatto decisivo per la controversia la convivenza in Italia del ricorrente con una connazionale sposata in (OMISSIS) e regolarmente residente in Italia nonché con le due figlie – è stato preso in considerazione, cosicché l’esame non può dirsi omesso.

Non solo: il Giudice ha valutato alcuni elementi ritenuti decisivi per il rigetto del motivo di ricorso: la sedicenza del soggetto, i numerosi alias utilizzati dalla persona fisica identificata con il C.U.I. del ricorrente, la mancanza di un passaporto albanese che desse certezza dei parametri antropometrici (che, quindi, garantisse la corrispondenza tra il C.U.I. e le generalità del soggetto), la mancata menzione del nome del ricorrente sul contratto di locazione.

Il ricorrente evidenzia la mancata valutazione di altri due dati, ma ammette implicitamente che gli stessi potevano, al più, indurre il Giudice a un approfondimento istruttorio.

In definitiva, si deve ritenere che il Giudice abbia affrontato l’esame del fatto decisivo per il giudizio e abbia espresso una valutazione basata su dati oggettivi e pregnanti, non comportando la mancata menzione degli altri evidenziati dal ricorrente il vizio contemplato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si deve ricordare, del resto, che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del,giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Sez. 3 -, Ordinanza n. 16812 del 26/06/2018, Rv. 649421 – 01).

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

L’infondatezza deriva inevitabilmente da quella del primo motivo di ricorso: non avendo il Giudice ritenuto provata la convivenza del ricorrente con la moglie e le figlie, non poteva dar corso alla valutazione del provvedimento impugnato sotto il profilo della violazione delle norme poste a tutela dell’unità familiare.

3. Il terzo motivo di ricorso è generico e redatto in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, risolvendosi in un mero rinvio alle allegazioni difensive contenute nell’impugnazione.

Nulla sulle spese in difetto di tempestiva costituzione di parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

 

 

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