Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7125 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/03/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 13/03/2020), n.7125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5495-2018 proposto da:

B.Q.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARTINO BENZONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 2937/2017de1 TRIBUNALE di TRIESTE,

depositato il 12/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/1/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

PIETRO LAMORGESE.

Fatto

RITENUTO

che B.Q.M., cittadino del Pakistan, ricorre avverso decreto del Tribunale di Trieste, in data 21 gennaio 2018, che ha rigettato la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

le questioni di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017 (in relazione ai profili della necessità e urgenza, della eliminazione del reclamo, dell’adeguatezza del rito camerale, del termine per proporre ricorso per cassazione, della sospensione degli effetti del provvedimento impugnato della Commissione territoriale) sono manifestamente infondate, come da costante giurisprudenza di legittimità (Cass. 17717, 27700, 32319 del 2018);

i motivi sono inammissibili: il primo è aspecifico (art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6, limitandosi a dedurre in maniera apodittica la mancata acquisizione di imprecisata documentazione da parte del tribunale, senza illustrare a quali documenti intenda riferirsi e quale ne potesse essere la decisiva rilevanza; il secondo e terzo, riguardanti l’omessa acquisizione di informazioni sulle condizioni di sicurezza del paese di origine del ricorrente, trascurano la valutazione di non credibilità del racconto che è un giudizio di fatto incensurabile che preclude l’operatività del dovere di cooperazione istruttoria da parte del giudice (racconto considerato troppo generico e contraddittorio, in ordine alle circostanze relative all’affermata omosessualità e alla ritorsione dei familiari, sia dell’ingiustificata assenza del richiedente all’udienza di comparizione delle parti); il quarto motivo riguarda il fondo della domanda di protezione sussidiaria, la cui infondatezza è conseguenza diretta della valutazione di non credibilità del racconto (Cass. 4892 del 2019, 28862 del 2018 ed altre); il quinto, riguardante la protezione umanitaria, si risolve nell’impropria richiesta di rivisitazione di apprezzamenti di fatto esorbitanti dall’ambito del giudizio di legittimità;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

la Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2100,00, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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