Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7122 del 24/03/2010

Cassazione civile sez. I, 24/03/2010, (ud. 26/11/2009, dep. 24/03/2010), n.7122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.L., domiciliata in Roma, Piazza. Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avv. MARRA Alfonso Luigi giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli del 16 novembre

2006, nel procedimento iscritto al n. 1310/2006 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26 novembre 2009 dal relatore, cons. Dott. SCHIRO’ Stefano;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. PIVETTI Marco, che nulla ha osservato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. C.L. ha proposto ricorso per Cassazione avverso il decreto in data 16 novembre 2006, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore della menzionata ricorrente della somma di Euro 2.500,00, a titolo di indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo instaurato davanti al Tar Campania nel 1998, per impugnare il mancato riconoscimento da parte del Comune di Napoli della sesta qualifica funzionale per attivita’ prestata presso asili nido ed ancora pendente;

1.1. la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha resistito con controricorso;

OSSERVA:

2. la Corte di appello di Napoli ha accolto la domanda nella misura di Euro 2.500,00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di poco meno di cinque anni al termine ragionevole e determinato l’equo indennizzo nella misura di Euro 500,00 ad anno in considerazione del minimo stato d’animo d’inquietudine dipendente dalla lite;

3. il ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo quattordici motivi di ricorso, con i quali lamenta:

3.1. la mancata applicazione della normativa comunitaria alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (primo motivo); l’inosservanza, ancora sulla base di carente motivazione, dei parametri Europei in ordine alla quantificazione per anno del danno non patrimoniale (secondo e terzo motivo motivo); la riduzione della quantificazione dell’equo indennizzo in considerazione dello scarso valore della controversia (settimo motivo);

3.2. il mancato riconoscimento, con vizio di motivazione, del bonus di Euro 2.000,00, trattandosi di controversia in materia di lavoro (quarto, quinto e sesto motivo);

3.3. l’insufficiente liquidazione delle spese processuali, senza specifica motivazione, con erronea applicazione delle tariffe professionali vigenti riguardanti i procedimenti di volontaria giurisdizione, anziche’ i giudizi ordinari dinanzi alla Corte d’appello, senza tener conto dei parametri Europei e disattendendo i minimi tariffari e la nota spese depositata, (motivi da nove a quattordici);

4. i motivi di cui al punto 3.1., esaminati congiuntamente, appaiono manifestamente fondati; infatti, in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, nella liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice nazionale non puo’ ignorare i criteri applicati in casi simili dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, pur avendo facolta’ di apportare, motivatamente e non irragionevolmente, le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, le quali, peraltro, non possono fondare la decisione di liquidare somme che non siano in relazione ragionevole con quella – tra i 1000,00 e i 1500,00 Euro per anno – accordata dalla predetta Corte negli affari consimili (Cass. 2006/24356;

2007/2254); la Corte di appello di Napoli – determinando l’ammontare dell’indennizzo nella esigua misura di Euro 500,00 ad anno in relazione ad un ritardo di poco meno di cinque anni rispetto al termine ragionevole di durata del processo – non sembra essersi uniformata al principio sopraenunciato e il ricorso appare sul punto meritevole di accoglimento;

4.1. appaiono invece manifestamente infondate le censure di cui al punto 3.2., in quanto non puo’ ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia del lavoro; da tale principio, infatti, non puo’ derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa di lavoro abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411; 2008/6898);

4.2. le censure di cui al punto 3.3. e relative ai motivi da nove a quattordici, concernenti la liquidazione delle spese processuali, restano invece assorbite, dovendosi comunque procedere alla riliquidazione delle spese del giudizio di merito in ragione dell’accoglimento del ricorso sotto i profili in precedenza rilevati;

5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati ai punti 4., 4.1. e 4.2., si ritiene che il ricorso possa essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;

ritenuto che, alla stregua delle argomentazioni svolte in detta relazione, vanno accolti nei termini precisati nella relazione di cui sopra il primo, il secondo, il terzo e il settimo motivo del ricorso, mentre vanno rigettati il quarto, il quinto e il sesto motivo, assorbiti gli altri, e che il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alle censure accolte;

B1) osservato che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1;

considerato in particolare che, determinato, secondo il non censurato accertamento del giudice del merito, in cinque anni il periodo di durata non ragionevole, il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; che, secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, “a condizione che le decisioni pertinenti” siano “coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato”, e purche’ detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversita’ di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata; ritenuto che tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno; che di conseguenza si deve riconoscere alla ricorrente l’indennizzo di Euro 4.250,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannata la Presidenza del Consiglio soccombente;

B3) considerato altresi’ che le spese del giudizio di merito e di quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), previa compensazione per la meta’ di quelle relative al giudizio di legittimita’, atteso l’accoglimento solo parziale del ricorso per Cassazione, con distrazione delle spese di entrambi i giudizi in favore del procuratore della ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie nei termini di cui in motivazione il primo, il secondo, il terzo e il settimo motivo e rigetta il quarto, il quinto e il sesto motivo, assorbiti gli altri motivi. Cassa il decreto impugnato in ordine alle censure accolte e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di C.L. della somma di Euro 4.250,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda. Condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 873,00 di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonche’ di quelle del giudizio di cassazione, compensate per la meta’, che si liquidano per l’intero in Euro 700,00, di cui Euro 600,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del procuratore della ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, il 26 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2010

 

 

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