Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7121 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 09/11/2021, dep. 04/03/2022), n.7121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31125/2020 proposto da:

E.O., elettivamente domiciliato in Roma Piazza San

Salvatore In Campo 33, presso lo studio dell’avvocato Muccio

Giuseppina Nicolina, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Nappi Noemi;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12, Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di AREZZO, depositata il

19/10/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/11/2021 da Dott. ROCCHI GIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza del 15 – 19 ottobre 2020, il Giudice di Pace di Arezzo rigettava il ricorso proposto da E.O. avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Arezzo e, per l’effetto, convalidava il provvedimento impugnato.

Il Giudice rilevava che l’opponente era entrato alla frontiera sottraendosi ai controlli, si era trattenuto sul territorio nazionale nonostante il rigetto della domanda di protezione internazionale e apparteneva a una delle categorie indicate nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, essendo stato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti e non avendo allegato elementi che permettevano di escludere che la condotta delittuosa costituisca mezzo per procurarsi provento di vita.

Il ricorrente non era minorenne, era privo di carta di soggiorno, non conviveva con parenti di nazionalità italiana, né aveva figlio di età inferiore a sei mesi.

Il Giudice riteneva improbabile la persecuzione nel paese di rimpatrio, osservando che, solo in sede di discussione, il ricorrente aveva fatto riferimento al pericolo di vita derivante dalla condanna per stupefacenti ma osservando che la condanna in Italia a pena sospesa non poteva avere alcun effetto in Nigeria.

La lingua inglese era stata prescelta dall’opponente e rappresenta la lingua nazionale della Nigeria; l’eccezione di incompetenza risultava infondata, atteso che il Vice-prefetto che aveva sottoscritto il decreto era stato delegato dal Prefetto; il provvedimento impugnato risultava adeguatamente motivato; non era stata fornita prova di una nuova presentazione della domanda di protezione internazionale.

2. Ricorre per cassazione E.O., deducendo, in un primo motivo, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 4 e 4 bis.

Il Giudice non aveva tenuto conto che, benché l’inglese sia la lingua ufficiale della Nigeria, il ricorrente non conosce tale lingua, parlando esclusivamente il “pidgin english”. Di conseguenza il provvedimento impugnato era nullo.

In un secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa valutazione di un fatto decisivo della controversia.

Il Giudice non aveva tenuto conto che la legislazione nigeriana prevede pene molto severe per la detenzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti.

La sottovalutazione di tale circostanza da parte del Giudice violava l’art. 3 della Convenzione Europea del 1950 e l’art. 19, comma 2 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

Il Giudice di Pace avrebbe dovuto tenere conto della situazione personale del ricorrente e valutarne le conseguenze.

3. L’Avvocatura generale dello Stato propone controricorso per il Ministero dell’Interno e per la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Arezzo, deducendo l’inammissibilità e la manifesta infondatezza del ricorso.

In via preliminare viene eccepita l’inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale; in secondo luogo, l’inammissibilità del ricorso per omessa illustrazione dei fatti di causa.

Con riferimento ai due motivi di ricorso, il resistente rimarca la manifesta infondatezza del primo, atteso che il ricorrente aveva sottoscritto il foglio notizie chiedendo le notifiche in lingua inglese, così come del secondo, atteso che del fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice non vi era alcun cenno nel ricorso di primo grado.

Il resistente conclude per la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso, con vittoria di spese e di compensi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale alle liti è infondata: questa Corte ha affermato, in tema di ricorso per cassazione, che, mentre l’apposizione del mandato a margine del ricorso già redatto esclude di per sé ogni dubbio sulla volontà della parte di proporlo, quale che sia il tenore dei termini usati, la mancanza di tale prova e la conseguente incertezza sull’effettiva volontà della parte non può tradursi in una pronuncia di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale, ma va superata attribuendo alla parte la volontà che consenta alla procura di produrre i suoi effetti, secondo il principio di conservazione degli atti (art. 1367 c.c. e art. 159 c.p.c.); pertanto, nel caso di procura apposta in calce o a margine del ricorso per cassazione, il requisito della specialità resta assorbito dal contesto documentale unitario, derivando direttamente dalla relazione fisica tra la delega, ancorché genericamente formulata, e il ricorso (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24670 del 03/10/2019, Rv. 655815 – 01).

Nel caso di specie, la procura alle liti, avente data successiva a quella del provvedimento impugnato e precedente a quella del ricorso, deve ritenersi apposta in calce all’atto in forza di quanto disposto dall’art. 83 c.p.c., comma 3.

2. Risulta infondata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa del resistente per omessa illustrazione dei fatti di causa.

L’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, stabilisce che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa. Si tratta della parte del ricorso in cui vengono indicati tutti gli elementi indispensabili alla Corte di cassazione per poter avere un completo quadro della situazione: il ricorrente dovrà indicare l’oggetto della controversia, lo svolgimento del processo e le posizioni assunte dalle parti. La Corte deve, quindi, essere messa nella condizione di conoscere tali elementi senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo.

Per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dell’art. 366 c.p.c., n. 3, non è necessario che tale esposizione costituisca parte a sé stante del ricorso ma è sufficiente che essa risulti in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi (Sez. 3 -, Sentenza n. 17036 del 28/06/2018, Rv. 649425 – 01).

Seppure sinteticamente, il ricorso permette di comprendere il senso delle questioni poste.

3. Il ricorso, comunque, è manifestamente infondato e generico e, quindi, inammissibile.

Il primo motivo di ricorso ignora la parte della motivazione nella quale il Giudice sottolinea che era stato lo stesso E. a chiedere che gli atti venissero tradotti in lingua inglese; il secondo motivo, invece, sconta la mancata esposizione nel ricorso del fatto del pericolo di vita per il ricorrente derivante dal rientro in Nigeria (comunque escluso dal Giudice di pace, con motivazione che il ricorso ignora), cosicché non può in alcun modo essere denunciata l’omessa valutazione di tale fatto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100 più spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

 

 

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