Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7119 del 29/03/2011

Cassazione civile sez. I, 29/03/2011, (ud. 31/01/2011, dep. 29/03/2011), n.7119

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.G. (c.f. (OMISSIS)), L.M.R.

(c.f. (OMISSIS)), D.L. (c.f. (OMISSIS)),

D.C. (c.f. (OMISSIS)), P.A. (c.f.

(OMISSIS)), in proprio e nella qualita’ di erede di D.

A., D’.GI. (c.f. (OMISSIS)), D.R.

(c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL

CASALE DI SAN PIO V N. 14, presso l’avvocato GAVA FABRIZIO,

rappresentati e difesi dall’avvocato MASCOLO SALVATORE, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

10/10/2007; nn. 51617, 51618, 51619, 51620, 51621, 51622, e 51623/06

R.G.A.D.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/01/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

e rigetto degli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto impugnato, depositato il 10 ottobre 2007, la corte d’appello di Roma ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento a favore di D.C., D.L., D.R. e D’.Gi. della somma di Euro 4500,00 ciascuno, oltre interessi legali dal decreto, mentre ha rigettato la domanda di equa riparazione proposta da P.A., D.G. e L.M.R..

I ricorrenti esponevano la vicenda processuale nei termini cosi’ sintetizzabili:

1) il procedimento per finita locazione instaurato dinanzi al Pretore di Sorrento con atto notificato il 16/1/1985,dopo l’ordinanza di rigetto del rilascio, era proseguito avanti al Tribunale di Napoli competente per valore che, con sentenza del 12/1/88, in accoglimento della domanda attorea, condannava i conduttori al rilascio, respingendo la riconvenzionale dei convenuti; proponeva appello la sola E.G. con atto notificato il 24/3/88, ed il giudizio si concludeva con la sentenza depositata il 7/5/91, declaratoria di nullita’ del giudizio e rimessione al primo giudice per irregolarita’ del contraddittorio; il giudizio veniva riassunto da D.L., F., R., C., P., M. P., A. e Gi. con atto notificato il 2/11/92 avanti al Tribunale di Napoli e, trasferita la causa al Tribunale di Torre Annunziata per competenza,veniva definito con la sentenza depositata l’11/5/2001, di dichiarazione della cessazione della locazione al 4/5/85, e di condanna dei convenuti al rilascio, con reiezione della riconvenzionale; proponevano appello Er.Gi., C., R. ed A. con atto notificato il 10/9/2001, ed il giudizio si concludeva con la sentenza depositata l’8/10/2004, di reiezione dell’appello;

2) con ricorso depositato il 20/12/2001, D’.Gi., F., C., M.P., L., L.M.R. ved. D., G. ed A., eredi di D.P., P.A., erede di D.A., e D.R. adivano il Tribunale di Torre Annunziata, sez. distaccata di Sorrento, per la determinazione dell’indennita’ di avviamento ed il giudizio si concludeva con la sentenza del 25/11/2005, di determinazione dell’indennita’ di avviamento.

La corte d’appello ha ritenuto di non potere ravvisare in tale lunga vicenda processuale un unico procedimento, iniziato nel 1985 e conclusosi il 27/11/05 (25/11/05), ed ha quindi verificato il rispetto del termine ragionevole per ciascuna fase; ha quindi concluso nel ritenere la violazione del termine ragionevole per il solo giudizio concluso dal Tribunale di Napoli,iniziato con atto notificato il 2/11/92 e definito con sentenza depositata l’11/5/2001, mentre il giudizio iniziato avanti al Pretore di Sorrento si era concluso con sentenza depositata dal Tribunale di Napoli il 12/1/1988, e quindi in tre anni, i giudizi di secondo grado si erano conclusi entro i tre anni, termine da ritenersi ragionevole anche per detti giudizi di secondo grado, viste le innumerevoli parti e la necessita’ di esaminare le complesse vicende processuali precedenti;

infine, il giudizio presso il Tribunale di Torre Annunziata, iniziato il 20/12/2001, si era concluso in meno di 4 anni,durata da ritenersi ragionevole, stante la pluralita’ di parti e la particolare litigiosita’, evidenziata dalla proposizione di numerose eccezioni, tutte richiedenti un puntuale esame da parte del giudice. Per il giudizio concluso nel termine non ragionevole, individuato il termine ragionevole di anni 4 (per le stesse ragioni sopra riportate), la corte ha ritenuto il termine irragionevole di 4 anni e 6 mesi, per cui ha riconosciuto Euro 1000,00 per anno, ma solo ai ricorrenti D.C., L., R. e Gi., in quanto: 1) D.A., avente (dante) causa di P.A., era deceduta il (OMISSIS), prima della riassunzione avanti al Tribunale di Napoli, e la P.A. non si era mai costituita in detto giudizio, ma solo in quello di secondo grado avanti alla corte d’appello di Napoli ed in quello presso il tribunale di Torre Annunziata; 2) D.G. e L.M.R. erano eredi di D.P., deceduto il (OMISSIS), quando non si era verificato alcun danno ne’ gli eredi si erano costituiti in detto giudizio, ma solo il giudizio d’appello ed in quello presso il Tribunale di Torre Annunziata, di determinazione dell’indennita’ di avviamento.

D.G., L.M.R. e P.A. propongono ricorso per cassazione con un motivo e D.L., D.R., D’.Gi. con due motivi.

Il Ministero della Giustizia si oppone con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con unico motivo di ricorso, D.G., L.M. R. e P.A. denunciano violazione e mancata applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, in relazione al rigetto della domanda iure proprio, omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, contestuale contraddittorieta’ della motivazione con riferimento alla consolidata giurisprudenza della CEDU (sentenze W.K. e L.G. c. Italia), per avere la corte d’appello respinto la domanda sul rilievo della mancata costituzione dopo la morte del de cuius, mentre il diritto era gia’ entrato nel patrimonio dello stesso, gli eredi sono destinatari degli effetti negativi della irragionevole durata anche se non si siano costituiti e la L. n. 89 del 1991, art. 2 non si riferisce alla parte processuale.

1.2.- Il motivo e’ infondato, alla stregua della giurisprudenza di questa corte, come tra le ultime espressa nella sentenza 23416 del 2009, che ha affermato che “si rivela ineccepibile l’avversata affermazione dei giudici di merito secondo cui gli eredi non avevano diritto all’equa riparazione nemmeno per il tempo del processo di primo grado trascorso dopo il decesso della de cuius, in quanto non si erano costituiti in quella fase del giudizio ma solo nel successivo grado. Questa conclusione e’, infatti, aderente, al prevalente e condiviso orientamento di questa Corte (Cass. 2006/26686; 2006/23055 in consapevole, argomentato contrasto con il contrario precedente di cui a Cass. 2006/26931; Cass. 2009/16284) secondo cui deve essere esclusa la titolarita’ del diritto “iure proprio” in capo all’erede non costituito nel processo presupposto (in tema, cfr pure Cass. 2006/2969; 2005/19032), dal momento anche che:

– “per tutto il tempo durante il quale, deceduta la parte originaria, gli eredi non abbiano ritenuto di costituirsi o non siano stati chiamati in causa, pur esistendo un processo non vi e’ la parte che dalla sua irragionevole durata possa ricevere nocumento”;

“la necessita’ di una costituzione in giudizio della parte che invoca la tutela della legge a sanzionare l’irragionevole durata e’ premessa indiscutibile per una ragionevole operativita’ dell’intero sistema di cui alla L. n. 89 del 2001, ne’ potendo operare in difetto di tal costituzione lo scrutinio sul comportamento della parte delineato dall’art. 2, comma 2, della legge ne’ tampoco essendo esercitabili i poteri di liquidazione equitativa dell’indennizzo correlati, ragionevolmente, al concreto patema che sulla parte ha avuto la durata del processo (S.U. 1338/04)”;

– “l’argomento della continuita’ della posizione processuale per il successore che si ritrae dall’art. 110 c.p.c., e’ fuor di segno, posto che il sistema sanzionatorio delineato dalla Convenzione Europea e tradotto in norme nazionali dalla L. n. 89 del 2001 non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato ma sulla somministrazione di sanzioni a riparazione ed a beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o non patrimoniali ed in base ad indennizzi modulatali in relazione al concreto patema subito”; l’equa riparazione prevista dal diritto interno presuppone non il mero assoggettamento alle conseguenze della decisione giudiziaria o il mero coinvolgimento nella decisione, ma il patema da ritardo irragionevole di definizione, che a sua volta presuppone la conoscenza del processo stesso e l’interesse alla sua rapida conclusione, circostanze di cui la mancata costituzione in giudizio non consente di presumere la ricorrenza ed anzi favorisce l’apprezzamento in senso negativo”.

2.1. – Il secondo ed il terzo motivo del ricorso, come fatti valere da D.L., D.R., D’.Gi. e D. C., da valutarsi congiuntamente stante il collegamento tra gli stessi, sono da ritenersi infondati.

Quanto al motivo sub 2), da valutarsi sotto il profilo della violazione di legge (quanto al difetto di motivazione, la censura e’ priva del necessario momento di sintesi, quale esposizione chiara e sintetica del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria,ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione: vedi in tal senso Cass. 4556/2009 e Cass,. S.U. 7770/2009), va rilevato che correttamente la corte territoriale ha valutato la durata ragionevole e, per l’eccedenza, irragionevole, avuto riguardo ai gradi del giudizio,al primo grado, al secondo, conclusosi con la rimessione al primo giudice, ed al giudizio riassunto in primo grado: e’ di palese evidenza come non possa nel caso prospettarsi l’esistenza di un solo primo grado di giudizio, stante lo sviluppo del processo, secondo l’iter fisiologico, che ha visto la rimessione in primo grado da parte del giudice d’appello, e quindi la riassunzione del giudizio avanti al tribunale, costituente sempre un primo grado.

E’ parimenti infondato il terzo motivo del ricorso, da valutarsi sempre sotto il profilo della violazione di legge, mentre e’ inammissibile la censura fatta valere come vizio di motivazione, per il rilievo sopra esposto. La certe territoriale ha correttamente riconosciuto l’importo di Euro 1000,00 per anno, del tutto in linea con l’orientamento assunto da questa corte, come espresso, tra le altre, nelle pronunce 17922/2010 (nella forma dell’ordinanza), 819/2010 e 21840/2009, che in merito si e’ cosi’ espressa: “i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea, che ha fissato un parametro tendenziale di Euro 1.000,00 – 1.500,00 per anno, non possono essere ignorati dal giudice nazionale, il quale puo’ tuttavia apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali: l’entita’ della “posta in gioco”, apprezzata in comparazione con la situazione economico – patrimoniale della parte, che questa ha l’onere di allegare e dedurre; il “numero dei tribunali che hanno esaminato il caso in tutta la durata del procedimento”…) purche’ motivate e non irragionevoli (tra le molte… Cass. n. 6039 del 2009; n. 6898 del 2008); in virtu’ della piu’ recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo, qualora non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale (costituiti appunto, tra gli altri, dal valore della controversia, dalla natura delle medesima, da apprezzare in riferimento alla situazione economico – patrimoniale dell’istante, dalla durata dei ritardo, dalle aspettative desumibili anche dalla probabilita’ di accoglimento della domanda), stante l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, alla luce delle quantificazioni operate dal giudice nazionale nel caso di lesioni di diritti diversi da quello in esame, la quantificazione deve essere, di regola, non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, in virtu’ degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009, i cui principi vanno qui confermati, con la precisazione che tale parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo aversi riguardo, per quelli successivi, al parametro di Euro 1000,00, per anno di ritardo, dato che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno”.

3. Conclusivamente, il ricorso va respinto; le spese di lite del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza piena di D.G., L.M.R. e P.A.; avuto riguardo alla specificita’ della complessa vicenda processuale esaminata, si reputa di compensare le spese tra gli altri ricorrenti e l’Amministrazione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti D.G., L.M.R. e P.A. a rifondere all’Amministrazione le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 800,00 oltre le spese prenotate a debito; compensa le spese nei confronti degli altri ricorrenti.

Cosi’ deciso in Roma, il 31 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2011

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