Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7114 del 29/03/2011

Cassazione civile sez. I, 29/03/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 29/03/2011), n.7114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.L. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DE NARD REMO, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositato il

10/04/2008; n. 49/08 R.G.C.C.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/01/2011 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’inarnnissibilita’ del ricorso,

in subordine accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con decreto in data 1/10 aprile 2008 la Corte d’appello di Trento condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di B.L., a titolo di indennizzo del danno non patrimoniale, in conseguenza del superamento del termine di ragionevole durata di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso nel 1997 e conclusosi nell’anno 2005. Per la cassazione di tale decreto il B. propone ricorso, affidato a due motivi, ed illustrato con memoria. Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il ricorrente denuncia, con entrambi i motivi, la nullita’ del decreto per violazione, sotto diversi profili, della disposizione contenuta nell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

2.- Deve preliminarmente rilevarsi come al ricorso in esame, avente ad oggetto un provvedimento emesso nel settembre 2007, debbano applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006 sino al 4.7.2009), e in particolare l’art. 6 che ha introdotto l’art. 366 bis nel c.p.c.. Alla stregua di tali disposizioni – la cui peculiarita’ rispetto alla gia’ esistente prescrizione della indicazione nei motivi di ricorso della violazione denunciata consiste nella imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto al fine del miglior esercizio della funzione nomofilattica – l’illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3, 4, deve concludersi, a pena di inammissibilita’, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali che per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame. Analogamente,, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere (cfr.ex multis: Cass. S.U. n. 20603/2007; Sez. 3 n. 16002/2007; n. 8897/2008) un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di salutazione della sua ammissibilita’.

3.- Il ricorso in esame non e’ conforme a tali disposizioni, atteso che ne’ il primo ne’ il secondo motivo contengono alcuna delle sintetiche indicazioni riassuntive prescritte dalle disposizioni stesse.

3.1 Ne’ possono condividersi le tesi prospettate dal ricorrente nella memoria presentata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Questa Corte ha affermato piu’ volte che il quesito di diritto deve essere formulato anche nei casi in cui si deduca, la violazione dell’art. 112 c.p.c. o di altre norme attinenti al procedimento (Cass., 23 febbraio 2009, n. 4329; Cass., 26 ottobre 2009 n. 225789;

Cass., 7 ottobre 2010, n. 20844).

3.2 – Quanto alle questioni di legittimita’ costituzionale della norma contenuta nell’art. 366 bis c.p.c. cosi’ come applicabile, ratione temporis, nella presente vicenda processuale, deve ribadirsi (cfr. Cass., 30 dicembre 2009, n. 27689) che tale disposizione non discrimina, in alcun modo, i cittadini, non lede il loro diritto di agire in giudizio (peraltro esercitato mediante la difesa tecnica di avvocati iscritti nell’apposito albo dei cassazionisti e, percio’, dotati di particolare competenza professionale) e, infine, non impedisce (ne’ rende estremamente difficile) la proposizione del ricorso per cassazione.

4. Alla declaratoria di inammissibilita’ consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 600,000, oltre spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2011

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