Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7113 del 12/03/2020

Cassazione civile sez. I, 12/03/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 12/03/2020), n.7113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7718/2015 proposto da:

S.N., elettivamente domiciliato in Roma, Via Rimini n.

14, presso lo studio dell’avvocato Caruso Giovanni, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e sul ricorso successivo:

R.F.; Re.Fr.; Re.Vi.; Ro.Fr.;

Ga.Fr.; P.G., anche per gli eredi di

G.B.: D.F.M.L., G.G.A., G.N.,

G.R., G.C., G.I., G.G.; tutti

elettivamente domiciliati in Roma, Via Giovanni Bettolo n. 9, presso

lo studio dell’avvocato D’Erasmo Leonardo, rappresentati e difesi

dall’avvocato Cortese Domenico, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti successivi –

contro

Comune di Cardinale, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Libia n. 167, presso lo

studio dell’avvocato De Giorgio Francesco, rappresentato e difeso

dall’avvocato Nisticò Bruno Antonio, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Cosseria

n. 2, presso lo studio della Dott.ssa Buccellato Francesca,

rappresentato e difeso dall’avvocato Raffaelli Natalina, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

C.D.M., C.D.G.,

Co.D’.Ma., C.D.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1007/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 02/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, l’inammissibilità dell’incidentale o in subordine

rigetto;

udito, per i ricorrenti successivi, l’Avvocato Marina Tolu, con

delega, che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso;

udito, per il controricorrente B., l’avvocato Natalina

Raffaelli che ha chiesto il rigetto;

udito, per il controricorrente Comune, l’Avvocato Francesco De

Giorgio che ha chiesto il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La controversia pervenuta in sede di legittimità, risulta instaurata in primo grado da B.A., con plurimi atti di citazione.

Segnatamente con una prima citazione B., sulla premessa che con Delib. Giunta Municipale Comune di Cardinale 30 dicembre 1991, n. 462, gli era stato conferito un incarico professionale, che le prestazioni erano state svolte con maturazione a suo favore di un credito di Lire 8.185.493 che l’ente convenuto non aveva provveduto al pagamento delle spettanze, aveva convenuto in giudizio il Comune di Cardinale, in persona del Sindaco p.t. e tutti i componenti della Giunta municipale che avevano approvato la Delib. di incarico, per sentirli condannare al pagamento in solido della somma citata oltre gli interessi; analogo giudizio aveva promosso nei confronti dei medesimi soggetti, oltre che di C.D.M., in qualità di segretario comunale, per l’incarico professionale conferitogli con la Delib. Giunta 4 dicembre 1990, n. 301 e per il progetto conseguente approvato con Delib. 19 agosto 1992, n. 66, assumendo di vantare un credito di Lire 48.277.124, oltre interessi; quindi, aveva promosso nei confronti dei medesimi soggetti, oltre che di C.D.M., in qualità di segretario comunale, un terzo giudizio era relativo all’incarico professionale conferitogli con Delib. Giunta 26 ottobre 1991, n. 352, per la quale vantava un credito di Lire 7.294.940, oltre interessi; infine, un quarto giudizio era relativo all’incarico professionale conferitogli con Delib. Giunta 9 novembre 1991, n. 369, per il quale vantava un credito di Lire 15.686.921, oltre interessi. I convenuti tutti avevano contestato le avverse domande.

Il Tribunale, riuniti i giudizi, aveva accolto le domande nei confronti del solo S.N., quale Sindaco del Comune di Cardinale all’epoca dei fatti, e lo aveva condannato al pagamento in favore di B. della somma di Lire 41.008,99, oltre interessi, rigettandola nei confronti degli altri convenuti.

A seguito di plurimi appelli, proposti in via principale ed incidentale, la Corte di appello di Catanzaro ha riformato la prima decisione ed ha condannato al pagamento in favore di B. anche i membri della Giunta municipale ed il Segretario comunale, quest’ultimo solo per le Delib. n. 301 del 1991, Delib. n. 352 del 1991 e Delib. n. 369 del 1991, a cui aveva preso parte, tutti in solido con S.N..

La Corte territoriale ha applicato la disciplina prevista dal D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23, commi 3 e 4, conv. con mod. dalla L. 24 aprile 1898, n. 144, vigente ratione temporis e riprodotta senza sostanziali modifiche, prima dal D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 35 e poi dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 191, ritenendo che la stessa prescindeva dall’esistenza del contratto e prevedeva che, in caso di acquisizione di beni o servizi in violazione dell’obbligo dell’impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio, il rapporto obbligatorio, al fine del corrispettivo, insorgeva direttamente con l’amministratore o il funzionario che aveva consentito la prestazione, con conseguente impossibilità di esperire l’azione di arricchimento senza causa nei confronti del Comune, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà; ha, quindi, precisato che gli atti, seppure invalidi, che avevano consentito l’espletamento delle prestazioni professionali erano le delibere della Giunta ed che ha ciò conseguiva la condanna in solido.

S.N. ha proposto ricorso principale con tre mezzi, corredato da memoria; R.F. e gli altri ricorrenti incidentali indicati in epigrafe hanno proposto ricorso con quattro mezzi.

B. ha replicato con controricorso notificato il 12/6/2015 nei confronti R. più altri e con altro controricorso notificato il 27/12/2019 anche nei confronti di S.; il Comune di Cardinale ha replicato con separato controricorsi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Preliminarmente il ricorso proposto da S. va qualificato come principale ed il ricorso proposto da R. più altri va qualificato incidentale, giacchè “Il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi. Tale principio non trova deroghe riguardo all’impugnazione di tipo adesivo che venga proposta dal litisconsorte dell’impugnante principale e persegue il medesimo intento di rimuovere il capo della sentenza sfavorevole ad entrambi, nè nell’ipotesi in cui si intenda proporre impugnazione contro una parte non impugnante o avverso capi della sentenza diversi da quelli oggetto della già proposta impugnazione” (Cass. n. 5695 del 20/03/2015; n. 2516 del 09/02/2016).

1.2. Sempre preliminarmente va accolta l’eccezione, sollevata da S. nella memoria, di tardività del controricorso proposto da B..

Il controricorso, che risulta essere stato tempestivamente notificato in data 12/6/2015 (ed erroneamente registrato con separato numero di R.G. 11655/2013, poi riunito al presente), era, in effetti, diretto nei confronti di tutte le parti del giudizio ad esclusione proprio di S.N., di guisa che l’unica notifica eseguita nei suoi confronti il 27/12/2019 risulta tardiva.

2.1. Il ricorso proposto da S.N. è articolato nei seguenti motivi:

– Primo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 1421 e 2041 c.c., R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17 e succ. modifiche e del D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 35 e succ. mod. A parere del ricorrente la Corte di appello non ha tenuto conto del fatto che il rapporto contrattuale non imputabile all’Amministrazione, non era imputabile nemmeno agli Amministratori poichè non esisteva affatto, dovendosi considerare nullo per mancanza della “forma scritta” richiesta ad substantiam secondo la giurisprudenza di legittimità, di guisa che la circostanza che le delibere non fossero conformi alla legge, non indicando nè l’ammontare della spese, nè il relativo capitolo di bilancio, diventava irrilevante giacchè la volontà della Giunta municipale e del Sindaco non si era concretizzata nella stipula dell’atto.

– Secondo motivo: Nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di appello omesso di esaminare, ritenendola irrilevante, l’eccezione di nullità del contratto d’opera professionale sollevata dal ricorrente per mancanza di forma scritta ad substantiam. A parere del ricorrente per i contratti che richiedono la forma scritta è irrilevante la sola esistenza di una deliberazione dell’organo collegiale dell’ente pubblico concernete la stipula del contratto, ove a tale deliberazione non sia seguito un atto contrattuale sottoscritto dal rappresentante esterno dell’Ente stesso e dal privato.

– Terzo motivo: Omesso esame circa un fatto decisivo per giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. A parere del ricorrente la motivazione adottata dalla Corte territoriale risulta sostanzialmente mancante sotto l’aspetto materiale e grafico o quanto meno “perplessa ed obiettivamente incomprensibile” ovvero apparente, laddove non chiarisce l’iter logico posto a fondamento della decisione impugnata.

2.2. Il ricorso proposto da R.F. più altri è articolato nei seguenti quattro motivi:

– Primo motivo: Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, conv. con modificazioni dalla L. n. 144 del 1989 e riprodotto nel D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 35. Secondo i ricorrenti l’adozione della Delib. Giunta Municipale – contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale – non sarebbe stata sufficiente a far ritenere integrata 1″attività di consentire la prestazione”, attività sanzionata dall’art. 23 cit.. Sostengono che la Delib. di Giunta è un atto amministrativo interno al procedimento di formazione della volontà dell’Ente territoriale che ha solo natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato ad esprime la volontà dell’Ente all’esterno.

– Secondo motivo: Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per mancanza di motivazione (la censura riguarda il medesimo passaggio motivazionale preso in considerazione dal terzo motivo del ricorso S.).

– Terzo motivo: Nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. La censura riguarda la medesima statuizione di cui al secondo motivo: i ricorrenti si dolgono che la Corte territoriale non abbia spiegato perchè dagli atti di Giunta discenderebbe la responsabilità degli amministratori e perchè questi sarebbero equiparati al Sindaco, senza altresì considerare il diverso comportamento in concreto tenuto del Sindaco (missive da questi inviate al professionista), in ragione del quale in primo grado era stato ritenuto unico responsabile.

– Quarto motivo – Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia in merito alle eccezioni di difetto di legittimazione passiva in merito alla nullità del rapporto contrattuale intercorso tra il Comune ed il professionista e di prescrizione della domanda attorea di pagamento degli interessi, sollevate sin dal primo grado e richiamate nella comparsa di costituzione in appello.

3.1. Tutti i motivi del ricorso di S. ed i primi tre motivi del ricorso di R. più altri possono essere trattati congiuntamente perchè avvinti da connessione, in quanto trattano sotto plurimi aspetti la medesima questione, e vanno respinti.

3.2. Come già affermato da questa Corte il D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23, comma 4 abrogato dal D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, art. 123, comma 1, lett. n), perchè sostituto dall’art. 35 cit. decreto, a sua volta abrogato e sostituito da analoga disposizione contenuta nel D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 191, prevede infatti che nel caso in cui vi sia stata l’acquisizione di beni o servizi in violazione dell’obbligo indicato nel comma 3, che disciplina la procedura di spesa, il rapporto obbligatorio non sia riferibile all’ente ma intercorra, ai fini della controprestazione, tra il privato e l’amministratore o funzionario che abbia assunto l’impegno (Cass. S.U. n. 26657 del 18/12/2014).

Anche qualora le obbligazioni siano state assunte senza un previo contratto, oltre che senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso, al di fuori delle norme c.d. ad evidenza pubblica, insorge un rapporto obbligatorio direttamente tra chi abbia fornito la prestazione e l’amministratore o il funzionario inadempiente che l’abbia consentita (Cass. n. 30109 del 21/11/2018).

A ciò consegue che “potendo il terzo interessato agire nei confronti del funzionario, per la mancanza dell’elemento della sussidiarietà, non è ammissibile l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente locale il quale può soltanto riconoscere a posteriori, D.Lgs. n. 267 del 2000, ex art. 194 – nei limiti dell’utilità dell’arricchimento puntualmente dedotto e dimostrato – il debito fuori bilancio. Infatti al precedente regime (in cui, nelle ipotesi di nullità del negozio concluso dalla p.a. per effetto della violazione delle norme regolatrici della sua formazione era esperibile nei confronti della suddetta p.a. l’azione di arricchimento senza causa, oltre, eventualmente, quella di responsabilità precontrattuale), si è sostituita, relativamente agli enti locali, la disciplina del D.L. n. 66 del 1989 (convertito in L. n. 144 del 1989, riprodotta nel D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 35), che ha interrotto il rapporto di immedesimazione organica tra detti enti ed i loro funzionari o amministratori e regolato il rapporto tra questi ultimi ed i privati contraenti, facendo salva la validità del contratto, ma configurando il rapporto negoziale come intercorrente tra il privato e l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la fornitura, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge, con la conseguenza che è esclusa l’esperibilità dell’azione di indebito arricchimento nei confronti della p.a., data la sua natura sussidiaria” (Cass. n. 25861 del 14/10/2019; cfr. Cass. n. 12880 del 26/05/2010; Cass. n. 17257 del 14/11/2003).

Nel caso di specie le prestazioni vennero eseguite sulla scorta delle Delib. della Giunta municipale, sia pure invalide, e correttamente la responsabilità è stata posta a carico di tutti gli amministratori ed i funzionari che avevano partecipato alle singole delibere, tra cui- ove presente – il Segretario comunale.

La circostanza che il contratto non sia stato redatto in forma scritta non assume alcun rilievo, giacchè il rapporto obbligatorio così sorto si colloca al di fuori dell’ambito di applicazione delle norme c.d. ad evidenza pubblica, e la responsabilità in questione può conseguire anche quando l’incarico sia stato affidato informalmente (v. nel testo, Cass. n. 24478 del 30/10/2013) e senza un previo contratto (Cass. n. 30109 del 21/11/2018), di guisa che la decisione impugnata risulta immune dai vizi denunciati.

3.3. Va, infine, aggiunto che la motivazione della Corte di appello risulta pienamente conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità e ne appare chiaramente comprensibile lo sviluppo logico argomentativo, giacchè questo non si esaurisce nel punto evidenziato dai ricorrenti per dolersi della motivazione apparente, ma trova ampio conforto nella esposizione della premessa in diritto che precede le conclusioni e le rende pienamente intellegibili.

4.1. Anche il quarto motivo del ricorso R. più altri va dichiarato infondato.

4.2. Invero in merito al profilo della legittimazione passiva dei ricorrenti la censura risulta infondata in quanto non si ravvisa alcuna omessa pronuncia.

Per vero, la Corte di appello ha ravvisato la piena legittimazione e la responsabilità dei membri della Giunta a seguito dell’accoglimento dell’appello proposto da S.: in tal modo ha disatteso implicitamente la loro eccezione, inconciliabile con la decisione assunta.

4.3. Ugualmente non si ravvisa alcuna omessa pronuncia in merito alla prescrizione degli interessi sulle somme spettanti e non pagate al professionista perchè la statuizione espressamente distingue gli interessi dovuti al professionista ante e post domanda e riconosce gli interessi ante domanda proprio a decorrere dal 61 giorno dalla trasmissione della parcella, di guisa che ove tale trasmissione non vi sia stata non sussisteranno i presupposti per il riconoscimento di detta voce, ferma la previsione della decorrenza degli interessi successivi alla domanda giudiziale a tasso legale proprio dalla domanda al soddisfo.

5. In conclusione il ricorso principale proposto da S.N. ed il ricorso incidentale proposto da R.F. più altri vanno rigettati.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza, con condanna dei ricorrenti incidentali in solido in favore di B.A., nella misura liquidata in dispositivo; il ricorrente principale resta indenne nei confronti di B., stante la tardiva notifica del controricorso nei suoi confronti.

Le spese a favore del Comune di Cardinale seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo con condanna in solido tra ricorrente principale e ricorrenti incidentali.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso principale proposto da S.N. ed il ricorso incidentale proposto da R.F. più altri;

– Condanna i ricorrenti incidentali in solido alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore di B.A. che liquida in Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Condanna il ricorrente principale ed i ricorrenti incidentali in solido alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del Comune di Cardinale che liquida in Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principale ed incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale o incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2020

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