Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7111 del 29/03/2011

Cassazione civile sez. I, 29/03/2011, (ud. 21/01/2011, dep. 29/03/2011), n.7111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.S., P.I., elettivamente domiciliati

in Roma, alla via di Santa Costanza 27, presso lo studio dell’avv.

Marini Elisabetta, rappresentati e difesi dall’avv. D’Auria Antonio,

come da procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE di ANGRI, in persona del sindaco p.t, elettivamente

domiciliato in Salerno, alla via Gen. Amendola 36, presso lo studio

dell’avv. Ricciardi Edilberto, rappresentato e difeso dall’avv.

Anastasio Luigi, come da procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 562/05 della Corte d’Appello di Salerno,

emessa il 3.3.05 e depositata il 10.10.05;

udita la relazione delle cause svolta nella pubblica udienza del

21.1.2011 dal Consigliere Dott. Magda Cristiano;

uditi gli avv.ti D’Auria e Anastasio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza del 10.10.05, decidendo nel giudizio promosso, con citazione notificata il 15.7.03, dai coniugi D.S. e P.M. contro il Comune di Angri per ottenere la liquidazione delle giuste indennità di occupazione legittima e di esproprio di alcune particelle di terreno di loro proprietà sottoposte dal convenuto a procedura ablativa, nonchè il riconoscimento dell’indennità “colonica”: ha ritenuto di non dover pronunciare sulla prima domanda, per averla già esaminata e decisa con una precedente sentenza (n. 512 del 2004); pur dubitando dell’ammissibilità della seconda domanda, l’ha respinta nel merito, in quanto totalmente sfornita di prova; ha condannato gli attori al pagamento delle spese del giudizio.

I D. hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a tre motivi, il secondo dei quali illustrato da memoria (che fa riferimento anche ai ricorsi riuniti nn. 5996/05 ed 8739/05, sull’erroneo presupposto che gli stessi, ancorchè proposti contro una diversa sentenza della Corte d’Appello di Salerno, siano stati riuniti a quello relativo al presente giudizio).

Il Comune di Angri ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 ) Con il primo motivo di ricorso i coniugi D., denunciando violazione degli artt. 112 e 273 c.p.c., omessa pronuncia e vizio di motivazione della sentenza impugnata, lamentano che la Corte di merito non abbia deciso nel merito sulla prima delle domande da essi formulate.

A sostegno di tale censura rilevano: che i decreti di esproprio (nn. 32, 33 e 36 del 2003) contro i quali hanno proposto opposizione alla stima con la citazione notificata il 15.7.03 non erano stati ancora emessi allorchè ebbe inizio il giudizio conclusosi con la sentenza n. 512/04; che in tale giudizio essi avevano contestato la congruità delle sole indennità di occupazione delle particelle poi espropriate; che, inopinatamente, la Corte di merito, rilevato che i decreti di esproprio erano stati emessi in corso di causa, aveva provveduto a determinare in sentenza anche le indennità di espropriazione, in tal modo pronunciando ultra petita. Aggiungono che il giudice d’appello ha violato l’art. 273 c.p.c., omettendo di disporre la riunione del nuovo giudizio a quello precedentemente proposto.

Il motivo è infondato e deve essere respinto.

I ricorrenti riconoscono che, con la sentenza n. 512/04, emessa in altra causa di opposizione alla stima da essi precedentemente promossa nei confronti del Comune di Angri, hanno ottenuto la liquidazione delle medesime indennità di esproprio di cui hanno chiesto la determinazione con la citazione introduttiva del presente giudizio.

Ne consegue che, atteso il principio del ne bis in idem, la Corte di merito non avrebbe potuto pronunciare una seconda volta su tale domanda.

E’, d’altro canto, del tutto irrilevante che la statuizione relativa alle indennità di esproprio contenuta nella prima sentenza sia stata emessa in violazione dell’art. 112 c.p.c., ovvero in difetto di apposita domanda dei D.. Costoro, infatti, non possono dolersi, in sede di impugnazione di una diversa sentenza, dell’eventuale vizio di ultrapetizione di quella decisione, che avrebbero dovuto far valere (nel caso in cui vi avessero avuto interesse) proponendo contro la stessa apposito motivo di ricorso in cassazione.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 273 c.p.c., è sufficiente rilevare che, nel disporre o meno la riunione di cause connesse, il giudice assume un provvedimento a carattere ordinatorio, insindacabile in sede di legittimità (per tutte, fra molte, Cass. n. 12989/010).

2) Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione degli artt. 38 e 115 c.p.c., della L. n. 865 del 1971, art. 17 e vizio di motivazione, si dolgono del rigetto della domanda di riconoscimento dell’indennità “colonica” (più correttamente: dell’indennità aggiuntiva spettante al coltivatore del fondo ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 17, comma 2). Deducono che la domanda, in difetto di eccezioni della controparte, era sicuramente ammissibile e che la Corte territoriale ha errato nel ritenerla non provata, posto che dai verbali di consistenza emergeva la loro qualità di coltivatori del terreno e che, inoltre, essi avevano richiesto già nell’atto di citazione “prova per testi sulla circostanza della conduzione diretta del fondo”. Va premesso che la Corte d’appello, rigettando nel merito la domanda, ha evidentemente risolto in senso positivo (sia pure senza affrontarla ex professo) la questione concernente la sua ammissibilità.

In difetto di impugnazione del Comune di Angri, la questione è coperta da giudicato interno. Ne consegue – per un verso – che questa Corte non può più rilevare d’ufficio (Cass. nn. 1562/010, 25573/09) che i D. non erano legittimati a richiedere la corresponsione di un’indennità che, ai sensi della norma da essi invocata, spetta solo ai coltivatori che non siano anche proprietari del fondo e – per l’altro – che i ricorrenti sono privi di interesse a dolersi, con la prima delle due censure illustrate nel motivo, di una decisione che hanno mal interpretato ma che, in realtà, è loro favorevole.

L’ulteriore censura, con la quale i D. lamentano l’omessa valutazione da parte della Corte territoriale, degli elementi di prova offerti od acquisiti al processo, va invece dichiarata inammissibile per difetto del requisito dell’autosufficienza. I ricorrenti, infatti, non hanno precisato se abbiano o meno richiesto, ai sensi dell’art. 244 c.p.c., l’ammissione in corso di causa di uno specifico capitolo di prova orale, comprensivo dell’indicazione dei testi da escutere, sulla circostanza genericamente allegata in citazione, nè hanno chiarito se, e nel corso di quale segmento temporale del processo, abbiano prodotto i verbali di consistenza che dimostrerebbero la loro qualità di coltivatori diretti del fondo:

non è dunque consentito a questa Corte, sulla sola base delle deduzioni contenute nel ricorso (alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative), effettuare il dovuto controllo in ordine all’effettiva sussistenza dei denunciati vizi di motivazione.

3) Il rigetto dei primi due motivi di impugnazione rende palese l’infondatezza del terzo motivo, con il quale i coniugi D. lamentano che la Corte salernitana li abbia condannati, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese processuali.

Anche le spese de presente grado seguono la soccombenza e si liquidano in favore del Comune di Angri in Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna D.S. e P. I. a pagare al Comune di Angri le spese del presente grado del giudizio, liquidate in Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2011

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