Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 711 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 711 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA

correzione di
sentenza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 278101’11) proposto da:
MARTINELLI CARMEN (C.F.: MRT CMN 40M54 L378L) e MARTINELLI IVO (C.F.: MRT
VIO 44C01 C467Z), rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale a margine del
ricorso, dagli Avv.ti Enzo Paiar e Giuseppe Antonini ed elettivamente domiciliati presso
lo studio del secondo, in Roma, Via M. Mercati, n. 51;

– ricorrenti –

contro
MARTINELLI PAOLO, MARTINELLI CLAUDIO, MARTINELLI MARINA e STOCCHETTI
MARIA ved. MARTINELLI, quali eredi di Martinelli Arrigo; MARTINELLI ANNALISA,
MARTINELLI LORENZO, MARTINELLI ROBERTO e MERCATONI EDDA ved.
MARTINELLI, quali eredi di Martinelli Arnaldo; MARTINELLI MASSIMO, MARTINELLI
DANIELA e ROSSI LIDIA, ved. MARTINELLI, in qualità di eredi di Martinelli Giorgio;
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Data pubblicazione: 15/01/2014

MARTINELLI NORBERTO, MARTINELLI MAURIZIO, MARTINELLI GABRIELLA
(interdetta, legalmente rappresentata da tutore Martinelli Norberto), quali eredi di
Martinelli Luciano; MARTINELLI GIULIANO; MARTINELLI BRUNO e MARTNELLI LINO
(detto Efrem) tutti rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in calce al
controricorso, dagli Avv.ti Marcello Taddei e Francesco Grisanti ed elettivamente

– controricorrenti Avverso la sentenza della Corte di appello di Trento n. 214/2011, depositata 11 1 agosto
2011 (e non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 27 novembre 2013 dal
Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito l’Avv. Giuseppe Antonini per i ricorrenti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Sergio Del
Core, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato nel dicembre 2010, i sigg. Martinelli Ivo e Martinelli
Carmen convenivano, dinanzi alla Corte di appello di Trento, i sigg. Martinelli Paolo,
Martinelli Claudio, Martinelli Marina e Stocchetti Maria (quali eredi di Martinelli Arrigo), i
sigg. Martinelli Annalisa, Martinelli Lorenzo, Martinelli Roberto e Marcantoni Edda (quali
eredi di Martinelli Arnaldo), i sigg. Martinelli Lino (detto Efrem), Martinelli Giuliano,
Martinelli Bruno, Martinelli Norberto, Martinelli Maurizio e Martinelli Gabriella (in persona
del tutore Martinelli Norberto), nella qualità di eredi di Martinelli Luciano, nonché i sigg.
Martinelli Massimo, Martinelli Daniela e Lida Rossi, quali eredi di Martinelli Giorgio,
esponendo che: – fra le parti in causa (e, per alcune di esse, tra i danti causa) era stata
instaurata, nel 2002, una causa di divisione dei beni ereditari definita, in primo grado, con
sentenza del Tribunale di Trento n. 572 del 2004, con la quale era stato dichiarato lo
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domiciliati presso lo studio del secondo, in Roma, via Crescenzio, n. 62;

scioglimento della comunione avente ad oggetto la p.e. 239 e le pp.ff. 3574/2, 3580/2 e
3547 in agro del Comune di Centa sulla base del progetto di divisione denominato
“proposta divisionale 1”, attribuendo il lotto 1 agli attori congiuntamente con quota di 3/21
ciascuno a Martinelli Arrigo, Arnaldo, Lino, Giuliano, Bruno e Giorgio e con la quota di
1/21 ciascuno a Martinelli Norberto, Maurizio e Gabriella, nonché attribuendo i lotti 2 e 3

l’attribuzione delle quote nel descritto senso si sarebbe dovuto ritenere frutto di un
evidente errore (in virtù dell’intervenuta inversione delle distinte attribuzioni, come invece
previste nella suddetta proposta divisionale fatta propria con la sentenza); – che la
sentenza era stata impugnata da essi Martinelli Ivo e Carmen e la stessa Corte di appello
di Trento, con sentenza n. 261 del 2007, aveva respinto sia l’appello principale che
quello incidentale, in tal modo perpetuando l’errore; – che, a seguito di proposizione di
ricorso per cassazione, questa Corte di legittimità, con sentenza n. 13112 del 2010
(depositata il 28 maggio 2010), aveva accolto i soli motivi terzo e settimo del ricorso
principale, che rigettava nel resto (con derivante assorbimento del ricorso incidentale),
cui conseguiva la cassazione della sentenza impugnata per quanto di ragione; – che, in
pendenza del giudizio di cassazione, era stata avanzata istanza di correzione dell’errore
contenuto nella sentenza impugnata, la quale veniva, tuttavia, dichiarata inammissibile
con ordinanza n. 65 del 2008 e, così analogamente, altra istanza di correzione veniva
rigettata dal Tribunale di Trento con ordinanza del 28 luglio 2008; – che,
successivamente, a seguito della formulazione di una ulteriore richiesta di correzione, la
Corte di appello di Trento, con ordinanza del 16 novembre 2010 (notificata il 18
novembre 2010), aveva accolto l’istanza, disponendo — ai sensi dell’art. 288 c.p.c. — che
la sentenza del Tribunale di Trento n. 572 del 2004 (che era stata confermata in appello)
venisse corretta nel senso che ove era stato attribuito il lotto 1 agli attori congiuntamente
e il lotto 2 e 3 unitariamente ai convenuti Martinelli Ivo e Carmen dovesse, invece,
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congiuntamente ai convenuti Martinelli Ivo e Carmen con la quota di 1/2 ciascuno; – che

intendersi che era stato attribuito il lotto 3 agli attori ed erano stati assegnati i lotti 1 e 2
congiuntamente ai predetti convenuti Martinelli Ivo e Carmen.
Sulla base della riferita descrizione dello svolgimento complessivo dei vari passaggi
processuali, i sigg. Martinelli Ivo e Martinelli Carmen impugnavano la menzionata
sentenza di primo grado n. 526 del 2004 del Tribunale di Trento come corretta con la

resistenza degli appellati, la Corte di appello di Trento, con sentenza n. 214 del 2011
(depositata 11 1 agosto 2011), dichiarava l’inammissibilità del gravame, condannando gli
appellanti alla rifusione delle spese giudiziali.
A sostegno dell’adottata decisione, la predetta Corte territoriale rilevava, innanzitutto,
l’inammissibilità della richiesta di illegittimità od inefficacia dell’impugnata ordinanza di
correzione alla stregua della sua natura non decisoria e, per il resto, riteneva altrettanto
inammissibili le altre censure con le quali erano state riprodotte le doglianze che i
medesimi appellanti avevano già svolto sia nel precedente giudizio di appello avverso la
sentenza del Tribunale di Trento sia con il ricorso per cassazione avverso la sentenza 1,
emessa dalla Corte di appello trentina, sul quale era intervenuta la sentenza n. 13112 del
2010 della Corte di legittimità.
Avverso questa sentenza della Corte trentina (notificata il 14 settembre 2011) hanno
proposto ricorso per cassazione (notificato il 14 novembre 2011) gli indicati sigg.
Martinelli Ivo e Carmen, riferito a tre motivi. Tutti gli intimati hanno resistito con un unico
controricorso. Entrambi i difensori delle parti hanno, altresì, depositato memoria
illustrativa ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per assunta
violazione e falsa applicazione degli artt. 287 e 288 c.p.c. oltre che per illogicità ed
insufficienza della motivazione, avuto riguardo alla prospettata illegittimità dell’ordinanza
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citata ordinanza del 16 novembre 2010 (adottata dalla Corte di appello trentina) e nella

di correzione impugnata che era stata emessa in data 16 novembre 2010, allorquando la
sentenza della Cassazione n. 13112 del 2010 era già stata emanata, con la
conseguenza che, essendo già stato confermato il punto oggetto di correzione con la
sentenza della Corte di appello trentina n. 261 del 2007, con sentenza errata nel merito
(nel senso che non aveva disposto la correzione del lamentato errore circa le attribuzioni

giudicato. In sostanza, quindi, con tale doglianza, i ricorrenti hanno prospettato che, nella
fattispecie, si era venuta a verificare una violazione dell’art. 287 c.p.c., dal momento che
la Corte di appello trentina aveva ritenuto inappellabile una sentenza di primo grado,
corretta, al di fuori di ogni previsione di legge, con atto teso ad incidere sulla sentenza di
appello, nel frattempo emessa e passata in giudicato, che sul punto oggetto della
correzione era viziata da errore di merito.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione e falsa applicazione
dell’art. 288, ultimo comma, c.p.c., dal momento che, con la sentenza impugnata, era
stata ritenuta non impugnabile nel merito la sentenza corretta, nel caso in cui — come
quello di specie — il punto era già stato oggetto di una sentenza di appello, impugnata
solo sul presupposto della correzione.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione degli artt. 325, 326 e 288,
ultimo comma, c.p.c., assumendo l’erroneità della sentenza del giudice di appello nella
parte in cui aveva rilevato la consumazione del potere di impugnazione ancorché fosse
stato proposto un appello avverso un punto della sentenza non risultante come esistente
nel testo della sentenza stessa, bensì come si chiedeva che fosse corretto, malgrado
questo testo corretto non fosse mai venuto ad esistenza per mancanza di correzione.
4. Rileva il collegio che i tre motivi, esaminabili congiuntamente siccome strettamente
connessi tra loro, sono fondati e devono trovare accoglimento per le ragioni che
seguono.
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delle quote operate), la relativa questione si sarebbe dovuta ritenere ormai coperta dal

La complessa e peculiare vicenda processuale — per come si evince dal complesso degli
atti del giudizio (esaminabili anche in questa sede in virtù della natura processuale del
vizio intorno al quale vedono tutte le censure prospettate con il formulato ricorso per
cassazione) trae origine da una iniziale sentenza (la n. 572 del 2004) del Tribunale di
Trento che, statuendo in ordine alla domanda di scioglimento di comunione tra le parti,

relazione supplementare redatta dal nominato c.t.u. (con la quale era stata prevista
l’attribuzione del lotto n. 3 agli attori e dei lotti 1 e 2 ai convenuti), aveva, in concreto,
statuito in sede decisoria assegnando il lotto 1 agli attori e i lotti 2 e 3 ai convenuti, in tal
senso adottando un “dictum giudiziale” difforme, quanto alle attribuzioni, dalle indicazioni
contenute nella suddetta (e fatta propria) proposta divisionale emergente dalla relazione
dell’ausiliario giudiziale.
La menzionata sentenza di primo grado veniva impugnata in appello dai sigg. Martinelli
Ivo e Carmen (attuali ricorrenti), con il cui atto veniva – tra gli altri motivi — dedotto quello
relativo alla richiesta di correzione dell’errore nell’attribuzione dei lotti. Le parti appellate
si costituivano in sede di gravame ed, oltre ad opporsi alle avverse censure (e senza
dedurre alcunché sul punto dell’errore riconducibile all’inesatta attribuzione dei lotti come
individuata con la sentenza di prime cure), formulavano appello incidentale, chiedendo,
sul presupposto della non comoda divisibilità delle particelle in comunione, l’attribuzione
dell’intero compendio, salvo conguaglio in favore degli appellanti, insistendo sulle altre
questioni di merito ed, in particolare, sulla loro intenzione di liquidare in danaro i diritti
spettanti ai sigg. Martinelli Ivo e Carmen e sulla domanda di condanna di quest’ultima al
risarcimento dei danni per il mancato impiego della somma lasciatale dalla madre per il
mantenimento dell’immobile, al quale, però, non aveva provveduto.
Con sentenza n. 261 del 2007 (depositata il 10 ottobre 2007), l’adita Corte di appello
trentina rigettava integralmente sia l’appello principale che quello incidentale, senza
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pur richiamando a tal fine — recependola – la proposta divisionale n. 1 tav. 1 della

adottare, peraltro, alcuna statuizione in ordine alla richiesta di correzione del dedotto
errore nell’attribuzione dei lotti, come in concreto prevista nella sentenza di primo grado
impugnata (malgrado il richiamo alla già indicata proposta divisionale n. 1 tav. 1 del
supplemento della relazione del c.t.u.).
I sigg. Martinelli Ivo e Carmen impugnavano, con ricorso per cassazione riferito a sette

ordine alla omessa correzione della sentenza del primo giudice come era stata richiesta
con l’appello principale. Nella resistenza delle parti intimate che proponevano anche
ricorso incidentale (che non involgeva alcuna questione relativa al menzionato errore),
questa Corte, con sentenza n. 13112 del 2010 (depositata il 28 maggio 2010), accoglieva
soltanto i motivi terzo e settimo del ricorso principale, rigettando gli altri, con conseguente
declaratoria di assorbimento del motivi formulati con il ricorso incidentale; cassava,
pertanto, in relazione ai motivi accolti (riguardanti i soli profili della mancata definizione
della divisione sulla base di tipi di frazionamento intavolabili e dell’assegnazione
congiunta ai due ricorrenti principali dei lotti ad essi attribuiti), la sentenza impugnata, /
rinviando la causa ad altra Sezione della Corte di appello di Trento.
Peraltro, in pendenza del suddetto ricorso per cassazione, gli intimati-controricorrenti
(oltre che ricorrenti incidentali) avevano chiesto, prima alla Corte di appello di Trento e
poi al Tribunale della stessa città, la correzione della sentenza di primo grado n. 572 del
2004 (confermata in appello), nella parte in cui aveva assegnato ai sigg. Martinelli
Carmen ed Ivo il lotto maggiore, comprensivo della p.e. 239. Le due istanze venivano
dichiarate inammissibili sul presupposto della inesperibilità del procedimento di
correzione anche alla stregua dell’omessa pronuncia sul punto con la sentenza di appello
n. 261 del 2007 (confermativa di quella di prime cure). Senonché, a seguito della
proposizione di una terza istanza, reiterativa di quelle precedenti, la Corte di appello di
Trento, con ordinanza depositata il 16 novembre 2010 (e, quindi, anche in data
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motivi, la menzionata sentenza di appello, senza, tuttavia, proporre alcuna censura in

successiva alla pubblicazione della predetta sentenza di cassazione n. 13112 del 2010),
richiamando l’art. 288 c.p.c., ordinava che la sentenza del Tribunale di Trento n. 572 del
2004 (che era stata confermata in appello) venisse corretta nel senso che ove era stato
attribuito il lotto 1 agli attori congiuntamente e il lotto 2 e 3 unitariamente ai convenuti
Martinelli Ivo e Carmen dovesse, invece, intendersi che era stato attribuito il lotto 3 agli

Ivo e Carmen (con la quota di un mezzo ciascuno).
A seguito dell’avvenuta notificazione (in data 18 novembre 2010) di detta ordinanza, i
sigg. Martinelli Carmen e Martinelli Ivo formulavano, con atto di citazione del 16 dicembre
2010 (ritualmente notificato), appello avverso la sentenza n. 572 del 2004 emessa dal
Tribunale di Trento, come corretta con la richiamata ordinanza della Corte di appello di
Trento del 16 novembre 2010, in esito al procedimento ex art. 288 c.p.c. (iscritto al n.
R.G. 613/2010). L’adita Corte trentina, con sentenza n. 214 del 2011 (depositata 1’11
agosto 2011), dichiarava — come già esposto in narrativa — l’inammissibilità dell’appello
così come proposto, condannando gli appellanti alla rifusione delle spese giudiziali.
Infine, quest’ultima sentenza pronunciante sull’appello dei sigg. Martinelli Carmen ed Ivo
è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione sulla base dei tre motivi precedentemente
riportati.
Ciò posto, osserva il collegio che, avuto riguardo al tipo di sentenza impugnata nella
presente sede di legittimità, occorre rilevare, in via pregiudiziale, l’ammissibilità del
proposto ricorso, dovendosi applicare, in proposito, il principio — ormai recepito dalla più
recente giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., SS.UU., n. 390 del 2011 e Cass., sez.
2, n. 3712 del 2001) — secondo cui “l’individuazione del mezzo di impugnazione
esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va effettuata ponendo
esclusivo riferimento alla qualificazione data dal giudice all’azione proposta con il
provvedimento impugnato, a prescindere dalla sua esattezza e dalla qualificazione
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attori ed erano stati assegnati i lotti 1 e 2 congiuntamente ai predetti convenuti Martinelli

dell’azione data dalla parte, e ciò in base al principio dell’apparenza e della buona
fede processuale ed al fine di escludere che la parte possa conoscere <>, ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di impugnazione esperibile”.

Pertanto, avendo la Corte trentina qualificato l’impugnazione dinanzi a sé proposta come
appello ed avendo deciso in funzione di giudice di appello, il ricorso per cassazione deve

Peraltro, in tema di procedimento di correzione di errori materiali, l’art. 288 c.p.c., nel
disporre che le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel
termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione,
appresta uno specifico mezzo di impugnazione, che esclude l’impugnabilità per altra via
del provvedimento alla luce del disposto dell’art. 177, terzo comma, n. 3, c.p.c., a tenore
del quale non sono modificabili né revocabili le ordinanze per le quali la legge prevede
uno speciale mezzo di reclamo. Pertanto (diversamente da quanto ritenuto con la
sentenza qui impugnata, che ha ravvisato l’inammissibilità dell’impugnazione proposta),
deve ritenersi che (solo) la sentenza corretta resta impugnabile, con lo specifico
mezzo di volta in volta previsto, proprio al fine di verificare se, in virtù del
surrettizio ricorso al procedimento in esame, sia stato in realtà violato il giudicato
eventualmente già formatosi (cfr. Cass. n. 5950 del 2007 e, da ultimo, Cass. n. 16205

del 2013).
E nella fattispecie — in conformità alla ragioni dedotti con le formulate censure — si è
venuta proprio a verificare la particolare situazione processuale (per quanto evincibile dal
riportato svolgimento complessivo del giudizio) in virtù della quale, pur essendo stato
dedotto con l’appello avverso la sentenza di primo grado del Tribunale di Trento n. 572
del 2004 il relativo errore materiale (nei termini più volte precedentemente indicati e
senza che lo stesso, peraltro, dovesse costituire necessariamente oggetto di uno
specifico motivo di impugnazione, emergendo, pacificamente, in ogni caso dalle
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ritenersi ammissibile.

deduzioni difensive svolte in sede di gravame), la Corte di appello di Trento, con la
sentenza di secondo grado n. 261 del 2007, aveva omesso qualsiasi specifica pronuncia
al riguardo, pervenendo, anzi, alla conferma integrale della sentenza di prime cure (per
effetto del rigetto sia dell’appello principale che di quello incidentale), in tal senso
lasciando ferma la statuizione di merito adottata con la sentenza impugnata anche con

oltretutto, già correttamente rilevato con le due precedenti ordinanze di inammissibilità
dell’istanza di correzione).
Quest’ultimo aspetto (anche con riferimento al vizio di omessa pronuncia) non ha,
successivamente, formato oggetto di censura con i ricorsi per cassazione (principale ed
incidentale) in ordine ai quali è stata emessa la sentenza di questa Corte n. 13112 del
2010 (la cui cassazione parziale della sentenza impugnata – relativamente al terzo ed al
settimo motivo del ricorso principale – non aveva determinato alcun effetto espansivo, ai
sensi dell’art. 336, comma 1, c.p.c. , sulla parte della sentenza di appello implicante la
conferma delle assegnazioni dei lotti ai condividenti) con la conseguenza che, con
l’instaurato procedimento di correzione definito con l’ordinanza di accoglimento
depositata il 16 novembre 2010, la Corte di appello di Trento (peraltro sprovvista di una
propria legittimazione a decidere in relazione alla specifica istanza, poiché – a seguito
della parziale declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 287 c.p.c. — la correzione
degli errori materiali della sentenza di merito va chiesta al giudice che l’ha pronunciata
“anche se contro di essa sia stato proposto appello”) è pervenuta ad una illegittima
violazione del giudicato già formatosi sul punto relativo all’attribuzione dei lotti individuata
con la predetta sentenza del Tribunale di Trento n. 572 del 2004, confermata
integralmente con la sentenza di appello.
5. Alla stregua delle complessive ragioni svolte, quindi, la Corte territoriale non sarebbe
dovuta pervenire ad una declaratoria di inammissibilità del rimedio impugnatorio
lo

riferimento alle attribuzioni dei lotti come con la medesima disposte (per quanto,

ibroposto, dovendo, invece, in accoglimento dello stesso, dichiarare la nullità
dell’ordinanza depositata in data 16 novembre 2011 con la quale era stata disposta la
correzione della sentenza di primo grado del Tribunale di Trento n. 572 del 2004, in
dipendenza del giudicato ormai formatosi sul punto relativo all’attribuzione dei lotti per
come disposta con la sentenza da ultimo richiamata.

cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, non essendo necessari ulteriori
accertamenti al fine di ritenere l’illegittimità della predetta ordinanza di correzione.
Avuto riguardo alla peculiarità e complessità delle questioni giuridiche prospettate,
dipendenti anche dallo svolgimento particolare del giudizio e dalla natura della
controversia, ritiene il collegio che sussistono, obiettivamente, gravi ragioni che
legittimano la pronuncia di integrale compensazione delle spese tra le parti sia del
giudizio definito con la sentenza qui impugnata che di quelle della presente fase di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, pronunciando
sull’appello proposto nell’interesse di Martinelli Ivo e Martinelli Carmen, dichiara la nullità
dell’ordinanza impugnata della Corte di appello di Trento depositata il 16 novembre 2010.
Compensa interamente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso nella camera di consiglio della 2A Sezione civile in data 27 novembre 2013.

In tal senso, in definitiva, in accoglimento del formulato ricorso, deve provvedersi, previa

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