Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7107 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. I, 12/03/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 12/03/2021), n.7107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6207/2019 proposto da:

O.C., rappresentato e difeso dall’Avv. Andrea Maestri,

giusta mandato in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente –

avverso il decreto n. 129/2019 del Tribunale di VENEZIA del 9 gennaio

2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con decreto del 9 gennaio 2019, il Tribunale di Venezia ha rigettato il ricorso proposto da O.C., cittadino nato in (OMISSIS) ((OMISSIS)), avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Il richiedente ha dichiarato di avere lasciato il proprio paese a causa di problemi legati ai terreni di suo padre, di cui si voleva appropriare la comunità; che, in seguito a questi litigi, i suoi genitori erano stati uccisi e che era fuggito essendo l’unico figlio maschio.

3. Il Tribunale non ha ritenuto credibile il racconto del ricorrente, mettendo in evidenza una serie di contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni rese e ha, quindi, rigettato la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); non ha ravvisato, alla luce delle fonti richiamate, la sussistenza di un conflitto armato interno che potesse comportare una minaccia individualizzata a danno del ricorrente e ha escluso che la vicenda del ricorrente presentasse profili di vulnerabilità, ritenendo in ogni caso ostativa al mancato riconoscimento della protezione umanitaria la ritenuta non credibilità della storia narrata.

4. O.C. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a tre motivi.

5. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente si duole della mancata concessione della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 assumendo che dalle fonti internazionali emergeva l’esistenza in (OMISSIS) una situazione di forte instabilità politica e che la circostanza che egli proveniva da una zona del Paese meno direttamente coinvolta non era rilevante ai fini dell’esclusione del riconoscimento della protezione sussidiaria.

1.1 Il motivo è inammissibile.

1.2 Senza prescindere dalla circostanza che il ricorrente non ha ricondotto alcuna delle censure sollevate con i tre motivi di ricorsi ai numeri di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 va osservato che la valutazione della domanda di protezione internazionale deve avvenire, a mente del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a), tramite l’apprezzamento di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese di origine al momento dell’adozione della decisione.

Il successivo comma 5 della norma stabilisce che qualora taluni elementi o aspetti delle dichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove, essi sono considerati veritieri se l’autorità competente a decidere ritenga che le dichiarazioni siano coerenti e plausibili e non siano in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone (lett. c).

Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, prevede, poi, l’obbligo di esaminare ciascuna domanda alla luce delle informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti asilo.

Queste norme dunque, oltre a sancire un dovere di cooperazione del richiedente asilo consistente nell’allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, pongono a carico dell’autorità decidente un più incisivo obbligo di informarsi in modo adeguato e pertinente alla richiesta, soprattutto con riferimento alle condizioni generali del paese d’origine, allorquando le informazioni fornite dal richiedente siano deficitarie o mancanti (Cass., 10 giugno 2020, n. 11175; Cass. 10 aprile 2015, n. 7333).

Una simile verifica officiosa deve essere compiuta con riguardo alla situazione del paese sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 20 maggio 2020, n. 9230; Cass., 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 28 giugno 2018, n. 17075).

1.3 La pronuncia in esame si è uniformata ai principi sopra richiamati avendo esaminato la situazione generale esistente nel paese di origine del ricorrente in modo specifico e dando conto delle fonti di informazione consultate a pag. 8 del provvedimento impugnato.

Il Tribunale, infatti, dopo avere correttamente affermato l’insussistenza delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) in ragione della ritenuta non credibilità del racconto del richiedente, ha escluso la sussistenza di situazioni di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)) valorizzando la specifica situazione politica ed istituzionale esistente nella zona di provenienza del ricorrente.

In particolare, il Tribunale ha affermato che la situazione di conflitto dovuto al terrorismo islamico era localizzata nel nord est della (OMISSIS) a causa delle attività poste in essere dal gruppo terroristico di (OMISSIS) e non nella zona del Sud di provenienza del ricorrente e che, nell'(OMISSIS), non risultavano attacchi a fondo terroristico, verificandosi scontri legati nello specifico allo sfruttamento di pozzi petroliferi, ai quali il richiedente era estraneo.

1.4 Alla luce degli enunciati principi, la censura del ricorrente si risolve in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che richiede che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Cass., 13 agosto 2018, n. 20721).

1.5. Il ricorrente, peraltro, richiama in modo estremamente generico, a pag. 5 del ricorso per cassazione, alcune fonti, non indicando nemmeno il periodo temporale di riferimento, e nel denunciare la violazione della normativa sulla protezione sussidiaria riporta affermazioni che riguardano il nord della (OMISSIS).

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la irretroattività del D.L. n. 113 del 2008 e l’applicabilità in materia di protezione umanitaria del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

2.1 Con riferimento al motivo in esame, è sufficiente evidenziare che il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte del 13 novembre 2019, n. 29459, secondo cui il diritto alla protezione, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta a ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile, con il conseguente corollario che la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito dalla L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina contemplata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dalle altre disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge.

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 16 in relazione alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e la violazione degli artt. 24 e 113 Cost., lamentando che il provvedimento di revoca del gratuito patrocinio era illegittimo, abnorme e carente di motivazione.

3.1 il motivo è inammissibile.

3.2 Questa Corte, al riguardo, ha affermato che il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, comunque pronunciato, sia con separato decreto, che all’interno del provvedimento di merito, deve essere sempre considerato autonomo e di conseguenza soggetto ad un separato regime di impugnazione ovvero l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15 e contro tale provvedimento è ammesso il ricorso ex art. 111 Cost. mentre è escluso che della revoca irritualmente disposta dal giudice del merito possa essere investita la Corte di cassazione in sede di ricorso avverso la decisione (Cass., 28 luglio 2020, n. 16117).

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla deve disporsi sulle spese poichè l’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

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