Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7103 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. I, 12/03/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 12/03/2021), n.7103

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – rel. Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35059/2018 proposto da:

A.B., elettivamente domiciliato in Aosta, Via Porta Pretoria,

n. 27, presso lo studio dell’Avv. Gianfranco Sapia, che lo

rappresenta e lo difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 23/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/12/2020 da Dott. ACIERNO MARIA;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO RITA, che chiede

alla Corte l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Torino con decreto n. 5362/2018 ha rigettato il ricorso promosso dal cittadino senegalese, A.B., avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale, con il quale richiedeva il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ed, in via subordinata, della protezione umanitaria.

Il richiedente ha dichiarato di essere sempre vissuto nella regione del (OMISSIS) nel sud del (OMISSIS) e di essersi arruolato nel 2010 con i ribelli del movimento indipendentista (OMISSIS), presso il quale ha svolto il ruolo di istruttore di karate, essendo cintura rossa. Nel (OMISSIS), dopo la morte del padre, tornando a casa dalla madre e dalla sorella, scoprì che gli zii si erano spartiti il bestiame del defunto padre. Alla richiesta di riavere indietro gli animali sottratti, essi minacciarono il nipote di denunciarlo ai soldati per aver fatto parte dei ribelli. Ne scaturì una lite a seguito della quale il richiedente colpì alla testa uno degli zii e, nel timore che l’altro zio si rivolgesse ai soldati, fuggì dal (OMISSIS).

Le ragioni che il Tribunale ha posto a fondamento della decisione sono state le seguenti.

In primo luogo, il racconto del richiedente non è stato ritenuto attendibile, in quanto sfornito di elementi oggettivi di prova, nonchè incoerente su alcuni punti e contraddittorio sull’ordine cronologico dei fatti. Precisamente, alla specifica domanda se fosse mai stato iscritto al movimento (OMISSIS) egli ha risposto di no, salvo poi raccontare di avervi fatto parte per tre anni. Inoltre, lo stesso non ha riferito alcun episodio persecutorio concreto, limitandosi a prospettare una mera possibilità di denuncia.

Alla luce di tale valutazione, il Tribunale ha escluso la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione internazionale ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Tantomeno ha ritenuto sussistente la fattispecie di danno grave di cui al medesimo art. 14, lett. C per mancata integrazione sia del requisito oggettivo inerente alla situazione di violenza indiscriminata presente nel Paese di origine, che del requisito soggettivo della personalizzazione del rischio. Quanto al primo, ha affermato che i riferimenti alla situazione attuale del (OMISSIS) contenuti nel ricorso erano generici poichè relativi a zone molto distanti da quella di provenienza del richiedente. In merito al secondo, dalla vicenda raccontata non sono emersi fattori individualizzanti del rischio effettivo di subire una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona.

Da ultimo, è stato negato il riconoscimento della protezione umanitaria dal momento che il richiedente non è credibile e, di conseguenza, si deve escludere che possa subire persecuzioni o danni gravi in caso di rimpatrio; che la situazione socio-politica del (OMISSIS) non appare così grave da porre la totalità dei suoi cittadini in condizioni di vulnerabilità; infine, che le personali difficoltà del richiedente riportano ad una condizione generalizzata comune a tutti i richiedenti asilo. Si deve inoltre escludere che la partecipazione alle varie attività attuate in sede di accoglienza possa comprovare uno stabile inserimento nel contesto nazionale.

Avverso la decisione del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero. Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva. Il Sostituto Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso di lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 11, lett. a) posto che il ricorrente aveva chiesto in via istruttoria che venisse disposta la sua audizione per superare la ritenuta incoerenza delle sue dichiarazioni. Il Tribunale, pur fissando udienza per la comparizione delle parti, non svolgeva di fatto idonea audizione, limitandosi all’acquisizione e verbalizzazione di poche e pressochè inutili dichiarazioni, senza condurre un esame approfondito ed effettivo.

La censura non supera il vaglio di ammissibilità per difetto di specificità considerato che la difesa si è limitata ad affermare la generica necessità di un’audizione maggiormente approfondita, senza specificare i chiarimenti che il ricorrente avrebbe voluto fornire in udienza ed in che modo questi avrebbero permesso di superare i dubbi di credibilità espressi dal Tribunale e scalfire la ratio della decisione impugnata.

2. Nel secondo motivo di ricorso si censura la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. g) ed art. 8 poichè la valutazione di credibilità del ricorrente è stata condotta sulla base di una serie di congetture non conformi ai suddetti parametri legislativi. Precisamente, il Tribunale ha assunto le sue conclusioni basandosi sulla mera lettura del verbale di audizione redatto dalla C.T., senza concedere al ricorrente la possibilità di fornire chiarimenti sugli specifici dubbi posti a fondamento del giudizio di inverosimiglianza.

Il motivo di ricorso è inammissibile in quanto finalizzato a contestare nel merito la valutazione in ordine alla credibilità del ricorrente, la quale, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità solo come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o come mancanza assoluta di motivazione, come motivazione apparente, perplessa ed obiettivamente incomprensibile (Cass. Sez. 1, n. 3340 del 2019). Nel caso di specie, il Tribunale ha adeguatamente motivato le sue conclusioni, evidenziando gli elementi sulla base dei quali ha ritenuto carente di attendibilità il racconto del ricorrente, tanto con riferimento alla mancanza di riscontri oggettivi, quanto alla carenza di coerenza interna ed alle rilevate contraddizioni cronologiche.

3. Con il terzo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per avere il Tribunale omesso di esaminare i fatti allegati al ricorso di primo grado con riferimento alle minacce subite ed alle condizioni di detenzioni in (OMISSIS); nonchè per avere ritenuto che la mancata deduzione da parte del ricorrente di essere sottoposto a procedimento penale comprovasse l’assenza del rischio attuale e di subire un danno grave ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b). Le ipotesi contemplate dalla disposizione normativa non sono connesse alla sola esistenza attuale di un procedimento penale, ma sono da intendere come rischio generale di essere sottoposti a pene o trattamenti inumani e degradanti in caso di rimpatrio quali ritorsioni, carcerazione, o procedimenti penali.

Il motivo di ricorso non supera il vaglio di ammissibilità per le ragioni che seguono. Il Tribunale ha tenuto conto dei fatti narrati dal ricorrente e, ritenendo che non fossero attendibili, ha consequenzialmente escluso che gli stessi potessero legittimare il riconoscimento delle forme di protezione richieste. In tal modo ha operato conformemente alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale il vaglio positivo di credibilità si pone come presupposto necessario del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) dovendo i rischi che il ricorrente asserisce di poter subire essere effettivi ed individuali e non configurabili in via meramente ipotetica o di supposizione (Cass., Sez. 1, n. 10286/2020; Cass., Sez. 3, n. 11936/2020).

4. Nel quarto motivo di ricorso si censura la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 nonchè l’omesso esame della situazione di violenza generalizzata del (OMISSIS), allegata in sede di merito. Dal momento che la provenienza del ricorrente dalla regione del (OMISSIS) non è stata messa in dubbio, il Tribunale avrebbe dovuto esercitare i propri poteri officiosi ed esaminare la domanda alla luce di informazioni precise ed aggiornate sul Paese di origine, tenuto conto che nel ricorso di merito sono state allegate autorevoli fonti internazionali relative alla situazione socio-politica del (OMISSIS), del tutto ignorate nel corso del procedimento.

Il motivo è manifestamente fondato tenuto conto che nel caso di specie il giudice di merito ha omesso di accertare le condizioni sociopolitiche della specifica zona di provenienza indicata dal ricorrente ((OMISSIS)). Invero, ritenendo che le fonti informative allegate nel ricorso di merito fossero “generiche, in quanto relative a regioni geograficamente molto distanti da quella di provenienza del ricorrente”, ha negato la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), omettendo in toto di verificare se il (OMISSIS) sia caratterizzato da una situazione di violenza indiscriminata e diffusa come previsto dalla norma citata. Così operando, è venuto mento al proprio dovere di cooperazione istruttoria che, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 gli impone di esaminare la domanda alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine del richiedente (Cass., Sez. 1, n. 19224 del 2020).

Deve evidenziarsi un ulteriore profilo di illegittimità del provvedimento impugnato posto che il giudice di merito ha erroneamente ritenuto che ai fini dell’integrazione dell’ipotesi di danno grave di cui all’art. 14, lett. c fosse necessario verificare anche la sussistenza di un diretto coinvolgimento individuale del ricorrente nella situazione di pericolo. Invero, risulta principio consolidato di questa Corte quello secondo il quale l’ipotesi di danno grave di cui alla lett. c), diversamente da quelle di cui alle precedenti lett. a) e b), non richiede alcuna personalizzazione del rischio, essendo sufficiente che il richiedente offra gli elementi indispensabili per verificare il Paese o la regione di provenienza, e dovendo il giudice accertare anche d’ufficio se effettivamente nella zona indicata la violenza indiscriminata sia di intensità tale da far rischiare a chiunque vi si trovi di subire una minaccia grave alla vita o alla persona (Cass., Sez.1, n. 13940 del 2020; Cass., Sez. 6-1, n. 16275 del 2018).

5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, posto che il giudice di prime cure ha omesso di considerare la documentazione lavorativa allegata in giudizio comprovante il raggiungimento di una stabile integrazione in Italia da parte del ricorrente, il quale è stato avviato all’attività di cuoco con contratto di tirocinio retribuito con 500,00 Euro mensili. Dunque, la situazione di insicurezza presente in (OMISSIS), unitamente alle pesanti ripercussioni che l’interruzione del suddetto percorso lavorativo avrebbe sul ricorrente, non possono che legittimare il riconoscimento della protezione umanitaria.

Il quinto motivo è assorbito.

In conclusione, la Corte dichiara inammissibili i primi tre motivi di ricorso, accoglie il quarto ed assorbe il quinto. Cassa e rinvia al Tribunale di Torino in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e dichiara assorbito il quinto. Cassa e rinvia al Tribunale di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

 

 

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