Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7102 del 12/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/03/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 12/03/2020), n.7102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20723-2018 proposto da:

A.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IPPONIO, 8,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO FERRI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2021/17/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 28/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI

ROBERTO GIOVANNI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

A.D. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro l’Agenzia delle Entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Lazio indicata in epigrafe che ha ritenuto fondato l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Roma, la quale aveva annullato l’avviso di accertamento di revisione del classamento. La CTR ha ritenuto che le ragioni esposte dall’Ufficio nell’atto impugnato fossero pienamente sostenute da elementi di riscontro, aggiungendo che le caratteristiche dell’immobile giustificavano la revisione.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, l’inammissibilità dell’appello proposto dell’Ufficio per violazione dei termini di cui all’art. 326 c.p.c. e al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 49-51. La CTR avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello dell’Ufficio, in quanto proposto oltre i termini stabiliti dalla legge.

Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’inammissibilità dell’appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Ufficio per tardività e decadenza dei termini ad impugnare.

Con il terzo motivo la ricorrente prospetta la violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 335 e 336, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La CTR avrebbe errato nell’accogliere l’appello dell’Ufficio e confermare la legittimità dell’atto, avendo omesso di considerare che l’immobile del ricorrente non avrebbe dovuto essere oggetto di revisione essendo già stato oggetto di dichiarazione di variazione.

Il primo e il secondo motivo, attenendo all’inammissibilità dell’appello, possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati.

Giova ricordare che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51, stabilisce che se la legge non dispone diversamente il termine breve per impugnare la sentenza della commissione tributaria provinciale è di sessanta giorni, decorrente dalla sua notificazione ad istanza di parte.

Ora, risulta dagli atti che la sentenza di primo grado è stata notificata in data 26.09.2016, come emerge dall’avviso di ricevimento prodotto in copia all’interno del ricorso presentato dall’odierno ricorrente.

Da ciò consegue che l’impugnazione avrebbe dovuto essere proposta entro la data del 25.11.2016. Poichè l’appello venne notificato solo il 28.11.2016, e dunque ben oltre il termine di sessanta giorni, ne consegue che ha errato la CTR nel considerare tempestiva l’impugnazione.

Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, dovendosi dichiarare l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di merito, dovendosi invece porre a carico dell’Agenzia le spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e decidendo senza rinvio dichiara inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado.

Compensa le spese del giudizio di merito e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore del ricorrente in Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2020

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