Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7100 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. I, 03/03/2022, (ud. 13/01/2022, dep. 03/03/2022), n.7100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29148/2015 proposto da:

Hiphar Ltd, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Eleonora Duse n. 35, presso

lo studio dell’avvocato Pappalardo Francesco, che la rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore fallimentare

Dott. Z.B., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Principessa Clotilde n. 7, presso lo studio dell’avvocato Altieri

Giorgio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Demuro

Stefano, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Comune di Pula, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Paola Falconieri n. 100, presso lo studio

dell’avvocato Fiecchi Paola, rappresentato e difeso dall’avvocato

Macciotta Giuseppe, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAGLIARI, del 23/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2022 dal cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Con ricorso depositato in data 29/12/2014, la società di diritto inglese Hiphar LTD, premettendo di essere socia della società fallita (OMISSIS) SRL (di seguito, (OMISSIS)) e di essere stata ammessa al passivo del fallimento quale creditore postergato ex art. 2467 c.c. per l’importo di Euro 3.213.356,60=, propose impugnazione di credito ammesso, R.D. n. 267 del 1942, ex artt. 98 e 99 avverso il decreto di esecutività dello stato passivo emesso in data 24/11/2014. L’impugnazione riguardava il credito insinuato dal Comune di Pula per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, oltre sanzioni ed interessi sino alla data del fallimento, ed ammesso in via chirografaria per l’importo di Euro 628.028,04=.

2. Come si evince dal decreto del Tribunale di Cagliari impugnato, Hiphar, a fondamento dell’opposizione, ebbe a:

– richiamare la domanda presentata da (OMISSIS) per poter esercitare l’attività di “turismo rurale” in alcuni locali dell’azienda, previo intervento di adeguamento, ferma restando la destinazione d’uso agricolo attribuita in precedenza dal Comune;

– evidenziare che il progetto era stato approvato dal Comune nell’agosto del 2010, con l’imposizione di alcune limitazioni tipiche dell’attività agrituristica quali il limite dei venti posti letto, il divieto di aumento delle volumetrie costruite, nonché la non applicazione degli oneri di urbanizzazione, in forza di una circolare dell’assessorato regionale al turismo;

– allegare che l’attività svolta dalla società poi fallita, dal giugno a settembre dell’anno 2011, era stata di tipo solamente agrituristico, e che nel settembre 2011 il Comune aveva revocato l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di turismo rurale.

Assunse Hipar che la L.R. sarda n. 27 del 1998, art. 8 nel disciplinare il turismo rurale, non aveva previsto alcun cambio di destinazione d’uso dei fabbricati già esistenti, deducendo da ciò che il legislatore regionale aveva voluto escludere il turismo rurale dall’assoggettamento al cambio di destinazione d’uso dei fabbricati destinati ad attività ricettiva.

Rimarcò inoltre che, a suo parere: i) il Comune di Pula aveva perso ogni diritto al pagamento degli oneri dal momento che aveva revocato l’autorizzazione; ii) la quantificazione del credito ammesso non era corretta; iii) nessuna comunicazione relativa al calcolo degli oneri di urbanizzazione era mai pervenuta alla fallita (OMISSIS) che aveva rappresentato ai funzionari comunali di non dovere alcunché.

3. Il Fallimento di (OMISSIS) contestò l’opposizione e ne chiese il rigetto, e così anche il Comune di Pula.

4. Il Tribunale, rigettando l’opposizione, ha premesso che:

– La società, con istanza presentata in data 30 novembre 2009 tramite D.U.A.A.P. (Dichiarazione Unica Autocertificativa per la realizzazione di un intervento relativo ad Attività Produttive), chiese di essere autorizzata all’avvio dell’attività di “turismo rurale” e, più nello specifico, di “attività ricettiva e ristorativa (somministrazione alimenti e bevande) con opere interne”;

– Nell’istanza venne specificato che si intendeva utilizzare parte delle strutture aziendali esistenti per attività di turismo rurale e venne allegato, tra i documenti necessari, il progetto delle opere da realizzare;

– Il Comune di Pula autorizzò (OMISSIS) ad avviare “una nuova attività imprenditoriale: turismo rurale attività ricettiva e ristorativa (somministrazione alimenti e bevande) con opere interne” con le prescrizioni indicate da parte della stessa società, con il provvedimento n. 8 del 18 giugno 2010 (“Provvedimento finale conclusivo del procedimento con Conferenza dei Servizi), atto finale del procedimento unico disciplinato dalla L.R. sarda n. 3 del 2008, art. 1, commi 16 e ss..

Il Tribunale, quindi, dopo aver ricordato che nel procedimento unico previsto dalla citata legge regionale sarda “confluiscono tutti i provvedimenti amministrativi relativi alle attività economiche produttive di beni e servizi e di tutti i procedimenti amministrativi inerenti alla realizzazione, all’ampliamento, alla cessazione, alla riattivazione, alla localizzazione e alla rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie”, ha statuito: “si può quindi affermare che l’accoglimento dell’istanza ha comportato il mutamento di destinazione d’uso delle strutture interessate, dall’originaria destinazione “agricola” alla destinazione ricettiva per il “turismo rurale”” (fol. 5/6 decr. imp.).

Avendo, quindi, accertato che l’intervento autorizzato comprendeva la realizzazione di consistenti “opere interne” che concretavano un intervento edilizio, ha ritenuto applicabile la norma generale di cui all’art. 16 T.U. Edilizia, secondo la quale il rilascio del permesso a costruire – che il Tribunale ha ritenuto integrato dal provvedimento n. 8 del 18 giugno 2010 – comporta la corresponsione di un contributo di costruzione.

Ha escluso, inoltre, l’applicazione dell’esenzione di cui all’art. 17, comma 3 T.U. Edilizia, osservando che: i) la società fallita aveva chiesto l’autorizzazione per la realizzazione di opere per lo svolgimento di attività di “turismo rurale” e non di attività di “agriturismo”; ii) la società fallita non era imprenditore agricolo, come accertato dalla sentenza emessa dalla Corte di legittimità n. 490/2015.

Ha soggiunto che la revoca della autorizzazione, intervenuta nel settembre del 2011, non esonerava (OMISSIS) dal pagamento del dovuto.

In riferimento agli oneri di urbanizzazione, ha affermato che il rilascio del titolo autorizzativo edilizio si configura come fatto costitutivo dell’obbligo giuridico del concessionario, per ciò solo tenuto a corrispondere il relativo contributo.

In riferimento al c.d. costo di costruzione, ha osservato che si tratta di una prestazione patrimoniale correlata all’incremento di ricchezza derivante dall’attività edilizia svolta, ed è dovuta in relazione ai “vantaggi economici” connessi alla trasformazione edilizia, rimarcando che, nel caso di specie, l’attività di “turismo rurale” era stata svolta da giugno a settembre 2011.

Ha anche accertato che (OMISSIS) – contrariamente a quanto sostenuto dall’opponente – aveva avuto piena conoscenza legale della richiesta di pagamento degli oneri di cui è causa e del loro ammontare, comunicata con nota n. 18020 dell’8/8/2011 (con raccomandata A.R. consegnata il 29/8/2011, prima della revoca dell’autorizzazione) e con successiva diffida n. 13324 del 6 luglio 2012, entrambe ritualmente notificate.

Ha, quindi rilevato che nessuna contestazione era stata mossa in merito alla originaria quantificazione degli oneri, ma esclusivamente al fatto che fosse stato liquidato un importo pari circa al “doppio di quanto dovuto” che, tuttavia, era conseguenza dell’applicazione delle sanzioni e del decorso degli interessi.

5. Hiphar LTD ha proposto ricorso per cassazione con quattro mezzi corredato da memoria. Il Fallimento di (OMISSIS) SRL ha replicato con controricorso, e così il Comune di Pula.

Il Fallimento ha depositato anche memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Il ricorso è articolato nei seguenti quattro motivi, così rubricati:

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.;

II) Violazione e falsa applicazione della L.R. sarda n. 3 del 2008 e, in particolare, dell’art. 19;

III) Violazione e falsa applicazione degli artt. 16 e 17 T.U. Edilizia;

IV) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; nullità del decreto e del provvedimento per omessa pronuncia.

1.2. La ricorrente, che opta per una trattazione unitaria, deduce:

– l’erroneità della decisione del Tribunale sul piano logico/giuridico, laddove questi ha ritenuto che all’accoglimento dell’istanza presentata il 30/11/2009 fosse conseguito il cambiamento della destinazione d’uso delle strutture interessate. Sul punto, la ricorrente rappresenta che l’istanza non prevedeva un cambio di destinazione d’uso e precisava espressamente che l’attività non era soggetta ad oneri accessori in quanto attività agricola, così come la connessa autorizzazione rilasciata incondizionata, priva di prescrizioni, in aderenza all’istanza, e senza prevedere cambi di destinazione d’uso; e ne trae la conseguenza che il giudice di merito avrebbe dovuto dedurre l’insussistenza di credito connesso ad oneri concessori (fol. 15 del ric.);

– l’erroneità dell’equiparazione del provvedimento n. 8 del 18 giugno 2010, di cui si discute, al permesso a costruire ex art. 16 T.U. Edilizia (fol. 16 del ric.);

– l’omessa presa di posizione e l’omessa pronuncia su questioni controverse e decisive, che prospetta trascrivendo l’opposizione e tutte le argomentazioni ed i rilievi di fatto e giuridici ivi svolti, in merito alle quali deduce il vizio di omessa pronuncia/omessa motivazione (fol. 16/21 del ricorso);

– la non pertinenza del rilievo secondo il quale la società (OMISSIS) non era imprenditore agricolo, perché l’ammissione al passivo era avvenuta sulla base di un titolo sorto anteriormente all’accertamento compiuto dalla sezione fallimentare, che aveva riconosciuto la fallibilità di (OMISSIS) escludendo che avesse qualità di imprenditore agricolo (fol. 21 del ric.);

– l’omessa pronuncia sulla richiesta istruttoria concernente la richiesta di ordine di produzione in merito alla nota inviata da (OMISSIS) al Comune di Pula e pervenuta a questo in data 11 aprile 2011, con la quale aveva contestato di dovere alcunché (fol.22 del ric.), e dalla quale poteva evincersi che la contestazione sul quantum vi era stata.

1.3. Il ricorso, in parte inammissibile ed in parte infondato, va rigettato.

2.1. Sotto il primo profilo, preliminarmente, va rammentato che il principio di specificità del ricorso (oggi desumibile dal combinato disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3-6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) impone che quest’ultimo contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa o il controricorso (cfr., ex multis, Cass. n. 29093/2018; Cass. n. 24340/2018; Cass. n. 31082/2017; Cass. n. 1926/2015). A tanto deve aggiungersi quanto precisato dalle Sezioni Unite, secondo le quali “In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità” (Cass. Sez. U. n. 34469/2019).

2.2. Va altresì ribadito che nel giudizio di legittimità non è consentito, con le memorie di cui all’art. 378 c.p.c. e con quelle omologhe di cui all’art. 380-bis c.p.c., specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni e dedurre nuove eccezioni o sollevare questioni nuove, violandosi, altrimenti, il diritto di difesa della controparte (Cass. n. 3471/2016; Cass. n. 5503/2019)

2.3. Alla stregua di tali principi, si palesa la carenza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, del ricorso, in merito al contenuto degli atti e dei documenti (istanza, autorizzazione, richiesta di computo metrico, revoca, etc.), variamente richiamati per avvalorare la tesi della ricorrente, ma non sono stati trascritti in maniera sufficiente a focalizzare i passaggi decisivi, né accompagnati da adeguata localizzazione, tanto da riverberarsi in causa di inammissibilità delle doglianze – in special modo la prima e la seconda -, perché inidonee a consentirne l’esame. Va, inoltre, affermata l’irricevibilità della documentazione prodotta da Hiphar con la memoria, e cioè tardivamente, nonché l’inammissibilità delle circostanze di fatto e delle questioni introdotte ex novo, sempre con la memoria, in violazione del principio di specificità del ricorso.

Valga a tal fine osservare, a riprova della carenza del ricorso, che la tesi propugnata dalla ricorrente, secondo la quale l’istanza era stata accolta senza prescrizioni, non solo non è stata svolta con la specificità richiesta dai ricordati principi, atteso l’opposto accertamento in fatto compiuto dal Tribunale (non censurato per vizio motivazionale), in merito alla sussistenza proprio di prescrizioni dettate dal Comune di Pula, ma è contraddetta dalle argomentazioni svolte dalla stessa ricorrente e che riguardano, per l’appunto, l’esecuzione di alcune prescrizioni.

2.4. Va osservato, inoltre, che le censure sembrano non cogliere la ratio decidendi perché non si confrontano con la statuizione impugnata, ove è rimarcato che l’attività per cui venne chiesta l’autorizzazione era “turismo rurale” e non “agriturismo”, se non riproponendo, mediante pedissequa trascrizione, l’atto di opposizione, in palese violazione dei canoni di svolgimento del ricorso per cassazione, come giudizio a critica vincolata che deve contenere motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. n. 4905/2020).

Ciò in disparte la considerazione che l’argomento svolto per sostenere il carattere agrituristico dell’attività non è conducente: la circostanza che alcune delle prescrizioni dettate dal Comune fossero analoghe a quelle previste per l’agriturismo non è sufficiente a qualificare automaticamente l’attività per cui venne proposta l’istanza alla tipologia di intervento per “agriturismo”, sia per l’accertata natura commerciale dell’impresa, sia perché queste prescrizioni, mutuate dalla disciplina propria dell’agriturismo, potevano essere state dettate da valutazioni di opportunità, attinenti al merito amministrativo della specifica autorizzazione, senza tuttavia incidere sulla qualifica dell’attività nel suo complesso quale “turismo rurale”, come da richiesta della società (OMISSIS).

3.1. Il ricorso risulta anche infondato.

3.2. L’applicazione dell’art. 16 T.U. Edilizia è ineccepibile, attesa la qualità soggettiva della società (OMISSIS), dichiarata fallita ed assoggettata alla procedura concorsuale proprio perché priva dei requisiti di imprenditore agricolo, e la circostanza che vennero dichiarate ed eseguite consistenti opere interne, circostanza accertata dal Tribunale e non smentita dalla ricorrente.

Quanto al profilo soggettivo, va osservato che l’accertamento circa la natura “commerciale” e “non agricola” della società (OMISSIS) (confermato in sede di legittimità) è stato compiuto in base alle concrete evenienze fattuali emerse in sede di dichiarazione di fallimento ed ha avuto riguardo per l’appunto all’attività svolta dalla società prima della dichiarazione di fallimento con una presunzione che si estende a tutto il periodo pregresso, non essendo stato diversamente provato – come sarebbe stato suo onere – dalla stessa società fallenda.

Quanto al profilo oggettivo, va rammentato che la corresponsione del “contributo di costruzione” commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione è sempre dovuto ove sia rilasciato il permesso a costruire (art. 16, comma 1 T.U.E.), salvo che non ricorra una delle ipotesi in deroga.

Nel caso in esame, il Tribunale ha motivatamente ravvisato la ricorrenza del presupposto oggettivo e soggettivo ed ha escluso l’applicabilità della deroga prevista dall’art. 17, comma 3 T.U.E. “per gli interventi da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi della L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12”. Di contro, le contestazioni mosse dalla ricorrente mediante il richiamo ad atti del procedimento autorizzatorio amministrativo peccano per difetto di specificità per le ragioni già in precedenza illustrate.

3.3. Il rilascio del provvedimento autorizzatorio non ne impediva il riesame da parte dell’amministrazione che lo aveva rilasciato, né la revoca, come di fatto avvenuto, e la revoca non risulta essere stata impugnata nelle sedi competenti. Peraltro, l’onere di corrispondere il “contributo di costruzione” consegue al rilascio dell’autorizzazione, e la revoca – come sembra, nel caso di specie, attesa la carenza del ricorso in ordine al contenuto dei documenti ai quali vi è riferimento – venne disposta per il mancato versamento di detto contributo, nonostante l’avvenuta realizzazione delle opere e l’avvio dell’attività commerciale.

3.4. Non si ravvisa alcuna omessa pronuncia, atteso che il vizio d’omessa pronuncia è configurabile allorché manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto e deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (Cass. n. 1360/2016; Cass. n. 4079/2005): invero, la pronuncia in esame ha adottato una compiuta soluzione del caso concreto.

Inoltre, il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. n. 13716/2016; Cass. n. 24830/2017).

Contrariamente a quanto sembra assumere la ricorrente, la contestazione di nulla dover corrispondere – formulata avverso la richiesta di pagamento del Comune – riguardava l’an, cioè il titolo della pretesa, e non il quantum, cioè la quantificazione della pretesa, per cui la censura concernente l’omessa pronuncia relativa alla richiesta di esibizione del documento a ciò inerente non solo non risponde al modello del vizio denunciabile, ma è anche priva di decisività e non pertinente.

4. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in favore del Comune di Pula in Euro 7.000,00=, oltre Euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge, ed in favore del Fallimento (OMISSIS) SRL in Euro 8.000,00=, oltre Euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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