Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 710 del 12/01/2018

Cassazione civile, sez. VI, 12/01/2018, (ud. 17/10/2017, dep.12/01/2018),  n. 710

Fatto

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

1. – Con sentenza del 6 giugno 2016 la Corte d’appello di Roma ha respinto il reclamo proposto da L.M.F., socio di (OMISSIS) S.r.l., nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. nonchè della creditrice istante L.C., contro la sentenza che aveva dichiarato il fallimento della società.

Per la cassazione della sentenza M.M.E.M., in qualità di ultimo liquidatore della società, ha proposto ricorso affidato ad un solo motivo.

2. – L.C. ha resistito con controricorso, mentre il Fallimento non ha spiegato attività.

CONSIDERATO CHE:

3. -L’unico motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 15, comma 3, L. Fall., in combinato disposto con l’art. 2697 c.c. e in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè numero 5 per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Sostiene il ricorrente che la società non avrebbe avuto notizia della fissazione dell’udienza prefallimentare, perchè il decreto di fissazione di essa sarebbe stato notificato a mezzo PEC ad un indirizzo che il gestore del servizio aveva attribuito a due diverse società, quella poi dichiarata fallita ed un’altra con sede in Pescara, di guisa che ricorrerebbe un’ipotesi di incertezza sul perfezionamento della notificazione. Nella seconda s parte del motivo si sostiene che, in effetti; gli indirizzi PEC non erano identici (quello della fallita (OMISSIS); quello dell’altra società (OMISSIS), senza apostrofo), e che la notificazione era stata eseguita al secondo indirizzo, ossia all’altra società.

RITENUTO CHE:

4. – Il Collegio ha disposto l’adozione della modalità di motivazione semplificata.

5. -Il ricorso va accolto nei termini che seguono.

La Corte territoriale ha ritenuto in fatto che il gestore del servizio avesse effettivamente attribuito il medesimo indirizzo ((OMISSIS)) ad entrambe le società, ma ha aggiunto che “tale circostanza non appare sufficiente per superare le risultanze dell’attestazione telematica della cancelleria e della ricevuta di avvenuta consegna che vale come relata di notifica, giacchè il fatto che anche altro soggetto abbia una PEC con uguale denominazione, di per sè non importa che la fallita non abbia ricevuto la notifica (che al contrario potrebbe, in ipotesi, essere stata ricevuta da entrambi i titolari del medesimo indirizzo PEC). Il reclamante bene avrebbe potuto invece provare la circostanza lamentata, richiedendo al proprio gestore PEC idonea documentazione relativa ai messaggi di posta elettronica ricevuti nella data in cui è stata inviata la notifica della cancelleria, sì da dimostrare che tra i messaggi ricevuti non v’era quello del tribunale”.

A fronte di tale accertamento di fatto, non può avere ingresso, anzitutto la diversa ricostruzione di cui si è dato conto, secondo cui le due società avrebbero avuto due indirizzi PEC distinti ed il decreto di fissazione dell’udienza pre-fallimentare. sarebbe stato notificato all’altra-società, dal momento che il ricorso è al riguardo carente sotto il profilo dell’autosufficienza, giacchè non spiega quali elementi istruttori, dove e come acquisiti, avrebbero dimostrato l’attribuzione di due indirizzi diversi e l’effettuazione della notificazione ad una società diversa da quella poi dichiarata fallita.

Ciò detto, è da ritenere erronea la motivazione addotta dalla Corte territoriale, come emerge dal resto dalla stessa lettura di essa: il giudice di merito, difatti, ha esso stesso riconosciuto che, a fronte dell’attribuzione del medesimo indirizzo a due soggetti, e della notificazione a mezzo PEC a quell’indirizzo, può solo ipotizzarsi che il messaggio sia stato ricevuto ad entrambi gli indirizzi, il che vuol dire che può parimenti solo ipotizzarsi che il messaggio sia stato ricevuto dalla sola società fallita ovvero sia stato ricevuto soltanto dalla società estranea alla vicenda. Sicchè, in buona sostanza, non è in alcun modo dato sapere con certezza chi abbia ricevuto l’atto.

E’, questa, l’ipotesi disciplinata dall’art. 160 c.p.c., il quale sanzione di nullità la notificazione se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta. Ed invero, qualora vi sia incertezza in ordine all’identificazione del soggetto che ha ricevuto la consegna dell’atto ricorre la nullità della notificazione ove si versi come in questo caso in ipotesi di incertezza assoluta, sicchè la nullità è esclusa soltanto ove l’identità del soggetto possa comunque essere ricostruita sulla base dell’analisi complessiva del tenore dell’atto notificato e della relata di notificazione (v. Cass. 27 marzo 2007, n. 7514; Cass. 11 maggio 2005, n. 9928; Cass. 22 gennaio 2004, n. 1079; Cass. 24 marzo 2003, n. 4275, concernenti omissioni o errori nella relata).

6. – La sentenza impugnata va pertanto cassata e va dichiarata la nullità di quella di primo grado, sicchè la causa va rinviata anche per le spese al Tribunale di Roma.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara la nullità di quella di primo grado, rinviando la causa anche per le spese al Tribunale di Roma.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2018

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