Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7099 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. I, 03/03/2022, (ud. 27/01/2022, dep. 03/03/2022), n.7099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21519/2015 proposto da:

(OMISSIS) S.p.a., quale avente causa della (OMISSIS) s.p.a., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Po n. 12, presso lo studio dell’avvocato

Caputi Giuseppe, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati Cipolla Luciana, Daminelli Simona, Pesenti Marco, Romeo

Christian, Toffoletto Alberto, giusta procura in calce alla comparsa

di costituzione di nuovo difensore;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore Dott.

S.G., elettivamente domiciliata in Roma, Via Giuseppe Ferrari n. 4,

presso lo studio dell’avvocato Palladino Tiziana, rappresentata e

difesa dall’avvocato Davì Mario, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 104/2015 della CORTE D’APPELLO DI CAMPOBASSO,

depositata il 04/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/01/2022 dal consigliere Dott. Paola VELLA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 13/07/2009 il Tribunale di Campobasso, adito dalla curatela del Fallimento “(OMISSIS) S.r.l.” (aperto in data (OMISSIS)), dichiarò improcedibile la domanda di revoca L.Fall., ex art. 67, comma 1, n. 4, ovvero L.Fall., ex art. 67, comma 2, della garanzia ipotecaria, e improponibili le domande di simulazione e di revoca L.Fall., ex art. 67, comma 1, n. 2, del contratto di finanziamento del (OMISSIS) e delle due rimesse effettuate con la relativa provvista sul c/c n. (OMISSIS) intrattenuto dalla società in bonis con la banca finanziatrice (OMISSIS) S.p.a. – accogliendo invece la domanda di revoca L.Fall., ex art. 67, comma 2 (ante riforma 2006) delle rimesse effettuate in epoca successiva al (OMISSIS) sul predetto conto, oltre i limiti di fido, per complessivi Euro 180.376,54.

1.1. La Corte d’appello di Campobasso ha rigettato l’appello di (OMISSIS) S.p.a., quale mandataria di (OMISSIS) S.p.a. (subentrata al (OMISSIS) S.p.a.), ritenendo “infondate le argomentazioni svolte da parte appellante in merito alle pretese preclusioni che sarebbero derivate innanzitutto dalle statuizioni della sentenza di primo grado in tema di improcedibilità ed improponibilità e dalla loro mancata impugnazione da parte della Curatela, ed in secondo luogo dal provvedimento di ammissione del credito al passivo del fallimento” – sia pure in via chirografaria e non privilegiata (come sembrerebbe desumersi dalle deduzioni svolte a pag. 9 e 21 del ricorso) – ed ha confermato la sentenza di primo grado, stante la natura solutoria delle rimesse in questione (secondo “la ricostruzione analitica dei saldi disponibili sul conto corrente de quo”, elaborata dalla curatela “sulla base degli estratti conto relativi al periodo (OMISSIS)”) e la consapevolezza dello stato di insolvenza in capo alla banca, desunta sia “dalle modalità anomale che hanno caratterizzato l’intera operazione di mutuo e di costituzione di ipoteca” (destinazione pressoché integrale delle somme mutuate a copertura di pregressi debiti chirografari; contestuale costituzione della garanzia ipotecaria a beneficio del credito del finanziamento; discrasia tra finalità dichiarata del mutuo ed effettiva destinazione delle varie voci di spesa indicate), sia dalla vistosa riduzione della concessione di ulteriore credito nel periodo successivo (circoscritta alle cd. linee auto-liquidanti).

1.2. Avverso tale decisione (OMISSIS) S.p.a., quale avente causa della (OMISSIS) S.p.a., in forza di atto di scissione del 23/12/2014, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui il Fallimento ICLAT ha resistito con controricorso.

1.3. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con l’unico motivo proposto la banca ricorrente deduce “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 – 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., comma 1 – artt. 2727 e 2729 c.c., L.Fall., art. 67, comma 2, (applicabile ratione temporis), con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 – 4 e 5, nonché dell’art. 111 Cost.”, lamentandosi delle “erronee e contraddittorie motivazioni “per relationem” rese dalla Corte territoriale” con riguardo sia alla “presunta natura solutoria” delle rimesse per cui è causa, sia alla “presunta consapevolezza in capo alla Banca mutuataria” (recte mutuante) “dello stato di insolvenza della (OMISSIS) all’epoca della stipulazione ((OMISSIS)) del mutuo fondiario” sul conto corrente affidato n. (OMISSIS).

3. Il motivo, che veicola in modo non autosufficiente censure prettamente meritali, è inammissibile.

4. In primo luogo, la formulazione promiscua di doglianze eterogenee (segnatamente errores in iudicando, errores in procedendo e censure motivazionali) contrasta con il principio di tassatività dei motivi di ricorso per cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in base al quale una simile tecnica espositiva, se non accompagnata da un’esposizione chiara e scindibile delle singole questioni prospettate, tale da consentirne (o quantomeno da non renderne difficoltosa) l’individuazione, riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno del motivo, le singole censure riconducibili ai rispettivi parametri di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3), 4) e 5) (Cass. Sez. U, 9100/2015; conf. ex plurimis Cass. 7009/2017, 33348/2018, 26790/2018, 15834/2020, 2298/2021, 4287/2021, 5987/2021, 10156/2021, 10974/2021).

5. Peraltro, al di là dell’evocazione di plurime categorie di vizi, il motivo mira sostanzialmente a mettere in discussione l’attività valutativa dei giudici di merito rispetto alle risultanze istruttorie, senza considerare che l’errore di valutazione – investendo l’apprezzamento dell’efficacia dimostrativa della fonte di prova rispetto al fatto che si intende provare – non è mai sindacabile in sede di legittimità, poiché integra un accertamento di fatto riservato al giudice del merito (ex plurimis, Cass. 11863/2018, 29404/2017, 16056/2016).

5.1. Questa Corte ha più volte chiarito che sussiste la violazione dell’art. 115 c.p.c. solo quando il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), ovvero abbia disatteso prove legali secondo il suo prudente apprezzamento – circostanze, queste, che non ricorrono nella fattispecie in esame – mentre non è censurabile per questa via il fatto che il giudice, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. Sez. U, 20867/2020; conf. ex plurimis Cass. 29246/2021).

5.2. Analogamente, la doglianza di violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato (in assenza di diversa indicazione normativa) secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento; al contrario, ove si deduca che il giudice abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (cfr. Cass. 18092/2020), e dunque solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014; n. 34474 del 2019; n. 20867 del 2020).

6. Nel caso di specie, le dedotte censure motivazionali non rispettano i canoni del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis), che impone al ricorrente l’onere di indicare, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), il fatto storico il cui esame sia stato omesso, il dato (testuale o extratestuale) da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti e, soprattutto, la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8054/2014, 1241/2015; Cass. 19987/2017, 7472/2017, 27415/2018, 6383/2020, 6485/2020, 6735/2020), restando esclusa la possibilità di denunziare, in sede di legittimità, la mera insufficienza o contraddittorietà della motivazione (Cass. Sez. U, 33017/2018).

6.1. Va dunque ribadito che “il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. 23153/2018, 11892/2016), sia perché la contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione, non più censurabile secondo il nuovo parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sia perché con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, contrapponendovi le proprie, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità (ex plurimis Cass. 11863/2018, 29404/2017, 16056/2016).

7. Anche con riguardo alle ulteriori violazioni di legge allegate, deve ricordarsi che la denuncia del vizio ex art. 360 c.p.c., n. 3) consiste nel dedurre l’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata da una norma di legge, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 24155/2017, 6587/2017) se non, appunto, sotto il profilo motivazionale (Cass. 22707/2017, Cass. 195/2016).

7.1. E’ questo il caso delle doglianze in disamina, le quali evocano un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e si pongono perciò al di fuori dei limiti propri del mezzo di impugnazione utilizzato, traducendosi di fatto in una inammissibile richiesta di rivisitazione del merito della causa (Cass. 6939/2020, 7192/2020, 27072/2019, 29404/2017, 16056/2016).

7.2. E’ evidente, infatti, che ammettere in sede di legittimità la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti significherebbe consentire un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (Cass. Sez. U, 28220/2018).

8. Deve quindi concludersi che il ricorso, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, aspira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dai giudici di merito ed è in quanto tale inammissibile, poiché persegue surrettiziamente la trasformazione del giudizio di legittimità in un ulteriore grado di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019; Cass. 5987/2021, 8758/2017).

9. Segue la condanna alle spese in favore della controricorrente, liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto (Cass. Sez. U, 20867/2020 e 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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