Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7097 del 29/03/2011

Cassazione civile sez. un., 29/03/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 29/03/2011), n.7097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25611/2010 proposto da:

I.C., S.G., S.D.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSTABELLA 23, presso lo

studio dell’avvocato LAVITOLA LEONARDO, rappresentati e difesi

dall’avvocato PIREDDA Andrea, per delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

E.N.A.C. – ENTE NAZIONALE PER L’AVIAZIONE CIVILE – CIRCOSCRIZIONE

AEROPORTUALE DI ALGHERO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, DIRETTORE DELL’AEROPORTO DI ALGHERO, Capo della

Circoscrizione Aeroportuale pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la decisione n. 5549/2009 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 17/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/02/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO MERONE;

uditi gli avvocati Leonardo LAVITOLA per delega dell’avvocato Andrea

Piredda, Francesco CLEMENTE dell’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l’inammissibilità o comunque

rigetto del ricorso.

Fatto

I sig.ri S.A., I.C. e S.G. hanno impugnato, dinanzi al TAR per la Sardegna, una ordinanza del Direttore dell’Aeroporto di Alghero (rappresentante legale dell’E.N.A.C. Circoscrizione Aeroportuale di Alghero), con la quale veniva loro ingiunto di porre termine alla occupazione abusiva dell’area demaniale confinante con la recinzione doganale dell’aeroporto, entro sessanta giorni dalla notifica dell’ordinanza.

A sostegno della domanda introduttiva, i ricorrenti deducevano che il terreno in questione non fa parte del demanio aeronautico. Fu acquistato con contratto di diritto privato dal Ministero dei Trasporti, il quale però non ne acquisì mai il possesso, nè lo ha mai utilizzato per la struttura aeroportuale o per altro fine pubblico. Tant’è che gli stessi ricorrenti hanno anche iniziato l’azione di usucapione dinanzi al Tribunale di Cagliari.

Il TAR adito ha accolto il ricorso, sul presupposto della non demanialità del terreno in questione, riconoscendo che lo stesso era stato acquistato dall’Amministrazione con contratto di diritto privato, non era mai stato utilizzato per scopi di interesse pubblico, nè era mai stato avviato il procedimento di demanializzazione.

L’E.N.A.C. ha proposto appello eccependo il difetto di giurisdizione del TAR adito, trattandosi di questione afferente l’accertamento della demanialità del terreno in contestazione. Nel merito, ha dedotto che trattasi di terreno demaniale, in quanto intestato alla Agenzia del Demanio e che comunque si tratta di terreno utilizzato come fascia di rispetto, ai sensi dell’art. 714 c.n..

Il Consiglio di Stato, ha rigettato l’eccezione ci difetto di giurisdizione, “non essendovi dubbio alcuno sulla demanialità del bene oggetto della controversia, confinante con la recinzione doganale dell’aeroporto di Alghero; e ciò sulla base di quanto affermato nella nota dell’Agenzia del demanio di Sassari in data 21.3.2001, laddove è stata richiamata l’apposita comunicazione dell’Ufficio del territorio di Sassari secondo la quale l’area in questione (…) appartiene al Demanio pubblico dello Stato” (punto 1.

della sentenza impugnata).

Nel merito, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello dell’ENAC, in quanto “su tale area, esterna alla recinzione aeroportuale, è stata impressa la destinazione di fascia di rispetto ai sensi dell’art. 714 c.n., e di ricovero di materiali fuori uso, successivamente compresa in altra recinzione” (punto 2.1. della sentenza impugnata).

I sig.ri I.C., S.G. e D. (quest’ultima nella qualità di erede di S.A.), ricorrono per la cassazione di quest’ultima sentenza, meglio indicata in epigrafe, denunciando il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, nel merito, la non demanialità del suolo in questione. L’E.N.A.V. resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

1. Preliminarmente va esaminata la ammissibilità del ricorso con il quale i ricorrenti, dopo avere adito il giudice amministrativo ed avere difeso tale scelta anche in appello (contrastando lo specifico motivo di appello della controparte) e dopo che anche il Consiglio di Stato ha avallato la scelta iniziale, rigettando sul punto l’appello della controparte (sì che gli odierni ricorrenti non sono neanche soccombenti sulla questione di giurisdizione), contestano oggi la loro scelta iniziale, riconosciuta giusta in due gradi di giudizio.

L’apparente paradosso che caratterizza il ricorso in esame è costituito da una sorta di tardivo “pentimento” secundum eventum litis. Gli odierni ricorrenti hanno adito il giudice amministrativo, hanno contrastato l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata con i motivi di appello e, dopo essere usciti vittoriosi sul punto, impugnano la sentenza sulla base dell’interesse che deriva dalla soccombenza nel merito.

Ritiene il collegio che il ricorso sia ammissibile, anche se censurabile sotto il profilo della coerenza processuale, posto che attraverso l’odierno ricorso, le parti private esercitano una sorta di diritto di avere torto, dopo avere avuto ragione sulla questione di giurisdizione.

Il ricorso è ammissibile perchè sulla questione di giurisdizione non si è formato il giudicato, nè implicito, nè esplicito. Come è noto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche dopo l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 37 c.p.c., che ne ha delineato l’ambito applicativo in senso restrittivo, la questione di giurisdizione può essere sempre sollevata, anche in relazione alla sentenza di appello, quando una delle parti (non importa quale) abbia sollevato tempestivamente la questione stessa con i motivi di appello. Infatti, la portata dell’art. 37 c.p.c., riacquista la sua massima espansione quando il tenore della decisione (che attenga al rito o al merito, o ad entrambi) sia tale da escludere qualsiasi forma di decisione implicita o esplicita sulla giurisdizione (Cass. 24883/2008), ovvero quando la questione sia emersa entro i limiti cronologici consentiti, come nella specie.

Infatti, l’appello sul punto ha impedito la formazione del giudicato, in relazione alla sentenza di primo grado, ed il ricorso per cassazione ha impedito il passaggio in giudicato della sentenza di appello. D’altra parte, questa Corte ha già avuto modo di affermare che “l’eccezione di difetto di giurisdizione non è preclusa alla parte per il solo fatto di avere adito un giudice (nella specie, il Tar) che lo stesso attore ritiene successivamente privo di giurisdizione; ben può quindi, detta parte proporre l’eccezione per la prima volta in appello (nella specie, davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia), essendo la questione di giurisdizione preclusa solo nel caso in cui sulla stessa si sia formato il giudicato esplicito o implicito” (Cass. 26129/2010).

2. Nel merito, la questione di giurisdizione posta dai ricorrenti appare fondata. Il Consiglio di Stato ha ritenuto la propria giurisdizione sul rilievo della natura demaniale del suolo occupato dai ricorrenti, andando in contrario avviso rispetto al TAR. Questo, infatti, si è ritenuto competente, pur avendo escluso la natura demaniale del suolo in questione. Proprio sulla base di questo presupposto di fatto, l’ENAC ha eccepito il difetto di giurisdizione, rilevando, correttamente, che la controversia investe la natura demaniale del suolo in questione.

Il Consiglio di Stato, invece di prendere atto della natura della controversia, è passato alla decisione della stessa, statuendo (sulla base di documenti che avrebbero dovuto essere esaminati dal giudice competente) che il suolo in questione ha natura demaniale e facendo derivare da questa conclusione che la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo. E’ evidente l’errore in cui è incorso il Consiglio di Stato, invertendo l’ordine logico della questioni. Invece di esaminare la domanda attrice per verificare se l’oggetto del contenzioso appartiene alla giurisdizione amministrativa, ha deciso il merito della causa, stabilendo che il suolo in questione appartiene al Demanio, ed ha fatto poi derivare da questa “premessa” (rectius: conclusione), gli effetti collegati alla natura del suolo.

Correttamente, l’ENAV condividendo la tesi del TAR che si trattava di una controversia relativa ad un suolo non demaniale, ne ha tratto la conseguenza che la giurisdizione appartiene al giudice ordinario. Gli odierni ricorrenti, se credono in ciò che hanno scritto nell’odierno ricorso, avrebbero dovuto aderire all’eccezione formulata dalla controparte, ma non l’hanno fatto perchè nel merito il Tar aveva dato loro ragione. Dopo la decisione del CdS le parti private, soccombenti nel merito, ripropongono la questione di giurisdizione con la opposizione dell’ENAV (il quale nel grado precedente ha sostenuto la tesi opposta).

In definitiva, con il ricorso introduttivo le parti private chiedono una pronuncia che ha ad oggetto la proprietà, pubblica o privata, del suolo da loro occupato: la decisione di ogni altra questione è solo conseguente. Pertanto la giurisdizione, trattandosi di diritti soggettivi non attratti da giurisdizioni speciali, appartiene al giudice ordinario (v. Cass. 26726/2007).

Quanto alle spese, sussistono giuste ragioni per compensare le spese dei due gradi del giudizio di merito, conclusisi con esiti alterni.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico dei ricorrenti. Questi avrebbero potuto evitarle, se avessero lealmente aderito da subito alla eccezione di difetto di giurisdizione sollevata con i motivi di appello. Infatti, il comportamento della parte la quale soltanto all’esito del giudizio di appello solleva la questione di difetto di giurisdizione del giudice da lei stesso adito (dopo avere contrastato la stessa eccezione formulata dalla controparte) costituisce violazione del dovere di lealtà e probità delle parti, di cui all’art. 88 cod. proc. civ.. Trattasi di un comportamento processuale idoneo a pregiudicare il diritto fondamentale della parte ad una ragionevole durata del processo ai sensi dell’art. 111 Cost.. Pertanto tale condotta può determinare l’applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ., comma 1, ultima parte secondo il quale, il giudice, a prescindere dalla soccombenza può condannare una parte al rimborso delle spese che, in violazione dell’art. 88 cod. proc. civ., ha causato all’altra parte (v. Cass. 18810/2010).

PQM

La Corte accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata e rimette le parti dinanzi al giudice ordinario competente. Compensa le spese dei due gradi del giudizio di merito e, visto l’art. 92 c.p.c., comma 1 e art. 88 c.p.c., condanna le parti ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore dell’ENAV, che liquida in Euro 3000,00 (tremila/00), oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2011

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