Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7097 del 24/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2010, (ud. 24/02/2010, dep. 24/03/2010), n.7097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11940/2005 proposto da:

PIA FONDAZIONE MARIA GRAZIA BARONE in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VICOLO

ORBITELLI 31 presso lo studio dell’Avvocato CLEMENTE MICHELE,

rappresentata e difesa dall’Avvocato PACIELLO Renato giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MANFREDONIA (BA) in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2 presso lo STUDIO

PLACIDI ALFREDO, rappresentato e difeso dall’Avvocato VOLPE Luigi

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 156/2004 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA, depositata il 25/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/02/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MICHELE CLEMENTE, per delega

Avvocato RENATO PACIELLO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito per il resistente l’Avvocato LUIGI VOLPE, che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con due distinti ricorsi alla commissione tributaria provinciale di Foggia la Pia Fondazione Maria Grazia Barone proponeva opposizione avverso altrettanti avvisi di liquidazione che il Comune di Manfredonia aveva fatto notificare per il pagamento dell’Ici e degli accessori per gli anno 1998 e 1999. Esponeva che tali atti dovevano essere preceduti dall’accertamento; inoltre erano sforniti di adeguata motivazione; l’imposta pretesa era carente dei presupposti, atteso che si trattava di terreni e un fabbricato di proprietà della ricorrente, e perciò da considerarsi strumentali all’attività di assistenza agli anziani svolta da essa, sicchè tali beni dovevano ritenersi esenti dalla relativa imposizione.

Instauratosi il contraddittorio, l’ente impositore eccepiva l’inammissibilità del ricorso relativo al 1998 per tardività; nel merito adduceva la regolarità formale e la fondatezza degli atti impositivi, atteso che si basavano sulla stessa dichiarazione della contribuente, di cui aveva rettificato il reddito dominicale indicato con quello verificato, cui aveva applicato il previsto coefficiente in automatico, sicchè nessun accertamento preventivo andava operato;

la motivazione doveva ritenersi congrua, tanto che la fondazione aveva potuto approntare adeguatamente la difesa; i beni andavano tassati, perchè non erano adibiti in modo diretto all’attività svolta per la loro ingente estensione, tanto che venivano utilizzati da terzi che li conducevano in affitto, da cui la proprietaria perciò traeva profitto.

Quella commissione, riuniti i ricorsi, dichiarava inammissibile quello relativo al 1998, e rigettava il secondo con sentenza n. 208 del 2003.

Avverso la relativa decisione la contribuente proponeva appello, cui l’ente pubblico territoriale resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Puglia, sez. stacc. della stessa sede, la quale rigettava il gravame con sentenza n. 156 del 23.11.2004, osservando che il ricorso introduttivo inerente al 1998 era stato intempestivo, atteso che l’istituto dell’accertamento con adesione non era previsto nel regolamento comunale, e pertanto la relativa richiesta non poteva assumere rilievo ai fini della decorrenza del termine per impugnare l’atto impositivo. In ordine al secondo rilevava che l’avviso di accertamento non era necessario, in quanto si trattava di immobili indicati dall’appellante nella dichiarazione dei redditi con l’enunciazione di quello dominicale, cui andava semplicemente contrapposto l’altro effettivo, per determinare conseguentemente il calcolo dell’imposta da versare. Quanto alla pretesa esenzione, la CTR rilevava che i cespiti, di estensione molto rilevante, non venivano utilizzati in modo diretto per le finalità della fondazione, ma risultavano concessi in affitto, come comprovato in secondo grado, e quindi l’esenzione invocata non poteva essere riconosciuta.

Contro questa pronuncia la Pia Fondazione Maria Grazia Barone ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi.

Il Comune di Manfredonia ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la commissione tributaria regionale non considerava che l’avviso di liquidazione per l’anno 1999 doveva essere preceduto da quello di accertamento, posto che non si trattava di una semplice rettifica dei dati indicati nella dichiarazione dei redditi, bensì di calcolo d’imposta su valori del tutto differenti, peraltro senza che l’ufficio avesse motivato l’atto impositivo, nè enunciato le ragioni, per cui la richiesta esenzione non fosse stata riconosciuta.

Il motivo è infondato.

A parte quanto enunciato nella parte espositiva in fatto, va rilevato che in materia tributaria, la motivazione dell’atto impositivo, avendo la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa e di mettere il contribuente in grado di conoscere l'”an” ed il “quantum” della pretesa tributaria, per approntare idonea difesa, deve essere differenziata – anche alla luce del principio di cui all’art. 97 Cost. – in relazione alla funzione di ciascun atto impositivo.

Pertanto si deve distinguere tra l’atto, più semplificato, di mera liquidazione dell’imposta corrispondente a quanto dichiarato dal contribuente, quale l’attività di liquidazione D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 bis, avente estremamente elementare, tanto da richiedere procedure automatizzate, come nella specie, e quello di vero e proprio accertamento di un’imposta perchè non dichiarata o maggiore di quella dichiarata, che richiede, invece, un’adeguata motivazione (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 13335 del 10/06/2009). Nel caso in esame l’atto impositivo si basava sui dati ricavati dalla stessa dichiarazione del reddito della pia fondazione, sicchè il preteso atto prodromico si palesava del tutto superfluo, se non addirittura irregolare.

2) Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 bis, L. n. 241 del 1990, art. 3 e L. n. 212 del 2000, art. 7, giacchè la CTR non considerava che l’avviso di liquidazione non conteneva gli elementi sui quali si fondava, senza che con ciò la contribuente fosse stata messa in grado di conoscere il percorso seguito nella emissione di quell’atto.

La censura è di carattere nuovo, posto che non era stati mai dedotta nei gradi di merito, come è dato rilevare dagli atti, e perciò inammissibile in tale sede, anche se non appare superfluo soggiungere che tale tipo di atto amministrativo, peraltro di carattere esecutivo, non deve contenere l’indicazione di un articolato procedimento per la determinazione di quanto dovuto, basandosi solo su elementi determinati per stabilire l’automatica misura del dovuto.

Per il resto la doglianza rimane assorbita da quanto enunciato rispetto al motivo testè esaminato.

3) Col terzo motivo la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, poichè il giudice del gravame non indicava le ragioni, in virtù delle quali riteneva non applicabile la chiesta esenzione, che comunque andava riconosciuta, atteso che i terreni ed il fabbricato erano strumentali all’attività di accoglienza ed assistenza agli anziani.

La doglianza non ha pregio.

Al riguardo va rilevato che l’esenzione dall’imposta che il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), prevede per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), (enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato e non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio d’attività commerciali), purchè destinati esclusivamente – fra l’altro – allo “svolgimento d’attività assistenziali”, esige la duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore, e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito. Pertanto, tale esenzione non spetta nel caso di semplice utilizzazione indiretta, come nell’ipotesi di alloggi di edilizia residenziale pubblica concessi in locazione a privati cittadini, ovvero, come nella specie, se concessi in affitto a terzi per scopo di lucro da parte della pia fondazione, trattandosi evidentemente di beni produttori di reddito tassabile, e non invece utilizzati direttamente dagli assistiti, non assumendo, peraltro, alcun rilievo, ai fini dell’esenzione in esame, il fatto che l’affitto stesso potesse avere avuto eventualmente una finalità di pubblico interesse (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 10827 del 23/05/2005).

Sul punto perciò la sentenza impugnata risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

Ne deriva che il ricorso va rigettato.

Quanto alle spese di questo giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al rimborso delle spese a favore del controricorrente, e che liquida in complessivi Euro 1.700,00 (millesettecento/00), di cui Euro 200,00 per esborsi, ed Euro 1.500,00 per onorario, oltre a quelle generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2010

 

 

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