Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7091 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. I, 03/03/2022, (ud. 19/01/2022, dep. 03/03/2022), n.7091

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23147/2020 proposto da:

Comune di Cinisello Balsamo, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Viale Giulio Cesare n. 14 A,

presso lo studio dell’avvocato Pafundi Gabriele, rappresentato e

difeso dagli avvocati Sabbioni Paolo, Scarcello Patrizia, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Unareti S.p.a., già A2A Reti Gas S.p.a., in persona dell’ammin.re

delegato pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di

Ripetta n. 142, presso lo studio dell’avvocato Ferrari Giuseppe

Franco, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

Giubileo Chiara, Piergrossi Alberto, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1222/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

pubblicata il 20/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2022 dal cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

NARDECCHIA Giovanni Battista, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Sabbioni Paolo, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’avvocato Ferrari Giuseppe Franco,

che ha chiesto il rigetto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La A2A Reti Gas spa (già AEM Distribuzione Gas) ha gestito il servizio di distribuzione del gas naturale per conto del Comune di Cinesello Balsamo, in forza di convenzione accedente a una concessione operativa dal 1913 e rinnovatasi fino al 1970, quando era definitivamente scaduta, come ritenuto dal Consiglio di Stato con sentenza del 9.10.2007 (resa definitiva da Cass. SU n. 28166 del 2008), la quale accertò che i rapporti tra le parti erano proseguiti in via di fatto dopo il 1970 (quando si verificò l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale degli impianti sino ad allora realizzati), e declinò la giurisdizione sulla controversia relativa ai rapporti dal 1970 al 1995, quando il rapporto fu regolato da una convenzione, in data 11.7.1995, valida sino al 31.12.2004, cui fece seguito l’affidamento del servizio ad altra società a seguito di procedura di gara.

In applicazione dell’art. 17 della suddetta convenzione del 1995, che conteneva clausola compromissoria per tutte le questioni concernenti la concessione, la validità, interpretazione ed esecuzione della convenzione, iniziò in data 22.5.2006 una controversia dinanzi al collegio arbitrale su iniziativa della A2A, ai fini della determinazione delle poste economiche ad essa spettanti a seguito del rilascio, in data 16.2.2006, delle reti e degli impianti destinati al servizio di distribuzione del gas.

Con lodo parziale del 17.10.2010, gli arbitri dichiararono la propria competenza a pronunciarsi sulle domande della società A2A, volte ad ottenere una pronuncia che determinasse il “valore a stima industriale della rete del gas relativamente a quanto costruito e posato nel territorio comunale di Cinisello Balsamo nel periodo tra il 1 dicembre 1970 e l’11 luglio 1995”, negandola invece sulla domanda di determinazione del valore a stima industriale della rete del gas nel periodo dal 31 gennaio 1913 al 30 novembre 1970; gli arbitri statuirono che l’intera rete di distribuzione del gas era passata in proprietà del Comune e che AEM era divenuta titolare del diritto al corrispettivo secondo il suddetto criterio di stima, in relazione agli impianti realizzati nel suddetto periodo (1970-2005), e rinviarono al prosieguo la quantificazione del corrispettivo dovuto dal Comune ad A2A.

La Corte d’appello di Milano rigettò l’impugnazione del suddetto lodo parziale da parte del Comune di Cinisello Balsamo, con sentenza del 5.12.2014, cassata da questa Corte con ordinanza n. 3795 del 2019, limitatamente al motivo di impugnazione del Comune per violazione delle norme di diritto, in tema di ermeneutica contrattuale (artt. 1362,1363 e 1366 c.c.), ai sensi dell’art. 829 c.p.c., nella versione precedente alla modifica apportata dal D.Lgs. n. 40 del 2006, in considerazione dell’anteriorità della convenzione dell’arbitrato (ex plurimis, SU n. 9284 del 2016).

Nel giudizio di rinvio la Corte milanese, con sentenza del 20.5.2020, ha rigettato l’impugnazione del Comune che deduceva, con il primo motivo, la carenza e insanabile contraddittorietà di motivazione del lodo parziale, per avere dato atto della permanenza, al momento della stipula della convenzione nel 1995, del contrasto tra le parti sulla proprietà degli impianti realizzati nel periodo 1970-1995 e, allo stesso tempo, ritenuto che la stessa convenzione prevedesse il trasferimento della proprietà degli impianti (riferiti all’intera rete e costruiti prima del 1995) da AEM (A2A) al Comune, da remunerare secondo il criterio della stima industriale; con il secondo motivo, deduceva la violazione delle regole di ermeneutica contrattuale per avere ritenuto erroneamente, senza riscontro nella convenzione del 1995, che la proprietà degli impianti realizzati prima del 1995 fosse in capo ad AEM; con il terzo motivo deduceva la non arbitrabilità della lite.

Il Comune di Cinesello Balsamo propone ricorso per cassazione, resistito da UNARETI spa (già A2A Reti Gas).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il Comune ricorrente, a sostegno della denuncia di violazione della L. n. 1034 del 1971, art. 5, comma 1, e L. n. 205 del 2000, art. 6, comma 2, deduce l’estraneità alla clausola compromissoria della questione della proprietà degli impianti realizzati prima del 1995; sostiene che si tratti di questione riguardante il rapporto concessorio regolato dalla convenzione del 1995 e non di una vicenda meramente patrimoniale, con conseguenziale appartenenza della lite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e non al giudice arbitrale.

Il motivo è inammissibile.

Come correttamente sottolineato nella sentenza impugnata, sulla questione posta nel motivo è intervenuto un duplice giudicato: quello della sentenza del Consiglio di Stato n. 5238 del 2007 che, declinando la giurisdizione amministrativa sulla controversia relativa ai rapporti tra le parti dal 1970 al 1995, ha qualificato le situazioni giuridiche delle parti in termini di diritti soggettivi, conseguentemente arbitrabili, avendo la convenzione del 1913 esaurito i suoi effetti; nonché quello della sentenza della Cassazione n. 3795 del 2019 che, in risposta al primo motivo di ricorso che denunciava l’estraneità alla clausola compromissoria delle questioni controverse, ha accertato che la clausola si estendeva alle questioni controverse riguardanti anche il periodo precedente alla stipula della convenzione del 1995, implicitamente ritenendo la validità della convenzione.

A tale statuizione la Corte territoriale si è correttamente uniformata, alla luce del principio secondo cui il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione, e attenersi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se in ipotesi non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità della stessa (cfr. Cass. n. 20887 del 2018).

Con il secondo motivo il Comune contesta l’interpretazione resa dagli arbitri della convenzione del 1995, per averla ritenuta riferibile agli impianti realizzati dal 1970 al 1995, deducendo violazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e ss..

Il motivo contiene censure dirette in relazione al lodo ed è quindi inammissibile, alla luce del principio secondo cui, in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza che ha deciso sulla impugnazione per nullità del lodo arbitrale, il sindacato di legittimità va condotto esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a legge e della congruità della motivazione della sentenza che ha deciso l’impugnativa, con la conseguenza che sono inammissibili le doglianze rivolte direttamente a lodo (cfr., ex plurimis, Cass. n. 21035 del 2009, n. 178 del 2008, n. 10209 del 2007).

La doglianza di violazione delle regole ermeneutiche del contratto, inoltre, non può consistere, in sede di legittimità, nel generico richiamo delle disposizioni codicistiche, ma deve specificare i canoni in concreto violati, nonché il punto e il modo in cui l’arbitro si sia da essi discostato, non essendo sufficiente una semplice critica della decisione sfavorevole formulata attraverso la mera prospettazione di una diversa e più favorevole interpretazione rispetto a quella adottata, traducendosi la doglianza, in sostanza, nella richiesta di un nuovo accertamento di fatto, inammissibile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 28319 del 2017).

Come osservato nella sentenza impugnata, la motivazione resa dagli arbitri non è viziata da insanabile contraddittorietà, laddove la Corte ha evidenziato che la volontà delle parti si era espressa in senso traslativo dell’intera rete di distribuzione del gas, alla luce dell’art. 14 della medesima convenzione, che prevedeva il trasferimento da AEM al Comune della proprietà degli impianti, senza distinguere tra le opere costruite prima e dopo il 1995, dietro pagamento del corrispettivo secondo il criterio della stima industriale.

Il ricorso e’, in conclusione, inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 8200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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