Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7090 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. I, 03/03/2022, (ud. 26/01/2022, dep. 03/03/2022), n.7090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13200/2021 proposto da:

S.J., elettivamente domiciliata in Roma, Via degli Scipioni

n. 268/a, presso lo studio dell’avvocato Settimj Guido, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.P.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Sicilia n.

137, presso lo studio dell’avvocato Soldini Patrizia, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1654/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

pubblicata il 04/03/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2022 dal cons. Dott. CLOTILDE PARISE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Roma, dopo la pronuncia di sentenza parziale di scioglimento del matrimonio tra S.J. e D.P.M., con sentenza n. (OMISSIS) confermava l’affidamento esclusivo alla madre del figlio minore G., nato il (OMISSIS), disponeva l’inserimento di un pernottamento del minore presso il padre a fine settimana alternati e regolamentava in dettaglio la restante frequentazione, ponendo a carico del padre un contributo per il mantenimento del figlio di Euro 250 mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie.

2. S.J. proponeva appello avverso la citata sentenza chiedendo che le fosse concesso “…ogni ampio potere discrezionale… di valutare la sussistenza delle condizioni della frequentazione sempre e solamente nell’interesse del figlio minore…” (pag. 4 sentenza impugnata) e lamentando che il Tribunale avesse contraddittoriamente disciplinato un regime di visite del figlio, persino con pernotto, presso l’abitazione del padre, nonostante l’affidamento esclusivo alla madre.

3. Con sentenza depositata il 4-3-2021 e notificata l’11-3-2021, la Corte di appello di Roma ha respinto l’appello e, nel condividere le argomentazioni espresse dal Tribunale, ha rilevato che la regolamentazione dettagliata delle frequentazioni era necessaria, all’esito delle risultanze della c.t.u. e del comportamento delle parti, proprio per prevenire per quanto possibile ulteriori contrasti sul punto, così dovendosi escludere di fatto qualsiasi discrezionalità materna o paterna. La Corte territoriale ha, inoltre, rimarcato che dalla relazione dei servizi sociali aggiornata risultava permanere la totale assenza di comunicazione tra le parti, nonché un’accesa conflittualità sulle frequentazioni, continuando i genitori, in buona sostanza, nei fatti a mettere in secondo piano il diritto del bambino ad una crescita serena equilibrata. Considerato quanto emerso dagli accertamenti aggiornati, la Corte di merito, ad integrazione dell’incarico, già conferito dal giudice di primo grado, di monitoraggio e sostegno ai servizi sociali competenti, ha disposto, a cura di detti servizi, l’inserimento di G. in un programma specifico di supporto presso il TSMREE. La Corte di merito ha, infine, disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Roma, per la valutazione della capacità genitoriale delle parti, attesi i comportamenti descritti nella sentenza e perduranti senza sostanziali modifiche ancora dopo quattro anni e mezzo di causa.

4. Avverso la suddetta sentenza, S.J. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di D.P.M., che resiste con controricorso.

5. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente denuncia: i) con il primo motivo, il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, per avere la Corte d’appello attribuito alla ricorrente comportamenti scarsamente collaborativi e non curante dei disagi psicologici sofferti dal minore, mentre la condotta della stessa era stata sempre attenta e diretta a migliorare il dialogo con l’ex coniuge, come risultava dagli stralci della relazione dei servizi sociali del (OMISSIS) che riporta in ricorso; ii) con il secondo motivo, il vizio di omessa motivazione e decisione in merito a quanto esposto nei motivi d’appello, per non avere la Corte d’appello speso nemmeno una parola in merito a quanto richiesto con l’atto di appello, nonché per essere la motivazione assente e omessa e, quindi, nulla la sentenza, come da giurisprudenza di questa Corte richiamata in ricorso.

2. Il primo motivo è inammissibile.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. S.U. n. 8053/2014).

Nella specie, il vizio è denunciato secondo il paradigma previgente di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 citato, mentre non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, nei termini precisati (Cass. S.U. n. 8053/2014 citata e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018).

Sotto ulteriore profilo, va rilevato che, mediante l’apparente denuncia del vizio motivazionale, la ricorrente sollecita impropriamente una rivalutazione del merito, in particolare in ordine alle risultanze della relazione aggiornata dei Servizi, espressamente richiamata nella motivazione della sentenza (cfr. pag. 4), e alla valutazione delle emergenze istruttorie. La Corte di merito, all’esito degli accertamenti di fatto eseguiti anche nel giudizio d’appello, ha ritenuto, con adeguata motivazione e dando conto degli elementi su cui ha fondato il convincimento espresso, che la situazione aggiornata si fosse a tal punto aggravata da rendere necessari non solo l’inserimento di G. in un programma specifico di supporto presso il TSMREE, ma anche la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Roma, per la valutazione della capacità genitoriale delle parti.

3. Anche il secondo motivo è inammissibile.

La ricorrente, nel denunciare il vizio di omessa motivazione e decisione in merito a quanto esposto nei motivi d’appello, per un verso non riporta compiutamente, illustrando la censura, il contenuto dei suddetti motivi, difettando così il mezzo di autosufficienza (Cass. 17049/2015), e per altro verso neppure si confronta con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte d’appello ha affermato che la madre, odierna ricorrente, chiedeva che le fosse concesso “…ogni ampio potere discrezionale… di valutare la sussistenza delle condizioni della frequentazione sempre e solamente nell’interesse del figlio minore…”. Nella narrativa del ricorso (pag. n. 3), la ricorrente, nel riassumere le doglianze svolte in appello, si limita ad esporre che il Tribunale avrebbe contraddittoriamente disciplinato un regime di visite del figlio, persino con pernotto, presso l’abitazione del padre, nonostante l’affidamento esclusivo alla madre. Nell’illustrazione del secondo mezzo la ricorrente non riporta i motivi d’appello, né ne sintetizza il contenuto, rispetto al quale, in questa sede, si duole di “omessa motivazione e decisione”.

Sotto ulteriore profilo di inammissibilità, osserva il Collegio che le critiche svolte in ricorso sono del tutto generiche e non si confrontano minimamente con la motivazione della sentenza impugnata. I giudici d’appello hanno affermato che il regime delle frequentazioni non può essere discrezionale e che la bigeniorialità necessitava di particolare tutela nella specie, ossia in una situazione molto difficile per il bambino, dovendo egli anche adeguarsi alle esigenze delle famiglie allargate di entrambi i genitori in un contesto di grande conflittualità tra gli stessi. Infatti la Corte di merito ha precisato che “l’affidamento esclusivo disposto dal Tribunale è stato espressamente circoscritto all’ordinaria gestione della vita quotidiana nonché alle questioni di istruzione, educazione e salute. Il Giudice di primo grado, rispetto alle frequentazioni, ha poi analiticamente predisposto un calendario, autorizzandone la modifica solo in caso di espresso accordo tra le parti da assumersi non oralmente ma in forma scritta. Detta regolamentazione è stata ritenuta necessaria, del tutto condivisibilmente, all’esito di approfondita analisi delle risultanze della ctu e del comportamento delle parti e proprio per prevenire per quanto possibile ulteriori contrasti sul punto; con ciò è stata esclusa di fatto qualsiasi discrezionalità materna o paterna e detta esclusione, attese le risultanze processuali, deve essere mantenuta anche all’attualità nei parametri in essere e definiti nell’interesse di G.”.

In ordine a tali argomentazioni non si rinviene in ricorso alcuna specifica censura, atteso che la ricorrente si limita a richiamare pronunce di questa Corte senza minimamente spiegarne la concreta attinenza al decisum.

5. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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