Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7089 del 20/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 20/03/2017, (ud. 19/01/2017, dep.20/03/2017),  n. 7089

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27631-2012 proposto da:

F.P.F., (OMISSIS), B.A.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CICERONE 49, STUDIO GIUFFRIDA

R, presso l’avvocato PAOLO BOTZIOS, rappresentati e difesi

dall’avvocato TOMMASO CALCULLI;

– ricorrenti –

contro

M.B., C.F. (OMISSIS) IN PROPRIO E QUALE EREDE DEI GERMANI

M.G. E M.R., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LAURO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO PICCOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 130/2012 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 05/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;

udito l’Avvocato Monica Basta con delega depositata in udienza

dell’avv. Calculli Tommaso difensore dei ricorrenti che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Con atti di citazione notificati il 14 ottobre 1991 M.G. conveniva innanzi al tribunale di B.M.A. e F., esponendo di aver acquistato, unitamente a M.P.R. e M.B., con atto di compravendita registrato l'(OMISSIS), la nuda proprietà di un appartamento sito in (OMISSIS), di cui i venditori si erano riservati l’usufrutto.

Riferiva che con atto pubblico dell'(OMISSIS) Br.Di. aveva stipulato un contratto di vitalizio contro il trasferimento della proprietà dell’appartamento alla B., coniugata in regime di comunione legale con il F. e nell’atto era stata dichiarata l’avvenuta usucapione da parte della venditrice, in assenza dei presupposti di legge.

Chiedeva pertanto dichiararsi l’inefficacia dell’atto di vendita e la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni per l’occupazione dell’immobile.

I convenuti, nel costituirsi, deducevano che la loro dante causa aveva in effetti acquistato il bene per usucapione e chiedevano, in via riconvenzionale, previa integrazione del contraddittorio nei confronti di M.P.R. e Bruna accertarsi che Br.Di. aveva acquistato per usucapione l’immobile oggetto di causa.

In subordine, chiedevano il rimborso delle spese di manutenzione straordinaria, la condanna dell’attore e delle chiamate in causa alla restituzione della somma di Lire 27.000.000, versata all’atto dell’acquisto, nonchè degli esborsi effettuati per il mantenimento della defunta Br.Di., oltre al risarcimento dei danni per la subita evizione.

M.P.R. e B., costituitesi si associavano alla domanda proposta da M.G. e chiedevano il rigetto della domanda spiegata nei loro confronti.

Il Tribunale di Matera dichiarava nullo ed inefficace l’atto di compravendita, rigettando le domande riconvenzionali proposte dai convenuti.

La Corte d’Appello di Potenza, sull’appello proposto dai signori F. e B. nei confronti di M.P.R. e M.B., in proprio e quali eredi di M.G. che era nel frattempo deceduto, con sentenza non definitiva pubblicata il 21 aprile 2009, sulla quale i coniugi F.- B. formulavano riserva di impugnazione, confermava la pronuncia di nullità ed inefficacia dell’atto di vendita ed il rigetto della domanda di usucapione avente ad oggetto l’immobile per cui è causa da parte della Br. e disponeva, con separata ordinanza, la rimessione della causa in istruttoria.

Con la sentenza n.130/2912, pubblicata il 9 maggio 2012 la Corte d’Appello dichiarava improponibile sia la domanda proposta dalle appellanti incidentali M.B. e M.P.R., che la domanda di indennizzo ex art. 1150, comma 2 proposta da B.A. e F.P.F. e quella subordinata diretta al rimborso delle spese sostenute da Br.Di., quale usufruttuaria per la manutenzione straordinaria dell’immobile.

Per la cassazione della sentenza non definitiva n.122/2009 e di quella definitiva n. 130/2012 propongono ricorso F.P. e B.A.M., con quattro motivi.

M.B., in proprio e quale erede dei germani M.G. e R., resiste con controricorso.

I ricorrenti hanno altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Deve preliminarmente rilevarsi l’improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2), per omessa produzione della sentenza definitiva della Corte d’Appello di Potenza corredata dalla relata di notifica.

Ed invero, come già evidenziato nella parte narrativa, i ricorrenti, previa riserva di impugnazione della sentenza non definitiva della Corte d’Appello di Potenza n. 122/09, pubblicata il 21 aprile 2009, hanno impugnato con il presente ricorso, sia la citata sentenza non definitiva n. 122/2009, che quella definitiva n. 130/2012 della medesima Corte territoriale, pubblicata il 9 maggio 2012, deducendo l’intervenuta notifica della sentenza definitiva impugnata.

Come risulta dall’attestato della cancelleria, peraltro, i ricorrenti non hanno depositato la copia autentica della sentenza definitiva n. 130/2012 corredata dalla relata di notifica.

Orbene, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte la previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, – dell’onere di deposito, a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di Cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto “termine breve”.

Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere pertanto dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2 applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente (sin da Cass. Ss.Uu. 11932/1998 ed ex multis, a sezioni semplici le nn. 25070/2010; 15232/2008: 19654/2004). La disposizione dell’art. 369 c.p.c., comma 1, secondo la giurisprudenza di questa Corte costituisce essenziale strumento di controllo, officioso ed indisponibile, dei termini d’impugnazione e pertanto, laddove, come nel caso di specie, lo stesso ricorrente alleghi espressamente che la sentenza gli è stata notificata, limitandosi a produrne una copia autentica senza la relata di notificazione il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., senza che ciò integri una lesione dell’art. 24 Cost. (Cass. 11376/2010).

Ciò posto si osserva che, nel caso di specie, a seguito della riserva di impugnazione il ricorso avverso la sentenza non definitiva è stato proposto, ex art. 361 c.p.c., comma 2, unitamente a quello contro la sentenza definitiva, ed, in conseguenza del suo “differimento” i termini ex art. 325 e ss. codice di rito per l’impugnazione di ambedue le sentenze, decorrevano, considerata l’unitarietà del procedimento impugnatorio, destinato a concludersi con la seconda pronuncia, dalla notifica o dalla pubblicazione della sentenza definitiva.

Ed invero l’istituto della riserva d’impugnazione – disciplinato negli artt. 340 e 361 c.p.c. – ha l’effetto di procrastinare il dies a quo del termine per l’impugnazione delle sentenze non definitive ancorandolo alla data della sentenza definitiva; più precisamente al giorno dal quale comincia a decorrere il termine per l’impugnazione della sentenza definitiva (o altra sentenza non definitiva successivamente pronunciata, ovvero nel caso di estinzione del processo in prosecuzione al giorno in cui è divenuta irrevocabile l’ordinanza che l’abbia dichiarata o passata in giudicato la sentenza che l’abbia dichiarata) (Cass. 9339/2008).

Nella presente controversia, dunque, il dies a quo per l’impugnazione, vuoi della sentenza definitiva che di quella non definitiva, decorreva dalla notifica della sentenza definitiva(c.d. termine breve ex art. 325 codice di rito).

Dalla mancata produzione della sentenza definitiva corredata dalla relata di notifica, deriva dunque, in virtù della su menzionata unitarietà del procedimento impugnatorio, l’improcedibilità dell’unico ricorso proposto, seppure con distinta articolazione di motivi, avverso le due sentenze, a nulla rilevando che la prima sentenza, quella non definitiva (n. 122/2009), sia stata prodotta unitamente alla relata di notifica.

Il ricorso va dunque dichiarato improcedibile ed i ricorrenti vanno condannati in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2200,00 di cui 200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario per spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2017

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