Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7084 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/03/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 12/03/2021), n.7084

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27997-2018 proposto da:

N.T., F.N., V.D., elettivamente

domiciliati in ROMA, SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso

lo studio dell’avvocato NASO DOMENICO, rappresentati e difesi

dall’avvocato DALLA TORRE CRISTIANO;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA (OMISSIS), UFFICIO

SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO, UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE

PER IL VENETO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 878/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 27/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/01/2021 dal Presidente Relatore Dott. DORONZO

ADRIANA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza pubblicata in data 27/3/2018, la Corte d’appello di Venezia ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e, per l’effetto, in riforma della sentenza resa dal Tribunale tra l’appellante e N.T., V.D. e F.N., ha rigettato le domande proposte dagli appellati, collaboratori scolastici o docenti, aventi ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato stipulati con il Ministero.

A fondamento del decisum la Corte territoriale ha ritenuto che indipendentemente dalla individuazione dei singoli periodi in cui ciascuno dei dipendenti aveva svolto supplenze su posti di organico di diritto e/o di organico di fatto – era assorbente il rilievo che il N. e la F. fossero stati stabilizzati attraverso l’operare degli strumenti selettivi e concorsuali, ovvero ai sensi della L. n. 107 del 2015, art. 1; che, in forza dei principi espressi da questa Corte nella sentenza n. 27563/2016 (punti 118-125), e nelle numerose altre pure citate, l’intervenuta stabilizzazione era idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’unione, e, quindi, a riparare tutti i danni riferibili all’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato, in difetto di specifiche allegazioni circa l’esistenza di danni ulteriori, diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo, nonchè circa il ricorso, da parte del ministero, ad un uso improprio o distorto delle assunzioni a termine. Quanto alla posizione del Vellonio, non ricorrevano le condizioni per ritenere configurabile l’abusivo ricorso al contratto a tempo determinato, essendo stato il dipendente assunto per supplenze su posti vacanti in organico di diritto per un periodo inferiore ai 36 mesi. Contro la sentenza, i ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di una pluralità di motivi; il Ministero ha resistito con controricorso, mentre gli uffici scolastici regionale e provinciale non hanno svolto attività difensiva.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

In prossimità dell’adunanza i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. – con il primo motivo, parte ricorrente deduce l’estinzione del procedimento di appello per il mancato tempestivo deposito, da parte del Ministero, dell’atto di riassunzione del processo dopo la sua sospensione in attesa della pronuncia della Corte costituzionale: si osserva che, dopo la pubblicazione della sentenza della Corte, l’Avvocatura distrettuale dello Stato aveva depositato l’atto di riassunzione in modalità cartacea, in violazione di quanto disposto dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-bis, comma 9 ter, convertito con modificazioni nella L. 17/12/2012, n. 221, a norma del quale l’atto, avendo natura endoprocedimentale, deve essere depositato esclusivamente in via telematica.

2. – Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte ricorrente deduce “Violazione, falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. Un. 5072/2016 in favore dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratisi a far data dal 10 luglio 2001. -Violazione falsa ed erronea applicazione del “principio di equivalenza” e del “principio di effettività della tutela””.

3. – Il successivo motivo è incentrato “Sulla questione pregiudiziale Europea circa la conformità alla Direttiva Europea 1999/70/CE dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie”.

4. – Con il quarto motivo, parte ricorrente deduce la “Illegittimità costituzionale dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie: ai sensi dell’art. 3 Cost. (principio di eguaglianza), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alla Clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva Europea 1999/70/CE, (principio di equivalenza – principio di effettività), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Carta Europea dei diritti dell’Uomo”.

5. – Con il quinto motivo, a sua volta ripartito in cinque punti, si denuncia a) la violazione, la falsa ed erronea applicazione delle norme di legge riguardanti al) il diritto all’integrale risarcimento dei danni, l’accertamento e la liquidazione del danno (art. 115 c.p.c., art. 2727 c.c.), a 2) l’interpretazione della domanda e l’onere della prova (artt. 112 e 115 c.p.c.), b) la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per motivazione apparente con riferimento al (negato) diritto al riconoscimento delle differenze retributive e contributive, c) l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, d) l’illegittima esclusione del risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli risarciti con la stabilizzazione.

6. – Con il sesto motivo il ricorrente V. censura la sentenza per violazione, falsa e erronea interpretazione e applicazione delle norme di legge e dei principi in tema di interpretazione della domanda (art. 112 c.p.c.), in tema di onere della prova (principio di non contestazione art. 115 c.p.c., principio di vicinanza della prova), per nullità per motivazione apparente (ex art. 360 c.p.c., n. 4), nonchè per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.

7. Il primo motivo è manifestamente infondato. L’atto in riassunzione compiuto dal Ministero in difformità dal modello legale si risolve in una mera irregolarità che non comporta nullità in mancanza di espressa comminatoria ex art. 156 c.p.c., comma 1. Al riguardo si richiamano i principi già espressi da questa Corte nelle numerose ordinanze in cui è stato prospettato lo stesso motivo di estinzione (per tutte, Cass. 11/2/2021, n. 3417). Nè è ravvisabile alcun contrasto tra queste pronunce e la sentenza n. 15771/2020, citata dai ricorrenti nella memoria ex art. 380-bis c.p.c. (con la quale si sollecita la trattazione della causa in pubblica udienza), stante l’oggettiva diversità delle fattispecie, considerato che la difformità dal modello legale riguardava, in quella vicenda, un atto di impugnazione ritenuto tardivo perchè eseguito con modalità telematiche, nella specie non applicabili e comunque non rispettose delle formalità prescritte dalla legge (punto 2.3. e 2.4. della sentenza).

8. Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso appaiono inammissibili ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, avendo la Corte territoriale deciso la questione in diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non induce ad un suo mutamento, nè ad una nuova rimessione delle questioni alla Corte costituzionale ovvero alla Corte di giustizia. Al riguardo si richiamano i principi già espressi da questa Corte (da ultimo, n. 3417/2021) ai quali si intende dare continuità ed alle cui motivazione si rinvia, anche ai sensi degli art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c..

9. Il quinto motivo è del pari inammissibile.

Anche questo motivo è stato oggetto di esame da parte di questa Corte da ultimo con la ordinanza n. 3417/2021 cit. (che a sua volta richiama Cass. n. 489/2021), alla quale si rinvia integralmente non ravvisandosi negli atti difensivi dei ricorrenti elementi idonei a determinare un ripensamento dei principi in essa affermati.

9.1. – Nel caso in esame, al pari di quello esaminato nell’ordinanza citata, la Corte territoriale ha ritenuto generiche e comunque non provate le allegazioni dei ricorrenti circa i danni ulteriori rispetto a quelli riparati dall’intervenuta stabilizzazione; ha altresì escluso che vi sia stata allegazione di un uso improprio o distorto, da parte del Ministero, della tipologia delle supplenze su organico di fatto temporanee.

9.2. Il motivo è nella sua complessità inidoneo a scalfire queste affermazioni, presentando evidenti profili di inammissibilità oltre che di infondatezza, sia per la promiscuità e la mescolanza dei motivi, sia con riguardo alla violazione di legge prospettata con riferimento ad una pluralità di norme, senza che risultino indicate con chiarezza le affermazioni della sentenza in contrasto con le norme di legge indicate. E’ inconferente il richiamo all’art. 112 c.p.c., giacchè non vi è stata alcuna omessa pronuncia (o extra o ultra petizione), ma solo una interpretazione della domanda, non denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. (Cass. 11/10/2019, n. 25690).

9.3. – Quanto al vizio di omesso esame di fatti decisivi, anch’esso è inammissibile, non risultando indicato quale sia il fatto – principale o secondario – di cui si predica la decisività e la cui valutazione sarebbe stata del tutto omessa, non potendo rientrare nella nozione di “fatto” la valutazione compiuta dal giudice degli atti processuali.

9.4. La ritenuta genericità delle allegazioni assorbe ogni ulteriore valutazione circa la presunta violazione dell’art. 1226 c.c., giacchè il ricorso alla liquidazione in via equitativa presuppone già assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entità materiale del danno (Cass. n. 16202 del 2002; Cass. n. 13288 del 2007; Cass. n. 28742/2018). Onere nella specie non assolto.

9.5. Neppure è ravvisabile un’ipotesi di nullità della sentenza perchè la motivazione è fisicamente (oltre che logicamente ed esaustivamente) esistente, non presenta alcuna incongruenza o illogicità, peraltro neppure indicata dai ricorrenti (cfr. Cass. Sez.Un. 8053/2014).

10. Il sesto motivo è del pari inammissibile, avendo la corte territoriale deciso la questione sulla base dei principi reiteratamente affermati da questa Corte nella sentenza numero 27563/2016 (punto 125) e i motivi esposti non inducono ad un suo ripensamento. Si è invero affermato che, nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su ‘organico di fattò e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo quadro allegato alla direttiva in argomento, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima”. Circostanze, queste ultime, che non risultano essere state dedotte, nè tantomeno provate.

10. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. La complessità della questione giuridica, risolta sulla base della pronuncia della Corte di Giustizia intervenuta in corso di causa, giustifica la integrale compensazione delle spese dell’intero processo.

La parte ricorrente è comunque tenuta al versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato versato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

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