Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7078 del 28/03/2011

Cassazione civile sez. I, 28/03/2011, (ud. 06/10/2010, dep. 28/03/2011), n.7078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.N.G., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. MARRA Alfonso Luigi, per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli in data 18 giugno

2008, nel procedimento n. 3907/07 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio in

data 06 ottobre 2010 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore Generale, Dott. SGROI Carmelo, che nulla ha osservato.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“Il Consigliere relatore, letti gli atti depositati, ritenuto che:

1. D.N.G. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di sette motivi, avverso il decreto della Corte di appello di Napoli in data 18 giugno 2008 in materia di equa riparazione della L. n. 89 del 2001, ex art. 2, con il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze è stato condannato a corrispondere un indennizzo in favor del ricorrente di Euro 10.307,00, pari ad Euro 1.000,00 per ogni anno di durata, in conseguenza del superamento del termine ragionevole di durata di un giudizio svoltosi davanti al TAR Campania dal 30 luglio 1994 e ancora pendente;

1.1. il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso;

Osserva:

2. il primo motivo appare inammissibile, in quanto il quesito formulato è del tutto generico e senza nessuna attinenza al decisum del decreto impugnato;

3. il secondo e il terzo motivo appaiono manifestamente infondati;

infatti l’indennizzo liquidato, pari a circa mille euro per anno di durata non ragionevole, appare conforme ai parametri fissati dalla giurisprudenza della Corte europea;

4. il quarto e il quinto motivo appaiono manifestamente infondati, in quanto non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia del lavoro; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411; 2008/6898);

5. anche il sesto e il settimo motivo appaiono manifestamente infondati, in quanto per effetto del richiamo operato dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4, nel giudizio per l’equa riparazione della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo trovano applicazione le norme del codice di rito (Cass. 2004/23789;

2007/14053) e a norma dell’art. 92 c.p.c. il giudice può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti, se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati in motivazione; nella specie, la Corte di merito ha motivato la compensazione parziale delle spese processuali, facendo riferimento alla particolare natura della controversia e delle questioni trattate, oggetto di un’elaborazione giurisprudenziale complessa e non sempre univoca, con argomentazione non specificamente censurata da parte ricorrente; questa, inoltre, con un unico motivo ha dedotto genericamente sia la mancanza, che l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione, in violazione dell’obbligo di formulare le censure (e quindi anche i quesiti di diritti e i momenti di sintesi ex art. 366 bis c.p.c.) in modo rigoroso e preciso, secondo le regole di chiarezza indicate dall’art. 366 bis c.p.c. applicabile alla fattispecie ratione temporis, (Cass. 2008/9470), evitando doglianze multiple e cumulative (Cass. 2008/5471), così da non ingenerare incertezze in sede di formulazione e di valutazione della loro ammissibilità (Cass. 2008/2652); parte ricorrente non ha neppure illustrato le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di dette ragioni possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897);

6. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni esposte nella relazione;

ritenuto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e che le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 900.00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2011

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