Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7074 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 7074 Anno 2016
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 21132-2011 proposto da:
BARTOLI EUFEMIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso l’avvocato
FRANCESCO FRATI, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati NICOLA LAURITO, MARIA
BEATRICE PIERACCINI, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente
contro

PROVINCIA DI LUCCA, in persona del Presidente pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO DEI

Data pubblicazione: 11/04/2016

LOMBARDI 4, presso l’avvocato ALESSANDRO TURCO,
rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO DEL
CARLO, giusta procura a margine del controricorso;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 122/2011 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2016 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato M.B. PIERACCINI
che si riporta;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato A. TURCO,
cen deicgd, che 2i ripurtd;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto del ricorso.11–

di FIRENZE, depositata il 26/01/2011;

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Eufemia Bartoli propose, innanzi alla Corte d’Appello di
Firenze, opposizione alla determinazione delle indennità di

proprietà, facente parte di un più vasto appezzamento di terreno
su cui insisteva un fabbricato rurale, disposta per l’esecuzione di
un intervento di soppressione di due passaggi a livello della linea
ferroviaria e la realizzazione di opere sostitutive di viabilità.
Con sentenza del 28 gennaio 2011, resa nel contradditorio
con la Provincia di Lucca e nella contumacia dei Comuni di
Viareggio e Camaiore, la Corte adita rigettò la domanda,
ritenendo che: a) l’indennizzo doveva esser calcolato in
riferimento al criterio legale del valore agricolo medio, trattandosi
di terreno non edificatorio, e che lo specifico indennizzo per il
soprassuolo arborato calcolato motu proprio dall’espropriante
costituiva un’adeguata integrazione dell’indennizzo dovuto; b)
l’estensione occupata in via d’urgenza era superiore a quella
espropriata, quale indicata nell’apposito decreto, ed era stata
calcolata in riferimento all’intera estensione; e) la diminuzione di
valore del fabbricato era insussistente, ed infondata la chiesta
applicazione dell’art. 40 della L. n. 2359 del 1865, dato che la
vicinanza ad una sede viaria non era peggiore rispetto alla
preesistente vicinanza a caselli ferroviari, né era convincente la
perizia depositata; d) del pari, insussistente era il lamentato
pregiudizio dei terreni residui.

i

occupazione temporanea e di espropriazione di un’area di sua

Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso
Eufemia Bartoli con tre, articolati, motivi, ai quali la Provincia di
Lucca ha resistito con controricorso. Il Comune di Viareggio non

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, la ricorrente fa presente che per
effetto della sentenza n. 181 del 2011 della Corte Costituzionale
il criterio legale dei VAM per l’indennizzo dei suoli agricoli e
quelli che non hanno vocazione legale edificatoria è stato
dichiarato

incostituzionale,

dovendo

le

indennità

di

espropriazione e di occupazione esser determinate in base alle
caratteristiche del bene, alla data di emissione del decreto di
espropriazione, bene che doveva esser ricondotto al tertium
genus, trattandosi di area pertinenziale al fabbricato limitrofa al
centro abitato e dotata di infrastrutture.
2. Col secondo motivo, si deduce la violazione e falsa
applicazione degli art. 61-64 cpc, oltre che vizio di motivazione,
per non avere la Corte d’Appello tenuto conto della discrasia che
emergeva tra i verbali di consistenza e presa di possesso, in cui la
superficie “permanentemente occupata” era indicata in mq. 9.810,
mentre il decreto di espropriazione che la indicava in mq. 9.255, e
per non aver disposto una CTU. L’indennità di occupazione
temporanea non finalizzata all’esproprio, prosegue la ricorrente
non era, poi, stata quantificata.

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ha svolto difese. Le parti costituite hanno depositato memorie.

3. Con il terzo mezzo, si deduce la violazione e falsa
applicazione degli artt. 42 Cost., 1 del protocollo addizionale alla
CEDU, 40 della L n. 2359 del 1865, 44 del dPR n. 327 del 2001;

Corte territoriale ha rigettato le istanze relative alla
corresponsione dell’indennità per il deprezzamento del fabbricato
rurale ad uso abitativo, per l’intervenuta instaurazione di vincoli
urbanistici (fasce di rispetto stradali) e per la servitù di passaggio
di tubature d’acqua, con argomenti incongrui e senza disporre
accertamenti tecnici tenuto conto che: a) il casello ferroviario era
ubicato a cento metri dal fabbricato mentre la nuova strada lo
circonda, ed in quota sopraelevata, a distanza di pochi metri; b) i
vincoli d’inedificabilità sono maggiorati, dato il mutamento della
posizione della nuova strada; c) con delibera dirigenziale del
2004 si era proceduto ad un’ulteriore occupazione per lo
spostamento della tubazione d’acqua esistente lungo la linea
ferroviaria.
4. Disattesa l’eccezione d’inammissibilità del primo
motivo, dovendo le sentenze della Corte Costituzionale essere
applicate alla stregua dello jus superveniens, lo stesso ed il terzo
motivo, che vanno esaminati congiuntamente, sono fondati nei
limiti che seguono.
5. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in presenza di
una procedura espropriativa che non riguardi l’intera proprietà del
soggetto espropriato, va applicato il meccanismo di calcolo

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61-64 cpc e vizio di motivazione. La ricorrente lamenta che la

differenziale di cui all’art. 40 della L. n. 2359 del 1865 (oggi art.
33 del dPR n. 327 del 2001), quando ricorrano i seguenti due
presupposti: a) che la parte residua del fondo sia intimamente

obiettivo, tale da conferire all’intero immobile il carattere di
un’unità economica e funzionale; b) che il distacco di una parte di
esso abbia influito, oggettivamente (con esclusione, dunque, di
ogni valutazione soggettiva), in modo negativo sulla parte
residua. 6. Ove detta indagine risulti affermativa, alla parte
espropriata è, quindi, dovuta un’unica indennità, ricavata dalla
differenza tra il giusto prezzo che l’immobile avrebbe avuto prima
dell’espropriazione ed il giusto prezzo della parte residua dopo
l’espropriazione stessa, in modo da ristorare l’intera diminuzione
patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento
ablativo, ivi compresa la perdita di valore della porzione residua,
non essendo, invero, concepibile, in presenza di un’unica vicenda
espropriativa, l’attribuzione di distinte somme, imputate l’una a
titolo di indennità di espropriazione e l’altra a titolo di
risarcimento del danno per il deprezzamento subito dai residui
terreni (cfr. da ultimo, Cass. n. 11504 del 2014).
7. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 181 del 2011,
facendo seguito alle sentenze n. 348 e 349 del 2007, ha dichiarato
illegittimo il criterio dei valori agricoli medi, dettato dal
combinato disposto degli artt. 5 bis, co 4, della L n. 359 del 1992,
15, co 1 e 16 della L n. 865 del 1971, e dall’art 40 co 2 e 3 del

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collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale ed

dPR n. 327 del 2001, per la determinazione dell’indennità di
espropriazione per le aree agricole e per le aree non suscettibili di
classificazione edificatoria, evidenziando che detta normativa è

dall’area oggetto del procedimento espropriativo ed ignorando
ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene, ha un
carattere inevitabilmente astratto che elude il ragionevole legame
con il valore di mercato del bene ablato, ritenuto necessario dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
8. Il sistema indennitario risulta, dunque, svincolato dalla
disciplina delle formule mediane e dei parametri tabellari, e
risulta, invece, agganciato al valore venale del bene, di cui all’art.
39 della L. n. 2359 del 1865, riconosciuto applicabile ai casi già
soggetti al pregresso regime riduttivo, e che al contrario di quanto
afferma il controricorrente, costituisce, appunto, il serio ristoro
che l’art. 42, co. 3, Cost. riconosce al sacrificio della proprietà per
motivi d’interesse generale (Cass. n. 11480 del 2008; n. 14939 del
2010; n. 6798 del 2013; n. 17906 del 2014), ed ora sancito
dall’art. 37, co 1, del dPR n. 327 del 2001, come modificato
dall’art. 2, co 90, della L. n. 244 del 2007. 9. Tanto non comporta,
però, che sia venuta meno la distinzione di cui all’art 5-bis, co 3,
della L. n. 359 del 1992, tuttora vigente, e recepito nel T.U.
espropriazioni di cui al dPR n. 327 del 2001, artt. 32 e 37, tra
suoli edificabili e non edificabili, di talchè un suolo, che sia
inedificabile in virtù dell’imposizione di un vincolo conformativo,

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commisurata ad un valore -quello tabellare- che, prescindendo

non può ricevere arbitrarie valorizzazioni edificatorie (cfr. Cass.
n. 6343 del 2014, in motivazione), dovendo, invece, valutarsi la
possibilità di una sua utilizzazione intermedia -tra l’agricola e

chioschi per la vendita di prodotti ecc.)-, sempre che sia assentita
dalla normativa vigente all’epoca di riferimento della stima, sia
pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni
amministrative (cfr. Cass. n. 6296 del 2014; n. 7174 del 2013; n.
25718 del 2011).
10. L’impugnata sentenza è incorsa, dunque, nell’errore di
diritto che le viene imputato. Ed, infatti, non solo ha applicato il
criterio tabellare, ormai incostituzionale, ma ha omesso di
procedere alla valutazione dei presupposti, riassunti al punto 5,
per la determinazione dell’indennità ai sensi dell’art. 40 della
legge fondamentale sulle espropriazioni, escludendo il
deprezzamento del fabbricato e del suolo residuo, sulla base di
argomentazioni incongrue e senza tener conto della possibilità di
disporre un’indagine peritale in funzione “percipiente”, sugli
elementi allegati dalla parte opponente, ma che soltanto un
tecnico avrebbe potuto accertare, per mezzo delle conoscenze e
degli strumenti a sua disposizione.
11. La doglianza, di cui al secondo mezzo, relativa alla
liquidazione dell’indennità di espropriazione in riferimento al
supposto errore nell’estensione della superficie espropriata e di
quella occupata è, rispettivamente, infondata ed inammissibile: la

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l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative,

fonte del credito indennitario è costituita dai decreti di
espropriazione e di occupazione che rispettivamente,
costituiscono il titolo del trasferimento autoritativo e per

effettuato in riferimento alla, sola, superficie in essi contemplata,
esclusa ogni differente valutazione concreta (lo sconfinamento, in
tal caso, costituisce un illecito cfr. Cass. n. 12548 del 2013). La
censura relativamente alla mancata liquidazione dell’indennità di
occupazione, non finalizzata all’espropriazione è generica, non
essendo trascritto nel ricorso il contenuto del relativo
provvedimento, vizio che appare esiziale avendo la Corte
territoriale affermato che l’indennità di occupazione risulta
“documentalmente” esser stata liquidata per “entrambe le
tipologie di occupazione, temporanea e definitiva; l’una
finalizzata a consentire la esecuzione dell’opera pubblica, e
quindi strumentale e temporanea, e l’altra a carattere definitivo ed
a fine espropriativo”.
12. La sentenza va, in conclusione, cassata in relazione al
motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze, in
diversa composizione, che provvederà a determinare le indennità
di espropriazione ed occupazione alla luce di principi sopra fissati
ed in riferimento alle estensioni contemplate nei relativi decreti,
quali già accertate, ed, anche, a liquidare le spese del presente
giudizio di legittimità.
PQM

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l’occupazione dei suoli, sicchè il calcolo dell’indennità va

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso
principale, rigetta il secondo, cassa e rinvia, anche per la
statuizione sulle spese, alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2016.

composizione.

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