Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7071 del 20/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 20/03/2017, (ud. 16/02/2017, dep.20/03/2017),  n. 7071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5557/2014 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIUSEPPE DI MEGLIO;

– ricorrente –

contro

V.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

PASQUALE PACIFICO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n 4539/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 25/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/02/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. M.M. ha proposto ricorso per Cassazione contro V.L. sia contro l’ordinanza ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., del 25 novembre 2013, con cui la Corte d’Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello da lei proposto sia contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Napoli, sezione Distaccata di Ischia, con cui era stata rigettata l’azione di risoluzione di un preteso comodato di un immobile.

Tale azione era stata esercitata da essa ricorrente contro l’intimata, nel presupposto di essere subentrata all’assegnazione a titolo di locazione dell’immobile al marito, deceduto, e che il comodato era stato concesso al figlio P.G., che, successivamente, si era separato dalla moglie V.L., alla quale l’immobile era stato assegnato giudizialmente.

2. Il ricorso per cassazione è affidato a due motivi.

3. La V. ha resistito con controricorso.

4. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta inammissibilità ed è stata fissata con decreto l’adunanza della Corte. Il decreto è stato notificato agli avvocati delle parti unitamente alla proposta.

5. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Il Collegio condivide le valutazioni di definizione del ricorso indicate nella proposta del relatore.

2. Il ricorso appare in primo luogo inammissibile, in quanto nell’illustrazione dei due motivi non distingue in modo chiaro in che termini si impugna la sentenza di primo grado ed in che termini si impugna l’ordinanza, atteso che non contiene una precisa individuazione della parte di motivazione dell’una e dell’altra riguardo alla quale si svolge censura, limitandosi a riferirsi nel primo motivo alla sola “Corte territoriale” e nel secondo al solo “giudice monocratico”.

3. In secondo luogo, dalla lettura della non chiara illustrazione emergerebbe comunque che quanto si argomenta nel primo motivo, là dove evoca la Corte territoriale, si collocherebbe al di fuori dei limiti entro i quali Cass. sez. un. n 1914 del 2016 ha individuato una ristretta impugnabilità dell’ordinanza ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c..

4. In terzo luogo, l’illustrazione di entrambi i motivi svolge considerazioni su risultanze probatorie e atti riguardo ai quali non fornisce in alcun modo l’indicazione specifica di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, secondo l’esegesi che ne ha fornito la giurisprudenza della Corte a partire da Cass. (ord.) n. 22303 del 2008 e Cass. sez. un. n. 28547 del 2008.

5. La memoria di parte ricorrente, non solo si disinteressa dei rilievi indicati nella proposta ed omette di farsene carico ed anzi ne riferisce la redazione al Procuratore Generale, là dove (del tutto genericamente) chiede che sia disatteso “il parere” del medesimo, ma, a monte risulta pervenuta irritualmente (vedi già Cass. (ord.) n. 22303 del 2009) a mezzo fax indirizzato in cancelleria il 9 febbraio 2017 e, quindi, pervenuta altrettanto irritualmente (vedi già Cass. (ord.) n. 182 del 2001) a mezzo posta il 14 febbraio.

6. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro milletrecentosessantuno, di cui Euro duecento per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2017

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