Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7070 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/03/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 12/03/2021), n.7070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1187-2020 proposto da:

S.D., domiciliata in ROMA piazza CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

DANIELA DI ROSA;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n.

12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 8904/2019 del TRIBUNALE di TORINO,

depositato il 04/12/2019 R.G.N. 24892/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/12/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Torino, con provvedimento n. 8904 depositato il 4.12.2019, ha rigettato il ricorso proposto da S.D., cittadina della (OMISSIS), avverso il diniego della competente Commissione territoriale in ordine alle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e della protezione umanitaria.

2. La richiedente, in sintesi, aveva dichiarato di avere vissuto in diversi villaggi, alcuni dei quali nel municipio di (OMISSIS), fino alla partenza dalla (OMISSIS); di essersi convertita, aderendo alla (OMISSIS), nel maggio del 2012 e di essere stata perseguitata ed espulsa dalla Università che frequentava, nel maggio del 2013, per l’attività di proselitismo svolta; di avere trovato lavoro successivamente in un supermercato e, nell’aprile del 2015, in una azienda mentre la madre, sempre per motivi religiosi, era stata arrestata nel dicembre del 2014 e, dopo, liberata dietro cauzione; ha precisato di essere dovuta fuggire, sempre per le persecuzioni subite dalla Polizia, fino a rifugiarsi a casa di una compagna di fede dove rimase nascosta in un ripostiglio per circa sei mesi e, una volta rientrata presso una l’abitazione di una sua cugina, con l’aiuto di questa era partita alla volta dell’Italia.

3. A fondamento della decisione il Tribunale ha rilevato la lacunosità del racconto sotto il profilo della coerenza interna che rendeva la richiedente non credibile; conseguentemente, ha sottolineato che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria nè il potere/dovere di alcun ulteriore approfondimento istruttorio officioso; inoltre, ha specificato che la documentazione prodotta afferiva alla condizione della (OMISSIS) in generale, ma non alla storia personale della richiedente; il Tribunale ha ritenuto, infine, che la mera integrazione e la generale situazione del paese di origine non costituivano, ex se, una condizione di vulnerabilità e che l’intrinseca inattendibilità del racconto costituiva motivo sufficiente per negare anche la protezione umanitaria.

4. Avverso il provvedimento del Tribunale S.D. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (nella specie, conversione ed attuale appartenenza della ricorrente alla (OMISSIS)): in particolare, per non essere stati approfonditi, sia dalla Commissione territoriale sia dal Tribunale, i principi di dottrina dal punto di vista teologico e filosofico posti a base della fede praticata.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in combinato disposto con il D.Lgs. n. 251 del 2007, gli artt. 2, 7 e 8 con il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 per non avere il Tribunale disposto approfondimenti istruttori quando, invece, l’esame dei documenti prodotti e l’accoglimento delle istanze avrebbe certamente consentito di verificare l’effettiva appartenenza della ricorrenza alla (OMISSIS) e la conseguente fondatezza del timore espresso in caso di rientro in Patria; inoltre, si sostiene che, nella fattispecie, erano sussistenti i requisiti che avrebbero giustificato il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria atteso che, in (OMISSIS), la sola appartenenza a culti vietati esponeva i fedeli al rischio di essere fermati e interrogati, oppure arrestati dalla polizia che si avvaleva, altresì, di metodi di interrogatori violenti e con sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti; infine, si deduce che una corretta applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 avrebbe consentito di accertare che il rientro in Patria sarebbe stato un impedimento all’esercizio dei diritti fondamentali e delle libertà democratiche di essa richiedente.

4. I due motivi, che per la loro connessione logico-giuridica possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.

5. Il dato da cui partire è quello rappresentato dal fatto che la ricorrente è stata ritenuta inattendibile.

6. E’ opportuno premettere che la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera ed immotivata opinione del giudice, essendo piuttosto il risultato complesso di una procedimentalizzazione della decisione, da compiersi alla strega dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” senza dar rilievo esclusivo e determinate a mere discordanze o contraddizioni in aspetti secondari o isolati del racconto; detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni (Cass. n. 14674 del 2020; Cass. n. 9811 del 2020).

7. Il Tribunale, nella fattispecie, nel giungere alla conclusione di inattendibilità del racconto, si è attenuto ai criteri legali e agli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e, con un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 3340 del 2019) ha escluso la veridicità delle dichiarazioni rese e ha ritenuto ciò ostativo al compimento di approfondimenti istruttori officiosi, cui il giudice di merito sarebbe stato tenuto in forza del dovere di cooperazione istruttoria, salvo che la mancanza di veridicità fosse derivata esclusivamente dalla impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. n. 33859/19; Cass. n. 16925/18): evenienza, però, questa non ravvisabile nel caso in esame.

8. Infatti, il Tribunale ha evidenziato un macroscopico contrasto tra le dedotta attività di ricerca e di persecuzione della Polizia nei confronti della richiedente e l’affidamento che questa aveva riferito di avere riposto nel rifugio familiare, prima della madre e poi della cugina; inoltre, ha sottolineato la non verosimiglianza che, in tale contesto, la richiedente avesse ottenuto il passaporto e che, da ultimo, l’abbondante documentazione prodotta si riferiva ad informazioni ed articoli reperibili su vari siti informatici mentre nulla era stato prodotto a corredo della storia personale della S.D..

9. Le altre censure di cui ai motivi, poi, postulano tutte, quale causa della fuga dalla (OMISSIS), la appartenenza religiosa alla (OMISSIS) che, come sopra detto, è stata esclusa dal Tribunale con motivazione adeguata e giuridicamente corretta di talchè le critiche si limitano ad essere una mera contrapposizione alla valutazione dell’organo giudicante che ha escluso ogni forma di protezione proprio in considerazione della non credibilità del narrato.

10. Alla stregua di quanto esposto deve essere, pertanto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

11. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo l’Amministrazione resistente svolto attività difensiva.

12. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

 

 

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