Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7070 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 7070 Anno 2016
Presidente: BERNABAI RENATO
Relatore: DIDONE ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 10212-2010 proposto da:
SICILCASSA

S.P.A.

IN

LIQUIDAZIONE

COATTA

AMMINISTRATIVA (c.f. 03989900828), in persona dei
Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2, presso
l’avvocato PAOLO PALMERI, rappresentata e difesa
2016
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dall’avvocato DIEGO ZIINO, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente contro

CALOGERO

RINALDO

(c.f.

RNLCGR47D16G273T),

Data pubblicazione: 11/04/2016

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA 22,
presso l’avvocato TOSCHI CRISTIANO, rappresentato e
difeso dall’avvocato ACHILLE GATTUCCIO, giusta
procura a margine del controricorso;
controricorrente

di PALERMO, depositata il 04/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
DIDONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato P. PALMERI, con
delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito,

per il controricorrente,

l’Avvocato A.

GATTUCCIO, con delega, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 323/2010 della CORTE D’APPELLO

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Ragioni di fatto e di diritto della decisione
Calogero Rinaldo ha proposto opposizione allo stato
passivo della 1.c.a. della Sicilcassa lamentando
l’esclusione del proprio credito insinuato in via
privilegiata per TFR, accessori e spese.

La 1.c.a., costituitasi nel giudizio di opposizione, ha
proposto domanda riconvenzionale nei confronti
dell’opponente chiedendone la condanna al risarcimento dei
danni cagionati alla banca nell’esercizio delle funzioni di
direttore della Succursale n. 17 di Palermo, per anomalie e
irregolarità di gestione (irregolare concessione di
finanziamenti e sconfinamenti).
Il Tribunale di Palermo ha accolto l’opposizione allo stato
passivo mentre ha dichiarato inammissibile la domanda
riconvenzionale.
La Corte di appello di Palermo, con la sentenza impugnata,
ha confermato la decisione del tribunale, ritenendo di non
poter accogliere neppure la pretesa di compensazione
avanzata da Sicilcassa.
Contro la sentenza di appello la 1.c.a. ha proposto ricorso
per cassazione affidato a due motivi.
Ha resistito con controricorso Calogero Rinaldo.
Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. le parti hanno
depositato memoria.
2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 36 e 112 cod. proc. civ.

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4

lamentando che erroneamente la corte di merito abbia
dichiarato inammissibile la propria domanda riconvenzionale
aderendo alla pronuncia di questa Corte n. 6963 del 1996
mentre la giurisprudenza prevalente sarebbe nel senso
dell’ammissibilità della riconvenzionale nell’opposizione

allo stato passivo. Nella specie la domanda sarebbe fondata
sullo stesso titolo posto a base del credito insinuato.
Richiama, altresì, la pronuncia della Corte costituzionale
n. 259 del 2006 in tema di compensazione ateonica operata
dal datore di lavoro sul credito T.F.R. di un dipendente.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 1241, 1242, 1243, 1246 c.c.
e 35 cod. proc. civ. lamentando che la Corte di appello
abbia omesso di pronunciarsi sull’eccezione di
compensazione “atecnica” sollevata dalla Sicilcassa.
4
3.- Osserva la Corte che’Fricorso e’ fondato.
La Corte di merito, infatti, ha applicato il principio per vero risalente – secondo il quale nel procedimento di
opposizione allo stato passivo, in cui sono preminenti le
esigenze di celerità nello svolgimento del giudizio, non
sono ammissibili domande riconvenzionali che siano solo
genericamente o indirettamente ricollegabili al rapporto
sul quale il creditore ha fondato la propria richiesta di
insinuazione al passivo, e non invece rigorosamente
dipendenti dal medesimo fatto dal quale trae origine detta
pretesa creditoria. Ne consegue che, ove il curatore
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-

fallimentare non si limiti a far valere la pretesa
revocatoria ex art 67 legge fall., al solo fine di
paralizzare la contrapposta pretesa del creditore che
voglia far ammettere al passivo un proprio credito o far
riconoscere una causa legittima di prelazione, ma proponga,

nel giudizio di opposizione allo stato passivo, una vera e
propria domanda riconvenzionale, questa è inammissibile,
pur quando eventualmente si ricolleghi al medesimo rapporto
al quale ha fatto riferimento il creditore ricorrente,
atteso che essa si fonda su un fatto (il compimento
dell’atto revocando) – e, dunque, su un titolo – diverso e
non dipendente da quello (Sez. l, Sentenza n. 6963 del
01/08/1996).
Sennonche’, secondo la giurisprudenza successiva, formatasi
sul testo previgente dell’art. 98 1. fall., nel quale il
rito era regolato dal codice di procedura civile nella
parte non derogata espressamente
fattispecie applicabile ratione temporis

nella concreta
anche nel

giudizio di opposizione allo stato passivo, la relazione di
dipendenza della domanda riconvenzionale “dal titolo
dedotto in giudizio dall’attore”, che giustifica la
trattazione simultanea delle cause, si configura non già
come identità della “causa petendi” (richiedendo, appunto,
l’art. 36 cod. proc. civ. un rapporto di mera dipendenza),
ma come comunanza della situazione o del rapporto giuridico
dal quale traggono fondamento le contrapposte pretese delle

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parti, ovvero come comunanza della situazione o del
rapporto giuridico sul quale si fonda la riconvenzionale
con quello posto a base di una eccezione, sì da delinearsi
una connessione oggettiva qualificata della domanda
riconvenzionale con l’azione o l’eccezione proposta (Sez.

1, Sentenza n. 12985 del 05/06/2009). Gia’ in precedenza,
peraltro, la giurisprudenza di legittimita’, in un giudizio
di opposizione allo stato passivo avente ad oggetto il
riconoscimento del credito fondato sulla penale

4LN
contrattualmente pattuita) gsaE1 ritenutd ammissibile la
domanda riconvenzionale diretta al pagamento del saldo
prezzo, fondato sull’insussistenza del credito insinuato e
dei presupposti per la compensazione, atteso che entrambe
le pretese traggono origine dal medesimo rapporto e dal
CV•
medesimo fatto dellVeognizione il giudice è già investito
per effetto della proposizione della domanda principale
(cfr. Sez. 1, Sentenza n. 9904 del 24/04/2007).
A tale ultimo indirizzo la Corte intende assicurare
continuitai e alla luce di esso il ricorso deve essere
accolto, non ostandovi la natura del credito insinuato,
posto che la giurisprudenza di legittimita’ e’ nel senso
\
che 4 configurabile la cosiddetta compensazione atecnica
allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da
un unico rapporto – la cui identità non è peraltro esclusa
dal fatto che uno dei crediti abbia natura risarcitoria
derivando da inadempimento -, nel qual caso la valutazione
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delle reciproche pretese comporta un accertamento che ha la
funzione di individuare il reciproco dare ed avere senza
che sia necessaria la proposizione di un’apposita domanda
riconvenzionale o di un’apposita eccezione di compensazione

enunciato in una fattispecie nella quale questa Corte ha
ritenuto che correttamente nel giudizio di merito, svoltosi
con il rito lavoro, fosse stata ritenuta la compensabilità
tra i crediti vantati da una banca e nascenti dal
comportamento illecito di un suo dipendente e le somme cui
la banca stessa era tenuta a titolo di t.f.r. a favore di
quest’ultimo.
La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata con
rinvio per nuovo esame e per le spese alla Corte di appello
di Palermo in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese
alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.
Cosi’ deciso in Roma nella camera di consiglio del 17
febbraio 2016

o Ass
-e-

O

consiglie e est sore

Il Presidente
.7

(Sez. L, Sentenza n. 28855 del 05/12/2008). Principio

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