Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 707 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 707 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 21419-2012 proposto da:
MISTRETTA VENERANDA MSTVRN51L68E202T, CRESTI FABIANA
CRSFBN75P62E202Y, CRESTI PIERLUIGI CRSPLG45T18E202R,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BARNABA ORIANI
85 presso lo studio dell’avvocato TAMBERI GIUSEPPE
(STUDIO LEGALE DI GRAVIO),
2013

rappresentati e difesi

dall’avvocato TAMBERI MARIO;

2279

ricorrenti

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, in persona del
Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in

Data pubblicazione: 15/01/2014

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;

resistente

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
■r

PA5P 01);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/11/2013 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

depositate il 07/02/2012; (g.,

IN FATTO
Con ricorso del 17.9.2010 Pier Luigi e Fabiana Cresti e Veneranda
Mistretta adivano la Corte d’appello di Genova per ottenere la condanna del
Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi

della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), del 4.11.1950,
ratificata con legge n.848/55, per l’eccessiva durata di una causa civile
instaurata innanzi al Tribunale di Grosseto con citazione notificata il
24.5.2004 e pendente in appello innanzi alla Corte distrettuale fiorentina.
Nel resistere in giudizio il Ministero deduceva che per il protrarsi di tale
giudizio i ricorrenti avevano già chiesto ed ottenuto un equo indennizzo con
decreto del 14.1-1.2.2010, per cui la nuova domanda doveva ritenersi
inammissibile.
Con decreto del 7.2.2012 la Corte ligure rigettava il ricorso, compensando
le spese. Osservava la Corte che la sentenza di primo grado emessa nel
giudizio presupposto aveva deciso due cause riunite, una (introdotta con
citazione notificata il 15.2.2001) dalla Reale Mutua Assicurazioni contro i
ricorrenti ed altri, l’altra (proposta con citazione notificata il 24.5.2004) dai
ricorrenti contro la Reale Mutua Assicurazioni, entrambe aventi ad oggetto di
risarcimento dei danni per la morte di Fabio Cresti, congiunto dei ricorrenti
stessi. Rilevava, quindi, che questi ultimi, che chiedevano un equo indennizzo
in relazione a tale seconda causa, avevano già conseguito, in un precedente
procedimento ex lege n. 89/01, una somma a titolo di equo indennizzo per
l’eccessiva durata dell’intero giudizio. Pertanto, sebbene le due cause riunite
mantenessero la loro individualità, il paterna derivante dall’eccessivo protrarsi
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dell’art.2 della legge 24 marzo 2001, n.89, in relazione all’art.6, paragrafo 1

del contenzioso doveva valutarsi in maniera unitaria, e per esso i ricorrenti
erano stati già indennizzati, per cui nessuna ulteriore somma poteva essere
riconosciuta loro.
Per la cassazione di tale decreto Luigi e Fabiana Cresti e Veneranda

Per il Ministero della Giustizia l’Avvocatura generale dello Stato ha
depositato un “atto di costituzione”, allo scopo di partecipare alla discussione
della causa.
Il Collegio ha disposto la redazione della sentenza in forma semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione “di
norme di diritto”, in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. Si sostiene che la
Corte territoriale abbia operato un malgoverno dell’art. 2 della logge n. 89/01
e dell’art. 6, paragrafo 1 della Convenzione EDU, secondo cui ogni causa
deve essere trattata e definita in tempi ragionevoli. La relativa sofferenza è
generata da ogni processo indipendentemente da come esso sia gestito dal
sistema giudiziario, mentre nessun effetto al riguardo può derivare dal
provvedimento di riunione, che lascia distinte e autonome le cause riunite.
2. – Il secondo motivo denuncia il vizio di contraddittorietà della
motivazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., che parte ricorrente ravvisa
nella coeva affermazione dell’autor ,,mia delle due cause riunite e, ciò
nonostante, nella ritenuta necessità di valutare in maniera unitaria la
sofferenza derivante dalla pendenza processuale.
3. – Col terzo motivo è dedotta l’omessa motivazione, in relazione al n. 5
dell’art. 360 c.p.c., non avendo la Corte territoriale, ad avviso dei ricorrenti,
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Mistretta propongono ricorso affidato a tre motivi.

spiegato le ragioni per cui la valutazione della sofferenza morale dovrebbe
essere unitaria nell’ipotesi di più cause riunite.
4. – Tutti e tre i motivi, da esaminare congiuntamente per la loro comune
inerenza alla medesima quaestio iuris, sono manifestamente infondati.

riparazione per irragionevole durata del processo, il ristoro del pregiudizio
subito non può essere duplicato in relazione ad un processo nel quale sono
stati riuniti sin dal primo grado due separati giudizi, dovendo aversi riguardo
all’aspettativa di definizione in tempi ragionevoli delle vertenze giudiziarie
nella loro unitarietà e non delle singole domande che in esse siano proposte
(Cass. n. 15260/13).
4.1. – Per le ragioni che seguono, a tale principio di diritto occorre
assicurare continuità.
4.1.1. – Sia pure ad altri fini, questa Corte Suprema ha già chiarito che il
sistema sanzionatorio delineato dalla CEDU e tradotto in norme nazionali
dalla legge n. 89 del 2001 non si fonda sull’automatismo di una pena
pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni
riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o
non patrimoniali, mediante indennizzl modulabili in relazione al concreto
patema subito (cfr. Cass. nn. 13803/11, 1309/11, 23416/09 e 2983/08). Non
basta, pertanto, argomentare sulla natura del processo presupposto per fondare
il diritto all’indennizzo, che presuppone un danno effettivo e non già
desumibile dalla norma.
4.1.2. – La Convenzione EDU governa, ai limitati fini della tutela dei diritti
fondamentali dell’uomo, il rapporto di tensione fra lo Stato e il singolo, di
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Questa Corte ha già avuto modo di osservare che in tema di equa

talché le situazioni di conflitto di cui essa si occupa hanno quali estremi di
riferimento l’esercizio di un pubblico potere e la posizione del soggetto che ne
è destinatario. Ne deriva che per ben impostare i termini di tale conflitto
occorre individuare attraverso quale o quali atti il potere pubblil..o ha inciso

Nell’ambito della protezione di cui all’art. 6 della Convenzione, il canone
di ragionevole durata è concettualmente riferibile al processo inteso quale
luogo, in senso normativo, in cui si attuano le regole che presiedono
all’esercizio del potere giurisdizionale. Se il processo di cui si lamenta
l’eccessiva durata contiene più cause riunite, non per questo la pretesa
indennitaria delle parti verso lo Stato cessa di essere una sola, perché uno
soltanto è lo strumento autoritativo che quest’ultimo impiega per rendere
giustizia nel caso concreto. E poiché non è in discussione la scelta di riunire
più cause, il cui numero e la cui proposizione dipende dall’iniziativa delle
parti, ma la durata dell’unico processo approntato dallo Stato per deciderle,
ogni disquisizione sulla natura autonoma di ciascuna causa è del tutto
fuorviante rispetto alla natura del conflitto in questione. Infatti, la pluralità
delle res iudicandae concerne il rapporto processuale fra le parti; la medesima
sentenza che le decide è il solo atto d’imperio dell’autorità giurisdizionale di
cui le stesse possono lamentare il ritardo.
4.1.3. – Vi è, dunque, un evidente errore di prospettiva nell’affermazione di
parte ricorrente secondo cui l’autonomia delle cause riunite determinerebbe
una pluralità di processi e, con essa, una corrispondente moltiplicazione
ansiogena per la pendenza delle liti. E’ vero l’esatto contrario: il fatto che la
riunione di più cause, in ragione della connessione di petitum o di causa
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sulla sfera dell’individuo.

petendi o della identità delle questioni da trattare, non comporti il venir meno
dell’autonomia dei singoli giudizi e dei rispettivi titoli, rileva sotto tutt’altri
profili (individuazione delle parti necessarie, effetti dell’estinzione, possibilità
di separare le cause riunite, regole di giudizio applicabili, regolamento delle

sola ed unica consecuzione di udienze e di attività da compiere in un
medesimo ragionevole lasso di tempo.
4.1.4. – Infine, l’ipotizzata duplicazione del patema d’animo per la
pendenza di due cause riunite nel medesimo processo, come se il tempo
decorresse separatamente per ciascuna di esse, si basa non su un dato
empirico, ma su di un puro avvitamento concettuale eite tradisce
l’insussistenza di qualsivoglia pregiudizio aggiuntivo rispetto a quello già
riconosciuto ai ricorrenti.
5. – Il ricorso va pertanto respinto.
6. – Nulla per le spese, non avendo l’Avvocatura generale dello Stato
svolto, ma solo preannunciato la propria attività difensiva.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 5.11.2013.

spese e regime d’impugnazione), e non toglie che il processo sia e resti una

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