Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7069 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/03/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 12/03/2021), n.7069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14529-2015 proposto da:

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE – FROSINONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MARIO FANI, 139, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

VENTURINI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO

D’AMBROSIO;

– ricorrente –

contro

– B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBA

12/A, presso lo studio dell’avvocato CARLO ALESSANDRINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LOREDANA DI FOLCO;

– R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBA 12/A,

presso lo studio dell’avvocato CARLO ALESSANDRINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato LOREDANA DI FOLCO;

– BO.FR., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA ALBA 12/A, presso lo studio dell’avvocato CARLO

ALESSANDRINI, rappresentati e difesi dall’avvocato LOREDANA DI

FOLCO;

G.M.A., M.I., P.D.M.,

MA.NA., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE CLODIO n.

56, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA ABBONDANZIERI,

rappresentati e difesi dall’avvocato PATRIZIO CITTADINI;

– controricorrenti –

nonchè contro

D.L.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 8637/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/12/2014 R.G.N. 4020/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2020 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per inammissibilità;

udito l’Avvocato ALESSANDRO D’AMBROSIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Roma, pronunciando sull’appello proposto dalla AUSL di Frosinone nei confronti dei ricorrenti in epigrafe. avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Frosinone, rigettava l’appello e confermava la sentenza di primo grado.

2. Espone la Corte d’Appello che gli appellati R.S., + ALTRI OMESSI, tutti dirigenti medici di 1 livello, in servizio presso reparti dell’Ospedale di Frosinone, avevano adito il Tribunale deducendo:

che in ragione dell’art. 39 del CCNL Area dirigenza medica e della Delib. n. 1822 del 1998 della AUSL di Frosinone, spettava al dirigente medico una retribuzione di posizione (parte fissa e variabile) nella misura minima di Euro 7.230,40;

che il contratto collettivo prevedeva un incremento della parte variabile, minima, in base alla graduazione delle funzioni e degli incarichi svolti dai dirigenti, pari ad Euro 111,24 mensili.

Pertanto, ad essi ricorrenti spettavano gli importi mensili a titolo di retribuzione di posizione (fissa, variabile, ed incremento della variabile); invece, nel periodo ottobre 1998 ottobre 2003, avevano percepito somme inferiori, con differenze a credito, come indicato nei ricorsi introduttivi.

La AUSL, costituitasi, eccepiva la nullità dei ricorsi introduttivi per la mancata indicazione dell’incarico svolto e della durata dello stesso.

Nel merito, chiedeva il rigetto della domanda, atteso che i lavoratori avevano percepito la retribuzione (parte fissa e variabile) rientrante nel trattamento fondamentale. mentre la retribuzione di posizione variabile non poteva essere attribuita in quanto presupponeva il conferimento di incarichi specifici, che nella specie era mancato.

3. Il Tribunale riteneva che i lavoratori avessero maturato la retribuzione di posizione del trattamento accessorio (superiore alla misura minima del trattamento fondamentale) secondo la pesatura/calibratura degli incarichi approvata con la Delib. n. 1822 del 1998, e successive delibere (secondo le determinazioni della espletata CTU).

4. La Corte d’Appello disattendeva la censura della AUSL relativa all’omesso esame dell’eccezione di nullità dei ricorsi introduttivi, in ragione della specificità degli stessi.

Precisava che il Tribunale aveva accolto la domanda perchè, non risultando conferito alcun incarico specifico ai ricorrenti, agli stessi spettava comunque l’incremento della retribuzione di posizione minima nella misura più bassa, come previsto dalla Delib. AUSL di Frosinone n. 1822 del 1998, e dalle successive Delib. n. 2429 del 2004, Delib. n. 3114 del 2004, Delib. n. 183 del 2008.

La AUSL aveva deliberato le calibrature degli incarichi e aveva previsto un particolare punteggio di incremento anche nell’ipotesi dell’assenza di specifici incarichi.

Pertanto, la difesa della AUSL fondata sul mancato conferimento di incarichi non conteneva una adeguata critica alla statuizione del Tribunale.

5. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la AUSL nei confronti di R.S., + ALTRI OMESSI, nonchè di D.L.S., che non risulta parte del giudizio di appello dalla sentenza di appello. prospettando tre motivi di ricorso.

6. Resistono con controricorso R.S., + ALTRI OMESSI.

7. L’AUSL ha depositato verbali di conciliazione intervenuti con i lavoratori ad eccezione di T.A. e V.P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti di D.L.S., in quanto dalla sentenza di appello non risulta parte del giudizio. Nulla spese non essendo costituito in giudizio.

2. Vanno quindi, esaminati i verbali di conciliazione prodotti in relazione a tutti i lavoratori tranne che per T.A. e V.P..

La ricorrente all’odierna udienza ha confermato che è venuta meno la materia del contendere a seguito dei verbali di conciliazione prodotta in atti.

Dai suddetti verbali di conciliazione risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo concernente anche la controversia de qua, dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e dichiarando che, in caso di fasi giudiziali ancora aperte. le stesse sarebbero state definite in coerenza con il verbale stesso.

Tali verbali di conciliazione si appalesano idonei a dimostrare l’intervenuta cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo.

In tal senso va emessa la corrispondente declaratoria.

Le spese vanno regolate in conformità alle pattuizioni delle suddetta conciliazione, con la compensazione delle stesse.

3. Dalle conciliazioni rimangono fuori le posizioni di T.A. e V.P., rispetto alle quali vanno esaminati i motivi di ricorso.

4. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia “violazione art. 414 c.p.c., n. 3, 4, 5: nullità del ricorso; omessa, insufficiente ed errata motivazione” e deduce che la Corte avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado in considerazione dell’estrema genericità dell’oggetto della domanda e della mancata esposizione dei fatti e delle norme di diritto poste a fondamento dell’azione.

5. La seconda censura, rubricata “violazione art. 115 c.p.c. – infondatezza del ricorso omessa motivazione”, addebita alla Corte territoriale di avere ritenuto fondata la domanda nonostante che il ricorrente non avesse provato la tipologia dell’incarico affidatogli, le modalità di svolgimento ed i risultati ottenuti.

6. Con la terza critica l’Azienda si duole della violazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 24 e 49, D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15, degli artt. 13, 26, 27, 35, 39 CCNL Area Dirigenza Medica, dell’art. 112 c.p.c. e rileva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, le differenze quantificate dal CTU si riferivano all’incremento della parte variabile, che invece non poteva essere riconosciuto perchè l’Azienda non aveva mai conferito ai lavoratori uno specifico incarico professionale.

Precisa al riguardo che il Tribunale aveva accolto proprio la domanda principale, ritenuta infondata dal giudice d’appello, perchè il consulente tecnico aveva evidenziato che il minimo contrattuale di cui all’art. 35, lett. b) del CCNL era stato corrisposto in entrambe le sue componenti e le differenze quantificate erano quelle relative alla parte variabile eccedente il minimo contrattuale.

Nessuna somma, quindi, potevano pretendere i lavoratori perchè il dirigente non aveva ricevuto alcun incarico professionale.

7. Il primo motivo, con il quale si ripropone l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, è formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4.

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che, anche qualora venga dedotto un error in procedendo, rispetto al quale la Corte è giudice del “fatto processuale”, l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass. S.U. n. 8077/2012).

8. Parimenti inammissibile è la seconda censura con la quale si addebita alla Corte territoriale di avere accolto la domanda considerando probabilmente pacifica una circostanza che in realtà non era nè pacifica nè provata.

L’Azienda ricorrente si è limitata a denunciare la violazione dell’art. 115 c.p.c. e ad asserire che, in realtà, la domanda doveva essere rigettata perchè non provata, non potendo farsi applicazione del principio di non contestazione previsto dal comma 2 della norma richiamata, ma la censura presenta i medesimi profili di inammissibilità evidenziati in precedenza, perchè non vengono riportate nel ricorso le parti salienti degli atti introduttivi del giudizio di primo grado. Occorre evidenziare al riguardo che l’onere di specifica contestazione, ad opera della parte convenuta, presuppone, a monte, un’allegazione altrettanto puntuale a carico della parte onerata della prova, sicchè il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2 non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare (si v., Cass. n. 20637 del 2016).

9. Analoghe considerazioni vanno espresse quanto al terzo motivo, con il quale la ASL di Frosinone. pur denunciando nella rubrica la violazione di norme di legge e di contratto, addebita alla Corte territoriale di avere errato, non nella ricostruzione e nell’interpretazione del quadro normativo e contrattuale, bensì nella lettura della decisione di primo grado e della consulenza tecnica, recepita dal Tribunale e posta a fondamento della pronuncia di condanna.

Anche in tal caso, peraltro, la ricorrente formula la censura senza assolvere agli oneri di specificazione e di allegazione richiamati nei punti che precedono perchè non riporta, neppure in minima parte, nel ricorso il contenuto della sentenza di primo grado e della relazione peritale, sulla base della quale, secondo il giudice d’appello, sarebbe stata accolta la sola domanda subordinata, comunque fondata perchè volta ad ottenere le differenze fra i valori minimi della retribuzione di posizione previsti dalla contrattazione collettiva e quanto in effetti corrisposto ai lavoratori.

10. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile nei confronti T.A. e V.P.. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

13. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti di D.L.S., T.A. e V.P.. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio nei confronti di T.A. e V.P. che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Dichiara cessata la materia del contendere rispetto agli altri lavoratori con compensazione delle spese di giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

 

 

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