Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7068 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. I, 03/03/2022, (ud. 17/11/2021, dep. 03/03/2022), n.7068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29886/2015 proposto da:

Società Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.a. in Amministrazione

Straordinaria, in persona dei commissari straordinari prof. avv.

A.S., prof. avv. B.G., e prof Dott.

F.G., elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Mazzini n. 27,

presso lo studio dell’avvocato Mainetti Francesco, rappresentata e

difesa dall’avvocato Cappelletto Marco, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

L.M.G., elettivamente domiciliata in Roma, Via Arbia n. 7,

presso lo studio dell’avvocato Sabbatucci Paolo, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Mancini Simona, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 809/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il

26/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2021 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Alitalia Linee Aeree Italiane spa in amministrazione straordinaria impugna il decreto del tribunale di Roma che, in riforma del decreto del giudice delegato alla predetta procedura di amministrazione straordinaria che aveva dichiarato esecutivo lo stato passivo della stessa procedura rigettando il credito rivendicato da L.M.G., accoglieva l’opposizione proposta da quest’ultima e le riconosceva la somma di Euro 89.598,00 a titolo di indennità supplementare, nella misura del preavviso individuale maturato, come emergente dalla busta paga, oltre accessori di legge, in prededuzione, L.Fall., ex art. 111, con il privilegio, ex art. 2751 bis c.c., n. 1.

A supporto della decisione di accoglimento dell’opposizione, il tribunale di Roma riteneva dovuta la predetta indennità supplementare perché prevista dall’accordo interconfederale del 27 aprile 1995; nella specie, perché il dirigente d’azienda potesse beneficiare di tale indennità e del suo inserimento nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto, l’accordo collettivo prevedeva che fosse necessaria la soppressione del posto di lavoro come diretta conseguenza della crisi aziendale mentre non era necessaria la prova dello stato di disoccupazione del dirigente. Mentre, la natura prededucibile di tale indennità era la naturale conseguenza della prosecuzione del rapporto di lavoro dopo che la società Alitalia Linee Aeree Italiane spa era stata posta in amministrazione straordinaria; pertanto, la eventuale selezione degli emolumenti spettanti al dirigente tra prededucibili, e non prededucibili (come, in tesi, l’indennità supplementare) perché in funzione di altre finalità, costituiva una evidente disapplicazione dell’accordo collettivo.

Alitalia Linee Aeree Italiane spa in amministrazione straordinaria ha proposto ricorso in cassazione, sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria, mentre L.M.G. resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione ricorrente deduce il vizio di violazione dell’accordo interconfederale del 27.4.1995, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., censurando che il tribunale avesse riconosciuto l’indennità supplementare senza che ricorressero i presupposti del predetto accordo: sia perché nella lettera di licenziamento mancava il richiamo alla procedura di amministrazione straordinaria, quale motivo della risoluzione del rapporto di lavoro, in quanto il recesso era motivato dalla “chiusura dell’azienda” (e, quindi, non era ingiustificato) e sia perché erroneamente il tribunale non aveva ritenuto necessaria, la prova dello stato di disoccupazione perché il dirigente potesse beneficiare dell’indennità supplementare al trattamento di fine rapporto, la quale per la sua natura risarcitoria poteva riconoscersi al solo dirigente rimasto involontariamente disoccupato.

Con il secondo motivo di ricorso, l’amministrazione ricorrente prospetta il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in particolare dei fatti di causa che dimostrano la prosecuzione dell’attività aziendale successivamente all’ammissione alla procedura di A.S. e la riconducibilità del recesso alla determinazione del Commissario avente ad oggetto la chiusura dell’attività produttiva aziendale e non la “crisi” dell’azienda.

Con il terzo motivo di ricorso, l’amministrazione ricorrente censura la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., avendo il tribunale riconosciuto la prededuzione del credito controverso, mentre ne era stata espressamente chiesta solo l’ammissione al privilegio.

Con il quarto motivo, l’amministrazione ricorrente contesta la violazione della L.Fall., art. 111, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché erroneamente, il tribunale aveva riconosciuto la natura prededucibile del credito richiesto, trattandosi di “penale forfetaria” avente natura risarcitoria e non indennitaria, quindi slegata dal mancato svolgimento dell’attività lavorativa a seguito dell’intimato licenziamento.

In via preliminare, va innanzitutto disattesa l’eccezione d’improcedibilità del ricorso per inosservanza dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, sollevata dalla difesa della controricorrente in relazione alla mancata produzione in giudizio del testo integrale dell’accordo collettivo invocato dal ricorrente a sostegno della domanda di ammissione al passivo. Infatti, come ripetutamente affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 19378/2021), l’onere imposto dalla predetta disposizione dev’essere inteso, conformemente al principio di strumentalità delle forme processuali e nel rispetto dell’art. 111 Cost., letto in coerenza con l’art. 6 della CEDU, in funzione dello scopo di conseguire una decisione di merito in tempi ragionevoli, e può quindi ritenersi adempiuto anche mediante la riproduzione, nel corpo dell’atto d’impugnazione, della sola norma contrattuale sulla quale si basano principalmente le doglianze proposte, a condizione che nei precedenti gradi di giudizio sia stato prodotto il testo integrale del contratto collettivo e nell’elenco degli atti depositati, posto in calce al ricorso, sia inclusa la richiesta, presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, di trasmissione del fascicolo d’ufficio che lo contiene (cfr. Cass., Sez. I, 6/06/2019, nn. 15415, 15416 e 15417; 31/05/2019, n. 14940; Cass., Sez. lav., 7/07/2014, n. 15437). Tali condizioni, volte a fornire a questa Corte tutti gli elementi necessari per consentirle di verificare l’esattezza dell’interpretazione del contratto collettivo risultante dalla sentenza impugnata, devono ritenersi nella specie puntualmente rispettate, avendo il ricorrente riportato, a corredo delle proprie censure, il testo della norma contrattuale invocata, ed avendo accluso al ricorso la copia dell’istanza presentata alla Cancelleria del Tribunale per ottenere la trasmissione del fascicolo d’ufficio, recante il testo integrale dell’accordo.

Il primo motivo è infondato, in quanto secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’indennità supplementare deve essere riconosciuta al dipendente nel caso in cui il licenziamento sia obiettivamente causato da ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi aziendale, al di là della motivazione formalmente adottata dal datore di lavoro (Cass. nn. 86/19, 29323/20), mentre non è necessario che ad esso consegua una effettiva cesura del rapporto di lavoro e che il dipendente versi in stato di disoccupazione (Cass. 30 settembre 2019, n. 24355, con cui è stata cassata la pronuncia di merito che aveva negato l’emolumento in presenza di un licenziamento intimato da Alitalia Servizi s.p.a., posta in amministrazione straordinaria, seguito da riassunzione ad opera del cessionario, quale speciale modalità di trasferimento del lavoratore D.L. n. 347 del 2003, ex art. 5, comma 2 ter; in senso conforme, più di recente: Cass. 12 febbraio 2020, n. 3442, non massimata).

Il secondo motivo è parimenti infondato, in quanto come correttamente statuito dal tribunale, secondo l’accordo interconfederale del 27 aprile 1995, non è prevista la prova dello stato di disoccupazione del dirigente, per l’erogazione dell’indennità supplementare e il tribunale, negando rilevanza alla situazione occupazionale del dirigente, ha escluso che l’esito della lite potesse essere influenzato dall’intervenuto trasferimento dello stesso presso altra azienda (Cass. n. 29323/20).

Il terzo motivo è infondato, in quanto il dirigente in sede di opposizione ha chiesto l’accertamento del credito, come credito di “di massa”, pertanto, al di là del riferimento testuale delle conclusioni espresse, la sostanza dell’accertamento richiesto faceva sicuramente riferimento al riconoscimento della prededuzione, così come richiesto in sede d’insinuazione (cfr. p. 1 del decreto impugnato).

Il quarto motivo è infondato.

Infatti, ai sensi della giurisprudenza di questa Corte, “L’indennità supplementare prevista dall’Accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale” allegato al CCNL dei dirigenti aziendali, costituisce – a prescindere dalla sua natura retributiva o indennitaria – un credito da ammettere al passivo in prededuzione L.Fall., ex art. 111, per i dirigenti di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria che siano cessati dal rapporto di lavoro solo successivamente al provvedimento di ammissione alla procedura, essendo la sua prosecuzione indubitabilmente funzionale alle esigenze di continuazione dell’attività di impresa” (Cass. nn. 29735/18, 29318/20, 25061/21).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna l’A.S. ricorrente a pagare a L.M.G. le spese di lite che quantifica in Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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