Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7066 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 7066 Anno 2016
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: CRISTIANO MAGDA

SENTENZA

sul ricorso 12470-2014 proposto da:
ESCHILO 1 S.R.L., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ORIANI 85, presso l’avvocato VALERIO DI GRAVIO, che la
rappresenta e difende, giusta procura a margine del

Data pubblicazione: 11/04/2016

ricorso;
– ricorrente –

2016
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contro

FALLIMENTO ESCHILO l S.R.L., in persona del Curatore
dott. ROBERTO FALCONE, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA G.P. DA PALESTRINA 19, presso l’avvocato

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MASSIMO PAGLIARI, che lo rappresenta e difende, giusta
procura in calce al controricorso;
controricorrente

avverso la sentenza n. 2470/2014 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 11/04/2014;

udienza del 26/01/2016 dal Consigliere Dott. MAGDA
CRISTIANO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato E. GABRIELLI, con
delega, che si riporta;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato M. PAGLIARI
che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Roma ha respinto il reclamo proposto da Eschilo s.p.a. awerso
la sentenza dichiarativa del suo fallimento, che il tribunale capitolino aveva emesso il
31.10.013, su richiesta del P.M., dopo aver dichiarato inammissibile la domanda di
concordato preventivo depositata dalla società ai sensi dell’art. 67, 60 comma, I. fall.

La corte territoriale ha in primo luogo escluso che la sentenza fosse stata
pronunciata in violazione del diritto di difesa della Eschilo: ha in proposito osservato
che, benché l’inammissibilità del concordato fosse stato accertata per ragioni
diverse da quelle che avevano indotto il tribunale a richiedere integrazioni al piano, la
società era comunque comparsa all’udienza fissata ai sensi dell’art. 162 I. fall. ed
aveva usufruito anche di un termine per il deposito di una memoria integrativa. Nel
merito, la corte capitolina ha condiviso integralmente le motivazioni poste dal primo
giudice a fondamento della pronuncia di inammissibilità, rilevando: che nella
memoria integrativa Eschilo aveva prospettato due scenari possibili, tra loro
alternativi, a seconda che venisse o meno autorizzata la conciliazione del giudizio
tributario da essa promosso contro l’Agenzia delle Entrate, incompatibili con
l’esigenza di un’esatta individuazione della proposta concordataria; che, inoltre, non
aveva censurato l’affermazione del primo giudice secondo cui la conciliazione
giudiziale non avrebbe potuto essere autorizzata perché, secondo i termini
dell’accordo, il pagamento dell’importo ridotto, riferibile a crediti pregressi
dell’amministrazione finanziaria, sarebbe dovuto avvenire in un’unica soluzione od in
quattro rate da corrispondersi immediatamente e non a decorrere dall’omologazione
del concordato; che, infine, risultava che la proponente aveva effettuato, senza
autorizzazione, il pagamento di tributi già scaduti, in esecuzione di un precedente
accordo di rateizzazione.
La sentenza, pubblicata 1’11.4.014, è stata impugnata da Eschilo s.p.a. con ricorso
per cassazione affidato a cinque motivi, cui il Fallimento ha resistito con

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controricorso.
Il P.M. non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità, per violazione del proprio diritto
di difesa, del procedimento che ha condotto all’emissione della sentenza
dichiarativa. Premette che il tribunale aveva disposto la sua convocazione in camera

di consiglio per gli adempimenti di cui all’art. 162, 2 0 comma, I.fall. evidenziando
ragioni di criticità della domanda di concordato diverse da quelle poste a fondamento
del decreto di inammissibilità ed assume, pertanto, che né tale provvedimento, né, a
maggior ragione, la sentenza di fallimento avrebbero potuto essere emessi senza la
fissazione di una nuova udienza camerale, in modo da porla in grado di contraddire
anche sulle questioni che non erano state in precedenza prospettate.
Il motivo non merita accoglimento.
Va innanzitutto rilevato che, secondo la giurisprudenza costante e consolidata di
questa Corte, l’eventuale ricorrenza di una nullità del procedimento di primo grado
per violazione delle regole del contraddittorio (non riconducibile ad alcuna delle
ipotesi contemplate dagli artt. 353, 354 c.p.c. e dunque non costituente ragione di
rimessione del processo al giudice a quo) non riveste autonomo rilievo in sede di
impugnazione, ma deve essere accompagnata dall’indicazione dello specifico e
concreto pregiudizio derivatone alla parte.
La censura inerente la violazione del diritto di difesa della reclamante risultava
perciò assorbita dalle censure che investivano nel merito il provvedimento del
tribunale e che erano volte a contrastare la decisione proprio in relazione a quei
profili sui quali Eschilo asseriva di non aver avuto modo di contraddire nel corso del
procedimento di primo grado.
L’assunto della ricorrente è, comunque, privo di fondamento, atteso che il 20 comma
dell’art. 162 I. fall. non pone limite alcuno alla verifica da parte del tribunale della
ricorrenza dei presupposti di ammissibilità della proposta. Ne consegue che il
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giudice, una volta che abbia convocato il proponente e lo abbia posto in grado di
svolgere tutte le proprie difese, non è tenuto alla preventiva contestazione di
qualsivoglia ragione, di fatto o di diritto, che si riveli ostativa all’ammissione (Cass.
nn, 11496/014, 13083/013).
2) Col secondo motivo la ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia dichiarato
inammissibile la proposta di concordato solo perché prospettava diverse percentuali

di soddisfacimento dei creditori in funzione del verificarsi o meno di determinati
eventi, nonostante fosse stato presentato un unico piano che aveva un’unica
modalità di attuazione.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’indicazione nella domanda di
concordato della percentuale di soddisfacimento dei crediti é necessaria al fine di
consentire ai creditori di valutare la concretezza e la convenienza della proposta,
nonché la sua fattibilità economica, ma, a meno di un’espressa previsione in tal
senso, non costituisce manifestazione di una volontà negoziale sulla quale si forma
il consenso o l’accettazione (Cass. nn. 6022/014, 13817/011, nonché Casa. S.U. n.
1521/13).
Deve pertanto ritenersi pienamente ammissibile una domanda di concordato che,
ferme restando la proposta e le modalità di attuazione della stessa previste nel
piano, prospetti la possibilità di diverse percentuali di soddisfacimento dei creditori,
ricomprese entro una forbice variabile tra una soglia minima e una massima, a
seconda dell’esito dell’accertamento dei crediti in contestazione vantati da terzi.
Tanto è accaduto nei caso di specie, posto che, come emerge proprio dalla lettura
della sentenza impugnata, nella memoria integrativa Eschilo si era limitata a
precisare che il credito tributario privilegiato oggetto della causa pendente sarebbe
stato soddisfatto in misura ridotta o per l’intero a seconda che il tribunale avesse, o
meno, autorizzato la conciliazione giudiziale: con l’ovvia conseguenza che, nel
primo caso, la somma residua da distribuire in percentuale fra i creditori chirografari

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sarebbe stata maggiore che nel secondo.
La rappresentazione dei due possibili, distinti esiti della liquidazione non era dunque
di ostacolo all’esatta individuazione della proposta: il realizzarsi dell’ una, piuttosto
che dell’altra, delle ipotesi prospettate non avrebbe infatti dato luogo a variazioni
dello stato analitico delle attività e dell’elenco dei creditori, né comportato la
necessità di modifica delle modalità e dei tempi di attuazione del concordato, così

come illustrati nel piano presentato dalla debitrice, ma avrebbe unicamente inciso
sull’ammontare dell’attivo da ripartire in concreto fra i creditori chirografari,
ripercuotendosi, in definitiva, sulla valutazione, a questi ultimi riservata, di
convenienza dell’accesso alla procedura minore anziché a quella fallimentare anche
nell’ipotesi ad essi meno favorevole.
3) Resta assorbito il terzo motivo del ricorso, con il quale Eschilo contesta di non
aver censurato l’assunto del primo giudice secondo culla conciliazione non avrebbe
potuto essere autorizzata perché prevedeva il pagamento immediato del debito
tributario: la ricorrenza di una ragione ostativa alla transazione della lite non
implicava infatti, di per sé, il venir meno delle condizioni per l’ammissibilità del
concordato, sicché la relativa statuizione era priva di valenza decisoria e,
contrariamente a quanto sembra aver ritenuto il giudice del reclamo, non costituiva
un’ autonoma ratio posta a sostegno della pronuncia.
4) Con il quarto ed il quinto motivo, che sono fra loro connessi e possono essere
congiuntamente esaminati, la ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia
ritenuto inammissibile la proposta a causa del pagamento, eseguito senza
autorizzazione in data successiva al deposito della domanda, della rata in scadenza
del debito tributario oggetto di un precedente accordo intervenuto con
l’amministrazione finanziaria.
Anche questi motivi sono fondati.
Dal disposto dell’art. 161, comma 7, I. fall. non può infatti desumersi che il
pagamento non autorizzato di un debito scaduto eseguito in data successiva al

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deposito della domanda di concordato con riserva comporti, in via automatica,
l’inammissibilità della proposta, dovendosi pur sempre valutare se detto pagamento
costituisca, o meno, atto di straordinaria amministrazione (ovvero atto destinato ad
incidere sul patrimonio del debitore, per compiere il quale è necessaria la preventiva
autorizzazione del tribunale, secondo quanto richiesto dall’art. 167 I. fall.), nonché
se, in ogni caso, la violazione della regola della par condicio sia diretta a frodare le

ragioni dei creditori, pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta
negoziale formulata con la domanda di concordato (cfr. Cass. nn. 33324/3325/016).
Né l’una, né l’altra di tali condizioni ricorrevano nel caso di specie, atteso che il
pagamento era stato effettuato in esecuzione di un contratto pendente che, in caso
di inadempimento, si sarebbe risolto determinando un aggravio del debito tributario,
che sarebbe stato maggiorato delle sanzioni: il pagamento, che non comportava
una diminuzione, bensì un accrescimento, del patrimonio destinato al
soddisfacimento dei creditori concordatari, non poteva perciò ritenersi atto di
straordinaria amministrazione né, tantomeno, atto di frode, volto a pregiudicare le
possibilità di ripartizione dell’attivo secondo i tempi e le percentuali indicati nella
proposta.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, con rinvio del procedimento,
per un nuovo esame, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che si
atterrà ai seguenti principi:
“E’ ammissibile la domanda di concordato che, ferme restando la proposta e le
modalità di attuazione della stessa previste nel piano, prospetti la possibilità di
diverse percentuali di soddisfacimento dei creditori, ricomprese entro una forbice
variabile tra una soglia minima e una massima, a seconda dell’esito
dell’accertamento dei crediti in contestazione vantati da terzi”.
“Il pagamento non autorizzato di un debito scaduto eseguito in data successiva al
deposito della domanda di concordato con riserva non comporta, in via automatica,
l’inammissibilità della proposta, dovendosi pur sempre valutare se detto pagamento
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costituisca, o meno, atto di straordinaria amministrazione nonché se, in ogni caso,
la violazione della regola della par condicio sia diretta a frodare le ragioni dei
creditori, pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta negoziale
formulata con la domanda di concordato”.
La corte del merito liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

La Corte rigetta il primo, accoglie il secondo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso e
dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti
e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese di
questo giudizio di legittimità.
Roma, 26 gennaio 2016.
llcns.st .

P.Q.M.

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