Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7065 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 03/03/2022, (ud. 20/01/2021, dep. 03/03/2022), n.7065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8392-2020 proposto da:

D.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI PIRANDELLO

67 PAL A, presso lo studio dell’avvocato SABRINA BELMONTE,

rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO FEDELI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 297/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/01/2018 R.G.N. 1812/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2022 dal Consigliere Dott. PICCONE VALERIA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– D.P. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, depositata il 19 gennaio 2018, di reiezione della impugnazione dell’ordinanza emessa dal locale Tribunale che aveva respinto la sua domanda per il riconoscimento della protezione internazionale e della protezione umanitaria;

– dall’esame della decisione impugnata emerge che a sostegno della domanda il richiedente aveva allegato che era originario della Nigeria ed era giunto in Italia per esser fuggito dal proprio Paese d’origine per effetto di alcuni sogni premonitori che gli prefiguravano la morte; si legge, poi, nella parte motiva, che l’appellante contestava il mancato riconoscimento dello status di rifugiato in relazione al clima di pericolosità dovuto alle minacce dei cultisti;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– il Ministero dell’Interno ha presentato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1;

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso la parte ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14;

– con il secondo motivo si allega l’erronea interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda e la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32;

– preliminarmente, il Collegio rileva che le censure proposte non sono confacenti, sia in premessa che nel loro sviluppo, alla sommaria esposizione del fatto come richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 3. che risulta, dunque, inosservato;

– al riguardo, questa Corte ha affermato che il ricorso per cassazione in cui difetti l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile e che tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione; (Cass. SU 11308/2014; fra le più recenti, Cass. 10479/2021);

– si afferma, inoltre, in sede di legittimità, che nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonché alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (cfr. Cass. 10072/2018; Cass. 7025/2020; Cass. 10479/2021 cit.);

– in particolare, nella specie, posto un generico riferimento ai sogni premonitori quale unico input per l’abbandono, da parte del ricorrente, del proprio Paese di origine – la Nigeria – va rilevato come nessun riferimento si trovi in ricorso ad un passo della motivazione della sentenza che pur concerne le ragioni della fuga;

– la Corte, invero, proprio nella parte iniziale dei motivi della decisione, testualmente afferma: “l’appellante contesta il mancato riconoscimento dello status di rifugiato in relazione al clima di pericolosità e precarietà in cui vive la popolazione e alle minacce di morte subite da parte dei cultisti”;

– alcun riferimento al riguardo si individua nel tessuto argomentativo del ricorso per cassazione che, come già rilevato, si limita ad un generico riferimento a sogni premonitori quale stimolo nodale per la partenza, con un evidente richiamo ad una situazione che appare ictu oculi di improbabile inquadramento nell’ambito della richiesta di protezione internazionale;

– deve concludersi, quindi, che i motivi proposti, in parte sovrapponibili, sono riferiti ad una vicenda sostanziale e processuale che rimane del tutto oscura, sia rispetto al racconto del richiedente che è stato oggetto di valutazione del Tribunale, sia in relazione alle censure prospettate nel grado di merito: ciò non consente a questa Corte di apprezzare gli errori che sono stati denunciati;

– il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile;

– non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del difensore del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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