Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7062 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. II, 12/03/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 12/03/2021), n.7062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16320/2016 proposto da:

L.T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO LUIGI

ANTONELLI n. 10, presso lo studio dell’avvocato ANDREA COSTANZO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DI VILLA

MASSIMO n. 21, presso lo studio dell’avvocato EDOARDO MOLINARI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO CORSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1222/2015 del TRIBUNALE di GROSSETO,

depositata il 15/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/01/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 26.3.2010 l’avv. C.P. evocava in giudizio L.T.G. innanzi il Giudice di Pace di Orbetello per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 202,52, detratto l’acconto di Euro 30 già percepito, oltre oneri di legge, a titolo di competenze professionali dovute a fronte dell’opera di domiciliazione svolta dall’attore in favore del convenuto relativamente ad un giudizio di opposizione a cartella esattoriale, svoltosi dinanzi il medesimo ufficio giudiziario e conclusosi con sentenza del 2007. Si costituiva in giudizio il L.T. resistendo alla domanda, lamentando l’eccessività della somma richiesta.

Con sentenza n. 518/2011 il Giudice di Pace rigettava la domanda compensando le spese.

Interponevano separati appelli avverso detta decisione il C. ed il L.T., rispettivamente impugnando, il primo, il capo di decisione relativo al rigetto della domanda di pagamento del compenso, ed il secondo, quello relativo alle spese di lite.

Riunite le due impugnazioni, il Tribunale di Grosseto, con la sentenza oggi impugnata, n. 1222/2015, accoglieva l’appello del C., condannando il L.T. al pagamento della somma di Euro 172,52 oltre accessori, nonchè alle spese del giudizio.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione L.T.G., affidandosi a sei motivi.

Resiste con controricorso C.P..

La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della tariffa professionale di cui al D.M. n. 585 del 1994, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente applicato la tariffa di cui al D.M. n. 127 del 2004, entrato in vigore in data 18.5.2004, a fronte di una attività conclusa in data 13.2.2004, e quindi nella vigenza del D.M. n. 585 del 1994.

La censura è infondata.

Lo stesso ricorrente afferma, a pag. 2 del ricorso, che l’attività per la quale il C. aveva chiesto di essere retribuito si era conclusa con sentenza del Giudice di Pace di Orbetello del 2007, e quindi nella vigenza del D.M. n. 127 del 2004.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, della tariffa professionale di cui al D.M. n. 585 del 1994 o, alternativamente, al D.M. n. 127 del 2004, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente riconosciuto al C. un compenso non dovuto, per la redazione delle diffide di pagamento inviate al proprio cliente.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, del fatto che non sarebbe dovuto il compenso per le diffide di pagamento di cui al precedente motivo.

Le due censure, che meritano una trattazione congiunta, sono inammissibili.

La tariffa professionale allegata al D.M. n. 585 del 1994, art. 2, comma 1 e della tariffa allegata al successivo D.M. n. 127 del 2004, art. 2, comma 1 – norme, queste, entrambe riprodotte a pag. 9 del ricorso – prevedono espressamente che “I rimborsi ed i compensi previsti per le prestazioni stragiudiziali sono dovuti dal cliente… sempre che tali prestazioni non trovino adeguato compenso nella tariffa per le prestazioni giudiziali”. Da ciò discende che era onere del ricorrente dimostrare che le prestazioni stragiudiziali relative alle diffide inviate al cliente per il saldo della prestazione effettuata dal professionista trovavano adeguato compenso nella tariffa relativa all’attività giudiziale. Il ricorrente, invece, non affronta in alcun modo detta tematica, e dunque entrambe le censure difettano del necessario grado di specificità.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente riconosciuto al C. le spese di emissione della fattura, che – a mente del richiamato art. 21 – non possono dar luogo ad alcun addebito a carico del cliente.

La censura è inammissibile.

li giudice di merito non ha affatto riconosciuto al C. le spese di emissione della fattura, bensì il compenso per le diffide di pagamento inviate al proprio cliente, che non era risultato adempiente all’obbligazione di pagamento del corrispettivo dovuto al professionista per l’attività da quegli svolta. Il motivo, di conseguenza, non coglie la ratio della decisione impugnata.

Con il quinto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale avrebbe liquidato al C., a titolo di spese del doppio grado di giudizio, una somma superiore al valore della causa.

La censura è fondata.

La causa di merito concerneva una richiesta di pagamento di compensi per un importo di Euro 202,52 e quindi inferiore al limite di Euro 1.100, previsto dall’art. 82, comma 1, per le cause svolte davanti al Giudice di Pace nelle quali le parti possono stare in giudizio personalmente.

L’art. 91, comma 4, prevede che per le predette controversie “… le spese, le competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda”.

La liquidazione operata dal Tribunale, pari ad Euro 340, è dunque eccessiva e va ridotta, nei sensi indicati dal ricorrente, sino all’importo massimo di Euro 202,52.

Con il sesto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 2, commi 1 e 4 e tabella 2 allegata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente applicato la tariffa relativa alle cause svolte dinanzi la Corte di Appello, riconoscendo al C. un compenso, per il secondo grado di giudizio, di Euro 640, in luogo del valore indicato dalla tabella corretta, per le cause svolte dinanzi il Tribunale, pari ad Euro 630.

La censura è infondata.

Lo stesso ricorrente dà atto, a pag. 13 del ricorso, che la tariffa corretta, relativa alle cause svolte davanti al Tribunale, prevede un importo medio di Euro 630, riducibile sino ad Euro 353 ed aumentabile, di regola, fino ad Euro 1.172. Il giudice di merito ha liquidato, nel caso di specie, l’importo di Euro 640 per il secondo grado, rimanendo nell’ambito della maggiorazione del compenso medio espressamente autorizzata dal D.M. n. 55 del 2014, art. 4. Non si configura, di conseguenza, alcuna violazione di legge.

In definitiva, vanno rigettati il primo ed il sesto motivo, dichiarati inammissibili il secondo, terzo e quarto, mentre va accolto il quinto. Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di merito, la causa può essere decisa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con liquidazione delle spese relative al primo grado del giudizio di merito nella misura di Euro 202,52.

Poichè il ricorso è accolto soltanto in minima parte, le spese del presente giudizio di legittimità vanno integralmente compensate.

PQM

la Corte rigetta il primo ed il sesto motivo di ricorso, dichiara inammissibili il secondo, terzo e quarto, accoglie il quinto, cassa la decisione impugnata in relazione alla censura accolta e, non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di merito, decide la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, condannando il L.T. al pagamento, in favore del C., della somma di Euro 202,52 per le spese del primo grado di giudizio, in luogo di quella maggiore riconosciuta dal Tribunale, ferme le altre statuizioni contenute nella decisione impugnata.

Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

 

 

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