Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7062 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7062 Anno 2016
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: CRISCUOLO MAURO

SENTENZA
sul ricorso 1431-2012 proposto da:
DE DONNO DANIELA DDNDNL65C56B506I, elettivamente
domiciliata in ROM_A, VIA SABOTINO 22, presso lo studio
dell’avvocato MARCO TRONCI, rappresentata e difesa dagli avvocati
GENNARO LEUZZI e NICOLA DE PIETRO giusta procura speciale
a margine del ricorso;
– ricorrente –

contro
IVIACI CLAUDIO MC_ACLD55T26B506E, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA L. MANTEGAZZA 24, presso lo studio dell’avvocato

f

Data pubblicazione: 11/04/2016

GARDIN STUDIO LEGATE, rappresentato e difeso dall’avvocato
ANTONIO DE MAURO giusta procura speciale a margine del
controricorso;

avverso la sentenza n. 105/2011 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 07/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/03/2016 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
udito l’Avvocato Antonio De Mauro per il controticorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LUIGI
SALVATO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 24/11/1999 De Dormo
Daniela conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Lecce-sezione
distaccata di Galatina, Maci Claudio affinché, previo accertamento della
sua responsabilità, fosse condannato al risarcimento dei danni quantificati
nella somma di lire 83.628.640.
Deduceva che agli inizi del 1997 aveva affidato all’ingegner Maci
l’incarico “per l’utilizzazione a civile abitazione fniibile alla sua famiglia”

di progettare il fabbricato sito in Campi Salentina alla via 20 settembre n.
125, previa demolizione e ricostruzione del fabbricato già esistente. 11
progetto doveva svilupparsi sulle particelle nn. 330 e 954 del foglio 40,
partita 11057, e che il convenuto nel predisporre il progetto aveva
determinato la superficie coperta e la volumetria del manufatto da
costruire in base alla destinazione d’uso (zona B2 di completamento
edilizio) prevista nello strumento urbanistico.

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controricorren te –

Rilasciata la concessione, poiché le zone interessate dall’intervento
erano limitrofe alla sede ferroviaria ed il fabbricato doveva essere
realizzato a distanza non regolamentare dalla stessa, il Dirigente della
Sezione Urbanistica del Comune di Campi Salentina, nell’ambito

particella n. 954 risultava in realtà destinata dal Piano di Fabbricazione a
“viabilità di piano”, così che con provvedimento del 20/2/1998
ingiungeva l’immediata sospensione dei lavori (provvedimento impugnato
dinanzi al Tar con esito negativo e poi al Consiglio di Stato con esito
favorevole).
Con successiva ordinanza del 24/7/1998 (impugnata con esito
sfavorevole sia dinanzi al Tar che dinanzi al Consiglio di Stato), lo stesso
Dirigente disponeva l’auto annullamento della concessione edilizia per
vizi di legittimità, ricollegabili sia alla violazione della distanza del
fabbricato dalla ferrovia sia all’erronea rappresentazione di elementi di
fatto, costituiti dalla circostanza che una particella non rientrava tra quelle
per le quali era previsto il completamento edilizio, avendo pertanto la
parte fruito sia di un aumento della cubatura (rispetto a quella
astrattamente ottenibile in applicazione dell’articolo 4 della legge n. 10 del
1977) sia della superficie complessiva autorizzata (rispetto a quella
conseguibile sulla base degli strumenti urbanistici vigenti).
Evidenziava che però il fabbricato demolito era stato oggetto di
condono edilizio da parte dei genitori, così che la demolizione della
precedente costruzione aveva privato l’attrice della possibilità di fruire
della maggiore cubatura a suo tempo condonata.

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procedura tesa ad ottenere la deroga alla detta distanza, riscontrava che la

La responsabilità dell’accaduto era da addebitare al convenuto il
quale aveva omesso di eseguire prima della redazione degli elaborali
progettuali, le dovute indagini presso gli uffici comunali, rendendosi
pertanto gravemente inadempiente.

domanda, atteso che l’esistenza del vincolo sulla particella n. 954 non era
facilmente riscontrabile, considerata anche la situazione edificatoria
presente nella zona che poteva far ritenere inesistenti (o comunque
decaduti) eventuali vincoli.
Disposta consulenza tecnica d’ufficio e richiesti chiarimenti
all’ausiliare, il Tribunale con la sentenza del 16/6/2008, accoglieva la
domanda e, previa declaratoria di responsabilità professionale del Maci
nell’esecuzione dell’incarico conferitogli, condannava questi al pagamento
in favore della De Donno della somma di curo 54.252,00, oltre interessi
legali.
Il giudice di primo grado riteneva effettivamente sussistenti le
violazioni alle regole di diligenza professionale imputate al convenuto, e
per l’effetto lo riteneva altresì responsabile dei danni, per la cui
quantificazione si riportava alle risultanze della consulenza tecnica
d’ufficio
Proposto appello da parte del Maci, la Corte di Appello di Lecce,
nella resistenza dell’appellata, in parziale accoglimento del gravarne
rideterminava la somma dovuta a titolo di risarcimento danni
nell’importo di euro 2.269,89, confermando per il resto la sentenza
impugnata.

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Si costituiva il convenuto il quale sosteneva l’infondatezza della

La Corte distrettuale disattendeva in primo luogo il motivo di
appello con il quale si contestava la sussistenza della responsabilità in
capo all’appellante, ritenendo che tra gli obblighi del professionista
rientrava anche quello di redigere un progetto conforme, non solo alle

modalità di edificazione su di un dato territorio.
Il convenuto non aveva in alcun modo informato l’attrice di
eventuali rischi, di natura amministrativa, concernenti l’ottenimento della
concessione, avendo colpevolmente ignorato la circostanza che la
particella n. 954 aveva una destinazione a “viabilità di piano”, trattandosi
peraltro di accertamento assolutamente agevole e chiaramente csigibile in
capo ad un professionista quale il convenuto.
Passando alla disamina del quantum, rilevava che il progetto redatto
dall’appellante, per i limiti di piano del terreno in questione, non avrebbe
mai potuto avere piena realizzazione, ma d’altro canto la De Donno, in
seguito alla demolizione dell’edificio preesistente, aveva comunque
realizzato, su progetto del geometra Perrino, e previo rilascio di una
nuova concessione edilizia, e con l’esborso di euro 5.990,00 per il
condono delle opere abusive, un immobile per civile abitazione di
estensione e valore superiore a quello suscettibile di poter essere edificato
in base alle regole vigenti.
Come evidenziato dalla c.t.u., il fabbricato in concreto realizzato
differiva da quello previsto nel progetto del convenuto sia per la mancata
realizzazione di una superficie di metri quadri 20,64 al primo piano, sia
per la mancata realizzazione di un volume tecnico di 16 metri quadri sito
sul piano terrazza, con annessi due balconi. Tuttavia escludeva che la

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regole tecniche, ma anche alle norme giuridiche che disciplinano le

mancata realizzazione di tali superfici fosse fonte di danno per l’attrice, in
quanto la superficie da realizzare al primo piano non avrebbe mai potuto
essere realizzata, in quanto non rientrante nei parametri urbanistici
previsti nel Piano di fabbricazione, mentre la mancata realizzazione del

atteso che, come volumi tecnici, non incidevano sul calcolo complessivo
dell’immobile.
Inoltre evidenziava che se l’attrice aveva dovuto sostenere dei costi
aggiuntivi, pari ad euro 5.990,00 per pagamento di oneri relativi alla
fiscalizzazione, e cioè quale sanzione per ottenere la concessione, nonché
pari ad euro 9.300,00 corrispondenti ai costi per realizzare le opere
abusive, non poteva trascurarsi che le opere realizzate avevano altresì
determinato un aumento di valore dell’immobile, quantificato dal c.t.u. in
euro 13.020,00, così che il danno concretamente subito dall’attrice era
pari alla differenza tra i due valori, corrispondendo pertanto ad curo
2.269,89.
Alcun altro danno andava poi riconosciuto in favore della De
Donno, non potendo alla stessa essere riconosciute le somme impiegate
per la difesa nei processi amministrativi, trattandosi di una condotta
riconducibile ad una libera scelta dell’attrice, né la somma richiesta a titolo
di compenso per il nuovo progettista del fabbricato, non potendosi far
ricorso ad una liquidazione di tipo equitativo, così come fatto dal giudice
di primo grado, trattandosi di un danno che ben poteva essere
determinato nel suo preciso ammontare.
Infine non poteva essere riconosciuta alcuna somma per la
riduzione di valore dovuta alla perdita di cubatura, ivi compresa la non

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volume tecnico e dei due balconi costituiva una libera scelta dell’attrice,

stipulabilità e commerciabilità dell’immobile, che invece il Tribunale
aveva quantificato in euro 25.000,00, osservandosi che la cubatura
prevista nel primo progetto non poteva mai essere realizzata in quanto
non in linea con la normativa urbanistica. Inoltre nel secondo progetto la

realizzata in quanto il vano antistante al piano rialzato risultava in detto
progetto destinato ad ingresso-parcheggio, mentre, in realtà, era
attualmente adibito ad ingresso-salone, così che questa differenza di
destinazione d’uso aveva dato all’attrice la possibilità di edificare
comunque una zona che altrimenti avrebbe dovuto destinare a
parcheggio.
Poiché la De Donno al momento beneficiava di una zona giorno, di
cui non avrebbe potuto fruire in base alla normativa urbanistica e che
sarebbe stata verosimilmente condonata, non poteva essere riconosciuto
alcun ulteriore pregiudizio.
Per la cassazione di tale pronunzia ha proposto ricorso De Donno
Daniela sulla base di undici motivi.
Maci Claudio ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denunzia l’omessa, contraddittoria ed
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo ai sensi del
n. 5 dell’articolo 360 c_p.c. Si deduce in particolare che la sentenza
gravata, pur ravvisando l’inadempimento del professionista, aveva tuttavia
escluso la risarcibilità del pregiudizio conseguente alla perdita di cubatura,
rilevando che la cubatura prevista nel progetto iniziale dell’ingegner Maci

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cubatura prevista risulta comunque inferiore a quelle effettivamente

non poteva mai essere realizzata, in quanto non in linea con la normativa
urbanistica.
In realtà la Corre distrettuale avrebbe completamente ed illegittimamente
trascurato la circostanza, reiteratamente dedotta negli scritti difensivi della

cui occorreva tener conto del fatto che il fabbricato preesistente era stato
già oggetto di interventi edilizi, successivamente condonati da parte dei
genitori dell’istante, c che era stata la demolizione del manufatto
colposamente prevista nel progetto del convenuto a determinare la
perdita della cubatura condonata, stante la necessità di doversi
conformare alle disposizioni urbanistiche vigenti al momento del rilascio
della seconda concessione edilizia.
Peraltro, laddove si seguisse il ragionamento dei giudici di appello, per il
quale la perdita della cubatura non era in diretta ed univoca conseguenza
della demolizione del fabbricato, ma piuttosto del vincolo di
inedificabilità, allora non troverebbe nemmeno giustificazione la
conferma dell’affermazione della responsabilità professionale dcl
convenuto.
Con il secondo morivo di ricorso si denunzia egualmente l’omessa,
contraddittoria ed insufficiente motivazione su un fatto controverso e

decisivo, e sempre in relazione al mancato riconoscimento del danno da
perdita di cubatura, assumendosi che il riscontro circa la perdita in
oggetto andava compiuta esclusivamente raffrontando la cubatura
prevista nel primo progetto, prima della demolizione del fabbricato la cui
cubatura era stata precedentemente condonata, con quella contemplata

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ricorrente, ed evidenziata anche dalla sentenza di primo grado, secondo

nel successivo progetto del geometra Perrino, così come vincolata dalla
normativa urbanistica vigente.
Infatti, raffrontando correttamente due progetti, e non tenendo in nessun
conto quanto realizzato successivamente (anche in maniera abusiva) da

superficie pari a metri quadri 60,63 (con una perdita di cubatura di 165,30
m3) e non di soli 20,64 metri quadri come invece ritenuto dalla sentenza
impugnata.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta l’omessa, contraddittoria ed
insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo,
lamentandosi in particolare che i giudici di appello abbiano omesso di
valutare le conclusioni emergenti dalla consulenza tecnica d’ufficio, nella
parte in cui riportavano per l’appunto in 165,30 m 3 la minor volumetria
esistente fra il progetto dell’ingegner Maci e quello del geometra Penino,
dando viceversa rilevanza alla diversa conclusione dello stesso
consulente che aveva invece quantificato la differenza di cubatura in soli
69,32 m3 .
Con il quarto motivo si denunzia l’omessa, contraddittoria ed
insufficiente motivazione in ordine alla mancata valutazione
dell’inesistenza di una prova circa l’effettiva presentazione di una
domanda di condono relativa alla destinazione a zona a giorno della
porzione dell’edificio antistante il piano rialzato, che invece in base al
secondo progetto doveva risultare destinata a parcheggio.
Si assume che la Corte salentina aveva omesso di considerare che non era
mai stata acquisita agli atti la prova della richiesta di condono, e che in
realtà vi era stato un travisamento da parte dello stesso c.t.u., alle cui

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parte della ricorrente, sarebbe stato possibile verificare una minor

conclusioni si era rifatta la sentenza impugnata, delle dichiarazioni del
CTP di parte attrice, il quale nel far riferimento ai costi necessari al
condono di tali opere abusive, lungi dal sostenere che fosse stata
effettivamente presentata la domanda di condono, intendeva evidenziare

presentare istanza di sanatoria.
Con il quinto motivo si lamenta la violazione ovvero falsa applicazione
dell’articolo 1223 c.c., per quanto attiene alla quantificazione del danno,
atteso che la sentenza avrebbe illegittimamente applicato il principio della
compensati° lucri rum damno,

nella parte in cui, dopo aver dato atto di

maggiori costi sopportati da parte dell’attrice, per un importo di curo
15.289,89 (corrispondenti in parte al pagamento degli oneri relativi alla
fiscalizzazione, ed in parte ai costi per la realizzazione delle opere
abusive) avrebbe detratto da tale importo il maggior valore dell’immobile
in conseguenza proprio delle opere abusive, consistite nella
trasformazione dell’area destinata a parcheggio in zona giorno del salone
al piano interrato.
In realtà, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il principio
della coffoensatio può trovare applicazione nei soli casi in cui tanto il
pregiudizio quanto il vantaggio patrimoniale siano conseguenze
immediate e dirette del medesimo fatto.
Nel caso di specie, sostiene la ricorrente che gli esborsi per il condono,
ancorché necessitati dalla realizzazione dell’opera progettata dal
convenuto, avevano una causa autonoma, diversa e distinta dal lucro che
da tale realizzazione sarebbe derivato, così come l’aumento di valore che,
a detta della Corte distrettuale, escluderebbe la perdita di cubatura.

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gli eventuali costi che sarebbero stati sostenuti, ove la parte avesse inteso

Per l’effetto, una volta esclusa la compensazione tra le suddette voci, il
pregiudizio sofferto dalla ricorrente sarebbe integralmente corrispondente
ai maggiori costi sostenuti, pregiudizio al quale andrebbe poi aggiunto il
danno derivante dalla perdita della cubatura.

insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in quanto
non sarebbe dato comprendere dalla motivazione della sentenza
impugnata in base a quali ragioni siano stati ricondotti all’inadempimento
del convenuto anche il primo ed unico condono edilizio effettuato dalla
ricorrente, la maggiore estensione dell’immobile effettivamente realizzato
dalla De Donno, ivi inclusa la zona antistante destinata a giorno, nonché

il presunto ed ipotetico iter di sanatoria edilizia di detta ultima zona.
La questione assumerebbe rilevanza in quanto solo per effetto della
riconduzione di tutte tali circostanze alla condotta del convenuto, sarebbe
possibile compensare la perdita di cubatura subita dalla ricorrente con gli
aumenti di valore derivanti dalla maggiore estensione del fabbricato per
effetto dell’ampliamento, a discapito della zona destinata a parcheggio, del
vano salone.
Con il settimo motivo di ricorso si lamenta la violazione di legge ed in
particolare dell’articolo 1223 c.c., nella parte in cui i giudici di appello
hanno disatteso la richiesta di ottenere il ristoro anche delle somme spese
dall’attrice per la difesa nei procedimenti amministrativi nei quali erano
stati impugnati i provvedimenti del Comune di sospensione dei lavori e di
successiva revoca della prima concessione edilizia, assumendosi che
trattavasi di difese costituenti un normale effetto dell’inadempimento
della controparte_

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Con il sesto motivo di ricorso si denunzia l’omessa, contraddittoria ed

Con l’ottavo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa
applicazione dell’articolo 1223 c.c. laddove si esclude il diritto al
risarcimento del danno per la mancata realizzazione di volumi tecnici sul
piano terrazza e di due balconi, occorrendo anche a tal proposito

immediato, costituente pertanto un normale effetto dell’inadempimento
della controparte.
Con il nono motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa
applicazione degli articoli 17 e 40 della legge n. 47 del 1985, dell’articolo
46 del d.p.r. n. 380 del 2001 nonché dell’articolo 29 comma Ibis della
legge n. 52 del 1985.
La sentenza in esame avrebbe negato il diritto al risarcimento del danno
derivante dalla incornmerciabilità dell’immobile, assumendo che il bene
risulterebbe già allo stato commerciabile e che, in caso di esito positivo
della pratica di concessione edilizie in sanatoria, potrà essere venduto
anche con la parte antistante destinata a zona giorno_
La difesa della ricorrente, oltre a ribadire l’inesistenza di una domanda di
condono per tale zona, richiama la novellata previsione di cui all’articolo
29 comma Ibis della legge n. 52 del 1985, così come modificata
dall’articolo 19 comma 14 del decreto-legge n. 122 del 2010 il quale non
consente l’alienazione di immobili per i quali non sia possibile attestare la

conformità dello stato di fatto rispetto ai dati catastali ed alle planimetrie
ivi depositate.
Con il decimo motivo si denunzia l’omessa, contraddittoria ed
insufficiente motivazione in merito all’affermazione contenuta in
sentenza circa la commerciabilità del bene in quanto, riprendendo le

Pie. 2012 n 01431 sez. 52 – ud. 16-03-2016 -12-

pervenire alla conclusione secondo cui si trattava di un danno diretto e

erronee conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, avrebbe da un lato
affermato che l’immobile sarebbe già commerciabile all’attualità, mentre
dall’altro avrebbe poi sostenuto che il bene poteva essere alienato solo
considerando la zona antistante come adibita a parcheggio, e non anche

Le due affermazioni sarebbero evidentemente contraddittorie in quanto
da un lato si assume la piena commerciabilità del bene, e dall’altro, pur
assumendosi la commerciabilità, si sostiene che il bene non potrà essere
trasferito alle stesse condizioni di prezzo pari a quelle ottenibili in assenza
dell’abuso.
Infine, con l’undicesimo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa
applicazione dell’articolo 1227 c.c., nella parte in cui i giudici di appello
non hanno riconosciuto il diritto al risarcimento del danno,
corrispondente al compenso versato al geometra Penino per la redazione
del secondo progetto, sul presupposto che non vi fosse alcuna prova
dell’effettivo esborso di tale somma, e ciò, trascurando in maniera
evidente la circostanza che si trattava di liquidare un danno futuro, per il
quale era consentito il ricorso alla liquidazione equitativa ex articolo 1226
c.c.
2. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di giudicato interno
sollevata con il controricorso dalla difesa del Mad sul presupposto che,
non avendo la De Donno impugnato in via incidentale la sentenza del
Tribunale, sarebbe ormai preclusa ogni contestazione concernente le
valutazioni compiute da parte del CTU.
A tal fine occorre rilevare che, ancorchè il giudice di primo grado avesse
formalmente ritenuto esaustive le risultanze dell’elaborato peritale,

Ric. 2012 n. 01431 sei. 52 – ud. 16-03-2016 -13-

in ragione della destinazione abusiva a zona giorno.

tuttavia nel procedere alla quantificazione del danno, che è il contenuto
della sentenza effettivamente investito dal ricorso in esame, il Tribunale
ha provveduto sostanzialmente in maniera autonoma, in particolare per
quanto attiene alla quantificazione del pregiudizio derivante da perdita di

da parte dell’attrice, che aveva visto accolte le proprie richieste
risarcitorie, deve escludersi che alla stessa fosse consentita la
proposizione di appello incidentale, dovendosi di riflesso altresì escludere
che sul punto possa essersi formato un giudicato interno.
3. Reputa la Corte che debba procedersi, attesa l’intima connessione delle
questioni coinvolte, alla trattazione congiunta dei primi tre motivi di
ricorso, dei quali se ne ravvisa la fondatezza.
Effettivamente la domanda introduttiva ricollegava la pretesa risarcitoria
avanzata dall’attrice al pregiudizio scaturente dalla perdita di cubatura e la
precisa causa petendi era proprio rappresentata dal fatto che, in presenza
di una maggiore cubatura posseduta dal fabbricato preesistente, rispetto a
quanto possibile sulla base della disciplina urbanistica vigente, ancorché
acquisita per effetto del condono ottenuto dai genitori dell’attrice, il
suggerimento del convenuto di procedere alla demolizione ed alla
successiva ricostruzione del fabbricato, sull’erroneo presupposto della
integrale edificabilità di entrambe le particelle interessate dal manufatto,
ha comportato, una volta intervenuta la demolizione, l’impossibilità di
poter continuare a fruire della vecchia cubatura, occorrendo pertanto
conformarsi agli indici di edificabilità fruibili al momento della richiesta
della seconda concessione.

Ric. 2012 n. 01431 sez. 52 – ud. 16-03-2016 -14-

cubatura, di modo che, attesa anche la assenza di effettiva soccombenza

Tale circostanza risulta effettivamente ribadita nei vari scritti difensivi
dell’attrice, e costituisce la individuazione del fondamento della pretesa
risarcitoria, di cui si è dato, oltre che nella sentenza di primo grado laddove a pagina 6 della stessa si ribadisce che a seguito della demolizione

progetto a cura del geom. Penino, la doglianza dell’attrice concerneva
appunto la perdita della maggiore cubatura frutto della pratica di condono
avanzata dai suoi genitori – anche nella sentenza impugnata, atteso che a
pag. 4, nello svolgimento del processo, si richiama la lamentela in ordine
alla perdita della cubatura conseguita a seguito del condono.
Ebbene a fronte di tale puntuale individuazione della causa petendi, la
sentenza in questa sede impugnata, pur confermando la negligenza
professionale del Maci, consistita nel non avere adeguatamente
considerato le effettive potenzialità edificatone di entrambe le particelle
appartenenti all’attrice, e pur dando atto di una effettiva minor superficie
e volumetria del fabbricato realizzato su progetto del geom. Penino (
ancorchè considerando non correttamente, per quanto si dirà in
prosieguo, anche la porzione di immobile abusivamente destinata a zona
giorno del salone in luogo di zona adibita a parcheggio), a pag. 10 ha
tuttavia escluso un pregiudizio da perdita di cubatura, in conseguenza
della condotta dell’appellante, assumendo che, alla luce della normativa
vigente, non sarebbe mai stato possibile realizzare un fabbricato avente la
cubatura di cui al progetto Maci, omettendo del tutto di rilevare che la
causa del danno era appunto individuata nella circostanza che, attesa
l’erronea valutazione dei presupposti edificatori del fondo della De
Donno, il Maci avrebbe dovuto suggerire una soluzione diversa da quella

Ric. 2012 n. 01431 sez. 52 – ud. 16-03-2016-15-

del fabbricato, ed in conseguenza della predisposizione del secondo

della ricostruzione, previa demolizione del preesistente immobile, in
quanto, come poi accaduto, la stessa non avrebbe consentito la
conservazione della maggiore cubatura, a confronto con quella in
concreto assentibile, sulla base delle potenzialità edificatorie del bene.

evidentemente deficitaria, avendo adottato una soluzione che prescinde
del tutto dal raffrontarsi con quella che era la causa petendi della
domanda attorea. Inoltre la stessa appare anche, così come segnalato in
ricorso, contraddittoria, in quanto nel momento in cui afferma che la
cubatura prevista nel progetto Maci, e che risulta essere corrispondente a
quella dell’originario fabbricato, all’esito degli interventi oggetto di
condono, non poteva mai essere realizzata, essendo quindi necessario
attenersi agli standard ai quali si era poi dovuto conformare il successivo
progetto Penino, non è dato poi comprendere per quale ragione sia stata
confermata l’affermazione di responsabilità del primo progettista.
La sentenza deve pertanto essere cassata in relazione all’accoglimento di
tali motivi e la Corte di Appello di Lecce in sede di rinvio dovrà rivalutare
le richieste risarcitorie avanzate dall’attrice, attenendosi quanto
all’individuazione dei criteri di quantificazione del danno, al valore della
maggiore cubatura del fabbricato della De Donno ante demolizione, in
raffronto a quella suscettibile di essere legittimamente realizzata sulla base
della seconda concessione rilasciata a seguito della presentazione del
progetto del geom. Perrino, considerando in alternativa, o il valore della
detta cubatura, in relazione alle condizioni originarie del fabbricato,
ovvero al valore che la stessa avrebbe potuto conseguire, a seguito di un
intervento di mera ristrutturazione, ma al netto dei costi da sostenere per

Ric_ 2012 n. 01431 sez. 52 – ud. 16-03-2016 -16-

La motivazione della sentenza impugnata appare sul punto

l’intervento in oggetto, costi ragguagliati sempre alla sola cubatura
perduta.
Ne consegue altresì che una volta determinato il pregiudizio suscettibile
di essere ristorato in conseguenza dell’inadempimento ascritto al Maci, e

intervento demolitorio, che nei fatti avrebbe poi determinato
l’impossibilità di poter conservare la maggiore cubatura frutto dell’attività
edilizia dei genitori dell’attrice ed oggetto di condono, appare possibile
altresì individuare l’assenza di ulteriori poste risarcitorie, correlate alla
circostanza dell’avvenuta trasformazione, in sede di ricostruzione
dell’immobile, della zona antistante il piano rialzato da zona destinata a
parcheggio in zona adibita a salone.
In realtà, come peraltro sottolineato dalla stessa ricorrente nel quinto
motivo di ricorso, ancorchè al fine di criticare la soluzione della Corte
leccese di detrarre il maggior valore conseguito dalla proprietà dell’attrice,
e derivante da tale trasformazione, dall’ammontare del danno subito,
mancherebbe una diretta correlazione causale tra la condotta
inadempiente addebitata al convenuto ed il potenziale vantaggio
scaturente dalla maggiore volumetria frutto dell’abusivo mutamento di
destinazione.
Ed, infatti, una volta afferrnato che il danno risarcibile consiste nella
perdita della volumetria originaria rispetto a quella legittimamente
conseguibile sulla base della situazione venutasi a creare a seguito della
demolizione, l’attrice avrebbe dovuto, nel ricostruire il suo fabbricato,
attenersi a quanto era possibile effettivamente realizzare sula base delle
legittime potenzialità edificatorie del fondo.

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consistente per l’appunto nell’avere irnprovvidamente suggerito un

La decisione di realizzare abusivamente una parte dell’immobile ( ovvero
di conservare quella parte già trasformata, sebbene non rientrante nella
previsione della seconda concessione edilizia) appare il frutto di una
autonoma scelta dell’attrice che risulta causalmente slegata dall’iniziale

Ne consegue altresì che, se appare corretta la deduzione oggetto del
quinto motivo di ricorso, secondo cui in assenza della derivazione causale
da un medesimo fatto del danno cagionato dal convenuto e
dell’incremento di valore del fabbricato De Dorino, in conseguenza
dell’abusiva trasformazione dello spazio destinato a parcheggio, deve
altresì escludersi che possa pretendersi quale ulteriore voce di danno
quella derivante dalla pretesa incommerciabilità del bene, proprio in
conseguenza del disallineamento catastale tra quanto legittimamente
previsto nel provvedimento abilitativo della ricostruzione e quanto in
concreto realizzato.
Del pari diviene irrilevante stabilire se la mancata realizzazione di un
volume tecnico e di due balconi sia una posta risarcitoria meritevole di
risarcimento, atteso che il danno, come già sopra evidenziato, deve essere
ragguagliato esclusivamente alla perdita di cubatura evincibile dal
raffronto tra quella originaria ante demolizione e quella poi suscettibile di
essere conseguita per effetto del progetto Penino, appunto conforme alle
legittime potenzialità edificatorie del fondo.
Alla luce di tali precisazioni, alle quali dovrà attenersi il giudice del rinvio,
devono ritenersi di fatto assorbiti il quarto motivo di ricorso ( essendo del
tutto irrilevante accertare se effettivamente sia stata o meno avanzata
un’istanza di condono per la trasformazione della zona adibita in progetto

Ric. 2012 n. 01431 sez. 52 – ud. 16-03-2016-18-

inadempimento del convenuto_

a parcheggio), il quinto, il sesto, il nono ed il decimo motivo di ricorso (
dovendosi escludere per quanto esposto, che l’abuso realizzato in sede di
ricostruzione, essendo causalmente svincolato dalla condotta che fonda,
secondo la stessa tesi della ricorrente la responsabilità professionale del

damno –

che in danno del convenuto – sotto forma di vicenda idonea a

produrre un’ulteriore posta di danno da incomrnerciabilità dell’opera
realizzata a seguito della ricostruzione) nonché l’ottavo motivo di ricorso
( occorrendo avere riguardo al danno da perdita di cubatura, come sopra
individuato, e cioè sulla base del solo raffronto tra le preesistente
cubatura e quella invece ottenuta con il rilascio della seconda
concessione, prescindendosi dalle concrete modalità con le quali si sia poi
data forma alla ricostruzione).
4. Discorso diverso va invece svolto in relazione al settimo motivo,
concernente, come visto, il mancato riconoscimento a titolo risarcitoti°
delle spese sostenute per la difesa dell’attrice dinanzi all’autorità
giurisdizionale amministrativa.
Sul punto, la sentenza gravata ha disatteso la domanda attorea sostenendo
che l’esborso delle somme M questione appariva ricollegabile ad una
libera scelta della De Dormo, mancando quindi il nesso causale con la
condotta imputata al Maci.
A tal fine, deve ricordarsi che, secondo il costante orientamento di questa
Corte ( cfr. Cass. 25 gennaio 2012 n. 1028) l’accertamento dell’esistenza o
dell’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli
soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che
resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a

Ric. 2012 n. 01431

sez. 52 – ud. 16-03-2016 -19-

Maci, possa riverberarsi sia a vantaggio — sub specie di compensati° lucri cum

base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e
coerenza dal punto di vista logico-giuridico ( conf. ex multis Cass. 23
febbraio 2006 n. 4009, secondo cui la ricostruzione delle modalità del
fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli

l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei
singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito,
come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a
base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e
coerenza dal punto di vista logico-giuridico; Cass. 5 aprile 2005 n. 7086;
Cass. 16 maggio 2003 n. 7637; Cass. 23 luglio 2003 n. 11453).
Nella fattispecie reputa il Collegio che la valutazione espressa dalla Corte
distrettuale sia effettivamente insindacabile in questa sede, apparendo la
conclusione raggiunta in ordine all’assenza del nesso di causalità
adeguatamente argomentata anche alla luce della prospettazione della
domanda attorea che si fonda sull’affermazione della evidente negligenza
del Maci, consistita nel non avere rilevato un dato facilmente evincibile
quale quello relativo alla concreta edificabilità della particella n. 954.
Atteso che i provvedimenti amministrativi oggetto di impugnazione
dinanzi al G.A. ad opera della De Donna si configuravano come legittima
reazione della P.A. a fronte di provvedimenti emessi sula base di un
errore riconosciuto come tale dalla stessa ricorrente, le reiterate iniziative
giudiziarie di quest’ultima devono ritenersi effettivamente frutto di
un’autonoma scelta della parte che non può quindi pretendere di traslarne
il peso economico sul convenuto.

Ric. 2012 n. 01431 sei. 52 – ud. 16-03-2016 -20-

soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa,

5. Quanto infine all’undicesimo motivo, concernente il danno consistente
nel compenso da versare al nuovo progettista, ritiene il Collegio che sia
del pari infondato, non potendosi in alcun modo parlare di un danno
futuro, a fronte di un’attività di progettazione ormai già compiuta da

quest’ultimo a ricevere il proprio compenso, la cui quantificazione poteva
essere appunto agevolmente documentata, anche con riferimento ad
eventuali parcelle presentate, essendo del tutto inconfigurabile il ricorso
ad una liquidazione in via equitativa.
6. La Corte d’Appello di Lecce in sede di rinvio provvederà anche sulle
spese del presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione i primi tre motivi di ricorso,
rigetta il settimo e l’undicesimo motivo, e previo assorbimento degli altri
motivi proposti, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione
della Corte d’Appello di Lecce, che provvederà anche sulle spese del
presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione
Civile, il 16 marzo 2016

parte del nuovo professionista, essendo quindi già attuale il diritto di

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