Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7061 del 20/03/2017

Cassazione civile, sez. III, 20/03/2017, (ud. 17/02/2017, dep.20/03/2017),  n. 7061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – rel. Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12068/2014 proposto da:

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE AVELLINO, in persona del Commissario

l.r.p.t. prof. C.R., elettivamente domiciliata in ROMA,

V. MONTE CERVIALTO 165, presso lo studio dell’avvocato CARLA

MASTROMARINO, rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO

MASTROMARINO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 1, presso lo studio dell’avvocato SILVIO GOZZI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO BRUNO ROMANO, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1055/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2017 dal Presidente Dott. SERGIO DI AMATO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata l’8 febbraio 2000 M.E., agendo in nome proprio e dei figli minori S., M. e F., conveniva in giudizio l’amministrazione provinciale di Avellino esponendo che una sera del (OMISSIS) sua moglie, madre dei figli menzionati, nell’eseguire manovra di retromarcia lungo una strada provinciale, precipitava in una sottostante scarpata riportando lesioni gravissime a seguito delle quali, nella notte del medesimo giorno, decedeva. Domandava pertanto i danni patrimoniali e non patrimoniali.

L’amministrazione provinciale di Avellino si costituiva controdeducendo il difetto di legittimazione passiva e quello della propria responsabilità, poichè il ribaltamento era stato cagionato da fatto e colpa della stessa vittima.

Il tribunale di Avellino accoglieva parzialmente la domanda.

La Corte di appello di Napoli rigettava il gravame.

La provincia di Avellino ricorre per cassazione affidando l’impugnazione a due motivi.

Resiste con controricorso M.E..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2051 c.c. e artt. 40 e 41 c.p., per essere insussistente il ritenuto nesso causale tra le condizioni della strada e l’evento, invece causato dall’anomala manovra di retromarcia della conducente che non si era avvista del precipizio. La descritta interruzione del nesso causale emergeva dalla constatazione controfattuale per cui senza quell’imprevedibile manovra la conducente non sarebbe precipitata con il mezzo nel visibile dirupo, sicchè diveniva irrilevante l’accertamento della colpa per omissione di manutenzione addebitata all’amministrazione.

Con il secondo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto discusso e decisivo consistente nella verifica della praticabilità della manovra di retromarcia. Condotta al contrario non permessa poichè la piazzola luogo della manovra era collocata in curva, e l’assenza di protezione sul ciglio della strada era perfettamente visibile a chi, come la conducente, si immetteva nello slargo.

2. Preliminarmente va affermata la tempestività del ricorso per cassazione notificato senza esito l’ultimo giorno utile presso il domicilio eletto del difensore in sede di appello, trasferito senza comunicazione, con successiva notifica positiva effettuata tempestivamente dal medesimo ricorrente (Cass., Sez. U., 15/07/2016 n. 14594: in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.).

2.1. Il primo motivo è inammissibile, trattandosi, in realtà, di una censura in fatto.

E’ certamente vero che secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di danno causato da cose in custodia, il caso fortuito idoneo a interrompere il nesso causale e, di conseguenza, a escludere la responsabilità del custode, di cui all’art. 2051 c.c., può essere costituito anche dalla condotta, imprevista ed imprevedibile, della stessa vittima (Cass. 28/10/2009 n. 22807). Ma si deve trattare di un comportamento del tutto anomalo e imprevedibile (Cass. 04/12/2012 n. 21727). E’ stato quindi affermato che l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura e alla conformazione della strada e delle sue pertinenze, indipendentemente dalla loro riconducibilità a scelte discrezionali della pubblica amministrazione; su tale responsabilità può influire la condotta della vittima, la quale, però, assume efficacia causale esclusiva, come tale interruttiva, soltanto ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare, in ipotesi, ai fini del concorso causale ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Cass. 29/07/2016 n. 15761: nella specie è stata cassata la sentenza impugnata escludendo che lo stato di una strada comunale – risultata “molto sconnessa” e contraddistinta dalla presenza di “buche e rappezzi” – costituisse esimente della responsabilità dell’ente per i danni subiti da un pedone, caduto a causa di una delle buche presenti sul manto stradale, atteso che il comportamento disattento dell’utente non è di per sè ascrivibile al novero dell’imprevedibile).

Ora, nel caso in discussione la corte territoriale ha ricostruito lo stato dei luoghi motivando come legittimasse l’affidamento dei conducenti in ordine all’idoneità della piazzola a manovre e sosta, in uno alla pericolosità dello stesso per il sottostante precipizio e, al contempo, per la mancanza di segnaletica, protezioni e illuminazione (pag. 4).

Deve evidenziarsi poi, che a mente dell’art. 40 c.p., la concausa non elide il nesso eziologico, laddove la ragione controfattuale esposta dalla ricorrente prova troppo, atteso che in ogni caso senza la condotta della vittima non potrebbe esserci l’evento dannoso.

In questa cornice la tesi contenuta nel motivo inevitabilmente si risolve in una rilettura della dinamica accertata, mirata a ricostruire l’esclusa interruzione del nesso causale.

2.2 Il secondo motivo è manifestamente inammissibile.

Alla fattispecie è infatti applicabile la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che dev’essere interpretata come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicchè in cassazione è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., 07/04/2014 n. 8053 e succ. conf.).

In coerenza, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato partitamente conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. 10/02/2015 n. 2498).

Va specificato che, a norma del citato D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, alla controversia non si applica l’art. 348-ter c.p.c., u.c., sul divieto di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nei casi di c.d. “doppia conforme” (conferma in appello della decisione di prime cure per le medesime ragioni inerenti alle questioni in fatto): nel caso, infatti, l’appello è stato notificato nel 2007.

Come desumibile da quanto prima esposto, il giudice di merito ha dato congruamente conto di tutti gli elementi istruttori ritenuti decisivi, mostrando così di escludere consapevolmente che i profili di colpa rilevabili, in tesi, a carico della vittima fossero tali da integrare il fortuito idoneo a escludere la responsabilità ex art. 2051 c.c..

Anche in tal caso, dunque, il motivo è diretto non a censurare un omesso esame, quanto a dare una diversa collocazione e un diverso peso ricostruttivo a un fatto esaminato (la condotta di guida). E come tale è inammissibile.

3. Spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 6.000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali, oltre accessori di legge, distratte in favore del procuratore antistatario avvocato Antonio Bruno Romano.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Motivazione redatta con la collaborazione dell’assistente di studio Dott. P.P..

Il collegio ha stabilito che la motivazione sia semplificata.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2017

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