Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7061 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 03/03/2022, (ud. 20/01/2022, dep. 03/03/2022), n.7061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8349-2020 proposto da:

S.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE PRESSO LA PREFETTURA

– U.T.G. DI CROTONE, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n.

12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1473/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 08/07/2019 R.G.N. 1945/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2022 dal Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza n. 1473 del 2019, ha confermato il provvedimento emesso dal Tribunale della stessa sede con il quale era stata respinta la domanda di protezione internazionale ed umanitaria, proposta dal richiedente in epigrafe indicato, cittadino del Pakistan.

2. Il richiedente aveva dichiarato di essere espatriato perché, essendo stato testimone di un omicidio, era stato perseguitato e minacciato anche con atti di violenza ai suoi familiari, concretizzatisi con la uccisione del padre.

3. A fondamento della decisione la Corte di merito, esclusa la necessità di effettuare una nuova audizione del richiedente e ritenuta la inattendibilità delle dichiarazioni per contraddittorietà e perché prive di riscontri, ha ritenuto insussistenti i presupposti per concedere lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a), b) e c), nonché la protezione umanitaria per mancanza di allegazioni e prove, anche alla luce della inattendibilità del racconto, sulle condizioni di vulnerabilità.

4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il richiedente affidato a tre motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale

partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 per omessa valutazione delle prove documentali nonché, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto: in particolare, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, con riferimento ai profili di credibilità; l’errata e illogica valutazione in merito alle dichiarazioni di esso richiedente. Deduce che erroneamente la Corte di merito, attraverso una non corretta valutazione della credibilità, non aveva considerato le risultanze documentali prodotte che attestavano l’avvenuto omicidio del padre con la relativa denuncia presentata il 27.8.2015 e, quindi, la veridicità delle ragioni che avevano determinato l’espatrio.

3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto: la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14, comma 1, lett. b), con riferimento alla protezione sussidiaria, per avere la Corte territoriale omesso di vagliare e riscontrare i profili relativi al rischio, cui sarebbe stato esposto, in caso di rimpatrio, di patire un grave danno o di subire una lesione grave dei diritti umani.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e s.m.i, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per la mancata comparazione tra integrazione sociale e situazione personale ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria: in particolare, della integrazione sociale raggiunta e delle patologie da cui era affetto.

5. I motivi, da trattare congiuntamente perché interferenti, sono fondati e vanno accolti per quanto di ragione.

6. In primo luogo, va specificato che la Corte di merito ha ritenuto la inverosimiglianza del racconto affidandosi ad una mera opinione soggettiva, quando invece è stato affermato, in sede di legittimità, con un orientamento cui si intende dare seguito, che la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente deve essere il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiere non sulla base della mera mancanza di riscontri obiettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e tenendo conto della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente (di cui al citato D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 3, lett. c)), senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto (Cass. n. 2956/ 2020; Cass. n. 13257/2020). Nella fattispecie, il richiedente aveva fornito tutta una serie di riscontri documentali che avrebbero potuto essere approfonditi ai fini di valutare, oggettivamente, la veridicità del narrato.

7. In secondo luogo, deve precisarsi che il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, una volta assolto da parte del richiedente asilo il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale nella quale siano presenti aspetti contraddittori che ne mettano in discussione la credibilità, in quanto è finalizzato proprio a raggiungere il necessario chiarimento su realtà e vicende che presentano una peculiare diversità rispetto a quelle di altri paesi e che, solo attraverso informazioni acquisite da fonti affidabili, riescono a dare una logica spiegazione alla narrazione del richiedente (Cass. n. 3016/2019; Cass. n. 24010/2020).

8. In terzo luogo, va osservato che il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. n. 13255/2020). Inoltre, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che ciascuna domanda sia esaminata alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine del richiedente asilo e, ove occorra, dei paesi in cui questi sono transitati, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni deve essere osservato in riferimento ai fatti esposti e ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale (Cass. n. 2355/2020; Cass. n. 30105/2018).

9. Nel caso in esame, come detto, la Corte ha operato una valutazione di non credibilità su considerazioni soggettive e valorizzando, invece, soprattutto i profili di incoerenza del racconto (di rilievo marginale).

10. I giudici di seconde cure avrebbero dovuto, invece, riscontrare con elementi oggettivi, acquisibili attraverso una adeguata istruttoria e la consultazione di fonti informative accreditate e aggiornate, proprio la esistenza di quel collegamento, che invece hanno di fatto escluso, tra la vicenda personale del richiedente (omicidio del padre) ed il prospettato pericolo di vita in caso di rimpatrio. Un altro profilo che avrebbe dovuto essere approfondito era, poi, quello della corruzione del sistema di Polizia in Pakistan che, dal richiedente, è stato documentato attraverso una analitica indicazione delle fonti internazionali su tale punto.

11. Tali accertamenti, nel caso concreto, avrebbero senza dubbio potuto rilevare, sia ai fini della valutazione sulla credibilità delle dichiarazioni, sotto il profilo della coerenza esterna del racconto, sia ai fini della fondatezza delle richieste della protezione sussidiaria.

12. Infine, anche in ordine alla istanza di protezione umanitaria, deve osservarsi che le censure sono fondate perché il mancato accertamento, da parte della Corte territoriale, della reale e concreta situazione di rischio, in caso di rimpatrio del richiedente, e la mancata considerazione degli elementi di integrazione sociale raggiunti in Italia (relativi al rapporto di lavoro a tempo indeterminato da esso stipulato nonché alle patologie da cui è affetto), documentalmente dimostrati, hanno fatto sì che i giudici di seconde cure non svolgessero quella valutazione comparativa, secondo i parametri delineati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 24413/2021, determinante ai fini della concessione della chiesta tutela.

13. E’ opportuno ribadire che, in tema di protezione umanitaria, nel caso in cui il richiedente abbia raggiunto un apprezzabile grado di integrazione socio-lavorativa sul territorio italiano, potenzialmente rilevante ai fini della tutela del diritto alla vita privata e familiare di cui all’art. 8 Cedu, la necessaria comparazione in forma attenuata, con il criterio di proporzionalità inversa, tra tale situazione di radicamento e la situazione in cui egli verrebbe proiettato in caso di ritorno nel paese di provenienza, comporta che – ad eccezione delle ipotesi di radicale incertezza sulla identità o nazionalità stessa del richiedente – la ritenuta non credibilità del racconto della sua vicenda personale, non sia di ostacolo al riconoscimento del beneficio richiesto, dovendosi apprezzare le conseguenze del rimpatrio sulla base delle condizioni generali del Paese di origine correlate alla sua posizione individuale (Cass. n. 41778/2021).

14. Alla stregua di quanto esposto, i motivi devono essere accolti per quanto di ragione. L’impugnata sentenza va, quindi, cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi sopra menzionati e provvedendo, altresì, sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 20 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

 

 

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