Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7060 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 03/03/2022, (ud. 18/01/2022, dep. 03/03/2022), n.7060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26867-2017 proposto da:

S.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA STOPPANI 1,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO FONTANA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato VINCENZINA SALVATORE;

– ricorrente –

contro

SO.RE.SA. SOCIETA’ REGIONALE PER LA SANITA’ S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LIMA 7, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE

IANNUCCILLI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE MEROLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7199/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/05/2017 R.G.N. 3678/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

18/01/2022 dal Consigliere Dott. DI PAOLA LUIGI;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Napoli, è stata dichiarata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra S.V. e la “SO.RE.SA. S.p.A.” a decorrere dall’8 giugno 2007, con diritto del lavoratore all’inquadramento nel III livello del ccnl terziario, con conseguente condanna della predetta società al pagamento delle differenze retributive a tale titolo maturate; per quanto qui interessa, è stata confermata la statuizione con la quale il giudice di primo grado aveva negato la riammissione del dipendente nel posto di lavoro, in ragione dell’omessa impugnativa di una comunicazione qualificata quale atto di licenziamento;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso S.V., affidato a quattro motivi;

la “SORESA, SOCIETA’ REGIONALE PER LA SANITA’ S.p.A.” ha resistito con controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memoria;

il P.G. ha depositato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, il ricorrente – denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1321,1325,1326,1373 e 2118 c.c., del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 4 e 5, del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, commi 1 e 2, della L. n. 604 del 1966, art. 6 e della L. n. 300 del 1970, art. 18, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si duole che la Corte territoriale, pur avendo confermato la statuizione, contenuta nella pronuncia di primo grado, di illegittimità del primo contratto a progetto, D.Lgs. n. 276 del 2003 ex artt. 61 e ss., concernente il periodo dall’8 giugno 2007 al 31 luglio 2007, abbia poi condiviso il capo di detta pronuncia con cui è stata negata la riammissione in servizio – sul rilievo che la lettera del 24 giugno 2010, con la quale la società aveva comunicato la cessazione della prestazione al 30 luglio 2010, fosse da intendersi alla stregua di una comunicazione di licenziamento -, omettendo di considerare che la lettera in questione, avuto riguardo al tenore letterale della stessa, configurava una proposta contrattuale di proroga del termine di durata del rapporto di lavoro e si limitava a comunicare sia la prosecuzione del contratto che la nuova data di scadenza, come evincibile dalla richiesta di una sottoscrizione del lavoratore per accettazione;

con il secondo motivo – denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, della L. n. 300 del 1970, art. 18 e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – lamenta l’erronea qualificazione della lettera in questione, in quanto operata dalla predetta Corte senza tener conto dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui nell’ipotesi di scadenza di un contratto a termine illegittimamente stipulato, e di comunicazione al lavoratore, da parte del datore di lavoro, della conseguente disdetta, non sono applicabili né la L. n. 604 del 1966, art. 6, né la L. n. 300 del 1970, art. 18, ancorché la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato dia egualmente al dipendente il diritto di riprendere il suo posto;

con il terzo motivo – denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, degli artt. 112., 416,420,421 e 437 c.p.c. e dell’art. 2969 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si duole che il giudice del gravame abbia ritenuto tempestiva l’eccezione (in senso stretto) di decadenza dall’impugnativa sollevata dalla società solo in grado di appello;

con il quarto motivo – denunciando violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – lamenta che il predetto giudice abbia ritenuto tempestiva l’eccezione in questione, esprimendo, al riguardo, una motivazione apparente ed illogica.

Ritenuto che:

il ricorso è nel complesso ammissibile, contrariamente a quanto affermato nel controricorso – ove è denunziata la violazione, ad opera del ricorrente, dei principi di chiarezza e sinteticità -, atteso che, nel caso, l’esposizione dei fatti di causa, non risultando oscura o lacunosa, non pregiudica l’intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata;

i primi due motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili, poiché la effettuata qualificazione della lettera del 24 giugno 2010 in termini di atto di recesso non risulta censurata in sede di gravame (come si evince dalla sentenza impugnata), onde la qualificazione in questione non può essere rimessa nuovamente in discussione dinanzi al giudice di legittimità (cfr., sul punto, Cass. 15/11/2021, n. 34424, ove è statuito che “Ai fini della denuncia, con il ricorso per cassazione, della violazione di norme di diritto, assumono rilievo solo le statuizioni del giudice di appello relative ai motivi e alle richieste formulate dall’appellante, mentre consegue la formazione del giudicato interno sulle questioni che abbiano formato oggetto di dibattito in primo grado, e della relativa pronunzia, e che non siano state ritualmente riproposte dalla parte interessata in sede di gravame”);

il terzo motivo è fondato (con conseguente assorbimento del quarto), poiché il giudice del gravame – nell’affermare che “in base al principio della prospettazione, solo il lavoratore ha mostrato di avere qualificato tutto il rapporto (…) come fin dal principio caratterizzato dal vincolo di subordinazione”, con la conseguenza che egli “aveva l’onere di impugnare il provvedimento interruttivo del rapporto, entro il termine previsto per il licenziamento”, mentre “l’onere di proporre eccezione può discendere solo dalla conversione della forma del rapporto discendente dalla pronuncia costitutiva di cui alla sentenza di primo grado”, sicché la società “ha puntualmente sollevato l’eccezione nel presente grado, a seguito della pronuncia di primo grado” – ha violato la regola secondo cui l’eccezione in senso stretto di decadenza dall’impugnativa del licenziamento va formulata dal datore nella memoria difensiva, nei termini di cui all’art. 416 c.p.c.;

del resto, a nulla rileva che la qualificazione dell’atto quale licenziamento sia il frutto di una valutazione compiuta con la sentenza – insuscettibile di avere valenza costitutiva del rapporto di lavoro subordinato “ex nunc” – di primo grado, tanto più ove la questione sia stata, come nel caso, introdotta nel giudizio sin dall’inizio (tenuto conto delle conclusioni – i.e.: “accertarsi l’illegittimità della nota del 24.6.2010, equivalente a un licenziamento nullo o illegittimo, e disporsi la propria reintegra nel posto di lavoro” – contenute nell’atto introduttivo del procedimento di primo grado, emergenti dalla sentenza del Tribunale trascritta nel ricorso per cassazione), con possibilità della parte onerata di proporre l’eccezione anche solo in via subordinata;

la sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

dichiara inammissibili il primo e secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo, assorbito il quarto; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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