Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 706 del 18/01/2021

Cassazione civile sez. lav., 18/01/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 18/01/2021), n.706

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9975/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI;

– ricorrente principale –

contro

A.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI

NOVELLA n. 1, presso lo studio dell’avvocato MARIO LUCCI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 7328/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/10/2014 R.G.N. 8325/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/10/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza del 9 ottobre 2014, la Corte d’appello di Roma ha disposto, in parziale accoglimento dell’appello proposto da A.M.A. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto la domanda volta al riconoscimento dell’assegno di invalidità civile dal 1.11.2010 al 12 agosto 2011 e dal 13 agosto 2011 dell’assegno sociale di cui alla L. n. 335 del 1995 e rigettato la domanda volta ad ottenere l’indennità di accompagnamento, ha dichiarato il diritto della A. a percepire l’indennità di accompagnamento dall’1.8.2010 anzichè dall’1.11.2010 come accertato in primo grado;

nella parte motiva, la Corte d’appello ha rilevato che il giudice di primo grado aveva ritenuto erroneamente che la domanda amministrativa relativa alla pensione fosse stata presentata l’8 ottobre 2010, mentre in realtà tale data era quella del 13 luglio 2010, per cui il primo giorno del mese successivo era il primo agosto 2010 e non il primo novembre 2010 visto che la c.t.u. richiamata dal giudice aveva accertato la sussistenza dei requisiti sanitari sin dalla data di presentazione della domanda amministrativa;

avverso tale sentenza, ricorre per cassazione l’INPS sulla base di due motivi;

resiste con controricorso A.M.A. che propone anche ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

pur essendo intitolato quale controricorso e ricorso incidentale, l’atto difensivo di A. M. A. ha assunto in concreto la sola consistenza del controricorso e come tale va qualificato, non risultando formulato alcun motivo di censura nei confronti della sentenza impugnata;

con il primo motivo di ricorso, l’INPS deduce la violazione e o falsa applicazione degli artt. 156 e 161 c.p.c. e la nullità della sentenza impugnata in quanto dalla sua mera lettura si rileverebbe il contrasto evidente tra le ragioni poste a sostegno della motivazione e le conclusioni espresse in dispositivo, ove si afferma il diritto ad una diversa prestazione;

con il secondo motivo si deduce, in ogni caso, la violazione e o falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, art. 1 e della L. n. 18 del 1980, art. 1, in quanto il primo giudice avrebbe affermato il diritto all’indennità di accompagnamento pur avendo il c.t.u. accertato solo la totale invalidità;

i motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili;

va evidenziato che, nel rito speciale del lavoro, in caso di contrasto tra motivazione e dispositivo, deve attribuirsi prevalenza a quest’ultimo che, acquistando pubblicità con la lettura in udienza, cristallizza stabilmente la decisione assunta nella fattispecie concreta, mentre le enunciazioni della motivazione incompatibili con il dispositivo devono considerarsi come non apposte ed inidonee a costituire giudicato (cfr. Cass. 22/08/2019 n. 21618Cass. 19/06/2002 n. 8912, 07/07/2003 n. 10653, 18/06/2004n. 11432);

tale insanabilità può escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda, inoltre, sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga (cfr. Cass. n. 21618/2019 cit., Cass. n. 11432/2004 cit. e Cass. 27/08/2007 n. 18090);

può anche darsi il caso che il contrasto si risolva in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza; in tale caso esso può essere percepito e rilevato ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabile ed individuato senza incertezza” (Cass. 17392/04 e 10129/99) e può dar luogo ad errore emendabile con la procedura della correzione di errore materiale (Cass. 26074/18);

solo il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza, quindi, poichè non consente di individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, non può essere eliminato con il rimedio della correzione degli errori materiali, determinando, sul punto, la nullità della pronuncia ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2;

nel caso di specie, la divergenza tra il contenuto della motivazione – riferito alla sola questione devoluta in appello della esatta decorrenza del diritto alla erogazione della pensione di inabilità, già riconosciuto in primo grado – ed il dispositivo che accerta la decorrenza dell’indennità di accompagnamento, prestazione neanche oggetto del giudizio d’appello, consente di comprendere il contenuto della statuizione che non può che riferirsi alla pensione di inabilità, unica prestazione di cui si discuteva;

i motivi, dunque, censurano non vizi della decisione passibili di ricorso per cassazione ma mero errore materiale emendabile con la procedura prevista dagli artt. 287 c.p.c. e segg..

il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e qualifica quale controricorso il ricorso incidentale condizionato; condanna l’INPS al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1700,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021

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