Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7058 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7058 Anno 2016
Presidente: MIGLIUCCI EMILIO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

tetto differenze

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al n.r.g. 18381/10) proposto da:
▪ Teresa FRATE (c.f.: FRT TRS 33M65 C785C)
rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dagli avv.ti Giuseppe
Romualdi e Giuliano Bologna ; con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo
in Roma, via Merulana n. 234

– ricorrente –

contro

Bruno DELL’ORO ( c.f.: DLL BRN 61E02 1-‘712Y)
rappresentato e difeso da’ avv. Massimo Valenza, in sostituzione del defunto avv.
prof Dirlo Valenza , giusta procura per atto notar Barlascini del 26 febbraio 2016 ;
con domicilio eletto presso lo studio del predetto in Roma, via Giuseppe l’ettari
n.11

– Contropicorrente-

A.a,.(LeAut

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1

£01-

Data pubblicazione: 11/04/2016

avverso la sentenza n. 1692/2009 della Corte di Appello di Milano, depositata 1’11 giugno 2009 ; non notificata
udita la relazione di causa, svolta all’udienza del 9 marzo 2016 dal consigliere dr.
Bruno Bianchini;

ricorrente, che. si è riportata agli atti depositati;
udito l’avv. Giuseppe Maria Tiraboschi , con delega dell’avv. Massimo Valenza,
per il controficorrente, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.
Pierfelice Pratis , che ha concluso per il rigetto dcl ricorso .

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 — Bruno Dell’Oro, proprietario di fabbricati siti nel Comune di Civo, con ingressi dal lato nord e sud, citò la vicina Teresa Frate innanzi al Tribunale di Sondrio, Sezione distaccata di Morbegno Pietro, chiedendo che fosse ridotta a distanza
legale la sopraelevazione nonché lo sporto di gronda di un fabbricato dì proprietà
della stessa — previa l’eventuale disapplicazione della concessione edilizia ottenuta
dalla Frate – e che fosse accertato che la convenuta non poteva vantare l’acquisto
per usucapione dei “rcgressi” ( strisce di terreno) al fabbricato dell’esponente. Il tutto oltre al risarcimento dei danni. La convenuta , nel costituirsi a contestazione delle domande del Dell’Oro, osservò, quanto alla sopraelevazione, che la stessa era
pienamente legittima non solo perché posta in zona A — centro storico — ( in cui la
sopraelevazione sarebbe stata possibile a prescindere dal rispetto delle distanze) ma
anche perché già in origine il proprio fabbricato era di maggior altezza rispetto a
quello dell’attore e che il secondo non aveva luci o finestre nella parte di fronte alla
sopraelevazione medesima; quanto al canale di gronda, lo stesso doveva dirsi, del
pari, legittimo, atteso l’intervenuto acquisto per usucapione di una porzione di cortile -posto a sud del fabbricato della convenuta ed a nord di quello dell’attore- inte-

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udito l’avv. Cristina Della Valle, con delega dell’avv. Giuseppe Romualdi , per la

stato al Dell’Oro: la convenuta concluse affinchè fosse accertata e dichiarata
l’intervenuta usucapione dell’area situata a sud del fabbricato dell’attore ed il predetto fosse condannato a risarcirle i danni per il ritardo cagionatole nella esecuzione
dei lavori di ristrutturazione.

zionale in quanto ritenne che la domanda avesse ad oggetto un’area di incontrastata proprietà della convenuta; disapplicò la concessione edilizia ottenuta dalla Frate e
condannò quest’ultima all’arretramento della costruzione in sopraelevazione sino
alla distanza di tre metri dal fabbricato dell’attore , rigettando tutte le altre domande.

3 — La Frate impugnò tale decisione sia riproponendo la domanda di usucapione
— non correttamente valutata, secondo l’appellante, in ragione della erronea identificazione dell’area interessata dalla domanda – sia contestando la qualificazione in
termini di sopraelevazione della ristrutturazione intrapresa; chiese infine che fosse
disposta consulenza tecnica che accertasse se fosse tecnicamente possibile
l’arretramento della porzione di sopraelevazione indicata in sentenza .

4 — La Corte di Appello di Milano, con sentenza n 1692/2009, rigettò il gravame
confermando — quanto al rigetto della domanda di usucapione – l’interpretazione
delle emergenze istruttorie operata dal Tribunale; ribadendo, quanto al capo relativo al rispetto delle distanze, applicabilità del regime di cui all’art 873 cod civ. : sia
per la ribadita valutazione della sopraelevazione come nuova costruzione -e, come
tale, vincolata alle prescrizioni urbanistiche esistenti all’epoca del nuovo intervento
edilizio- sia perché la normativa urbanistica locale in materia di distanze da rispettare negli interventi di recupero dei sottotetti, pur potendo derogare alle prescrizioni
in merito alla distanza da rispettare dal confine o tra edifici , contenute nel piano
regolatore generale o nel regolamento edilizio, non avrebbe però potuto essere in
contrasto con le prescrizioni sulle distanze contenute nel codice civile; sia perché la

Aor.A.L.e.-4449
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2 — L’adito Tribunale, all’esito dell’istruttoria, dichiarò inammissibile la riconven-

distanza di tre metri doveva essere calcolata dalla proiezione al suolo della parte più
sporgente della costruzione avversaria , a nulla dunque rilevando che la parte inferiore del fabbricato del Dell’Oro fosse rientrante rispetto a quello della Frate.

5 — Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso la Frate, facendo valesposto con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Con il primo motivo si assume la nullità della sentenza o del procedimento, per
violazione dell’ad 112 cpc per non esser stata correttamente individuata, in entrambi i precedenti gradi di giudizio, l’area oggetto della domanda riconvenzionale di
usucapione, così da determinare, sia nel Tribunale che nella Corte di Appello, una
erronea decisione di inammissibilità della domanda stessa — interessante, secondo
l’assunto giudiziale, una particella già di incontestata proprietà della Frate- : osserva
sul punto la ricorrente che la particella oggetto di richiesta di usucapione sarebbe
stata correttamente identificata dal CTli, sulla base delle mappe fornitegli, non già
in tutta la superficie del cortile tra i due edifici ma quella più limitata, indicata nelle
specificazioni di planimctria , costituenti, secondo la terminologia locale, il “regresso” ( ovvcrosia lo spazio pertinenziale) del mappale 232 dell’originario attoreI.a — Il rie~ è innanzi tutto inammissibile perché non si vette — secondo prospettazione — in un’ipotesi di violazione, da parte del giudice, del principio della
corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sibbene nella contestata interpretazione
dell’oggetto della domanda da parte dei giudici di merito, cosi che la sollecitazione
ad un più attento esame degli atti di causa al fine di accertare l’errore commesso
dalla Corte del merito , ne risulta, del pari, inammissibile; il mezzo sarebbe poi anche infondato, atteso che la Corte di Appello ha esaurientemente spiegato che la identificazione della porzione di terreno oggetto di domanda di usucapionc non po-

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re otto motivi di annullamento, illustrati da successiva memoria; il Dell’Oro ha ri-

teva che essere condotta in base al possesso che la Frate assumeva di aver esercitato
sulla stessa: tale attività, ha concluso la Corte, aveva interessato esclusivamente la
porzione coperta da una tettoia e delimitata da un muretto , entrambi insistenti sulla
particella di incontestata proprietà della Frate. Non sono altresì scrutinabili in que-

rente nella memoria ex art 378 cpc.
II — Con il secondo motivo viene denunciata la sussistenza di un triplice ed indifferenziato vizio di motivazione — quest’ultima riferita alternativamente come insufficiente; omessa e contraddittoria — secondo la formulazione anteriore alla novella
portata dal decreto legge n. 83 /2012; convertito nella legge n 134/2012 – laddove
la Corte di Appello , incorrendo nell’errore di identificazione della porzione di cortile oggetto della domanda di usucapione, avrebbe ritenuto non conferenti le risultanze delle prove offerte dalla ricorrente ed avrebbe altresì giudicato che costituisse
riconoscimento dell’avverso diritto dominicale una scrittura del 24 dicembre 2001, -predisposta dalla (ed a firma della) sola Frate, al fine di ottenere il consenso del
Dell’Oro al mancato rispetto delle distanze ( che però quest’ultimo non aveva inteso sottoscrivere)- con la quale la Frate avrebbe riconosciuto la proprietà in capo al
Dell’Oro del (solo) fabbricato posto sul mappalc in parte conteso
— Il motivo è inammissibile in quanto dallo svolgimento dello stesso emerge
che parte ricorrente sindaca non già il processo logico seguito dalla Corte distrettuale per pervenire al rigetto della domanda bensì la scelta del materiale probatorio
— oggetto esclusivo del potere valutarivo discrezionale del giudice- e, di conseguenza, i risultati di tale scelta interpretativa.

II.b – Contesta altresì la ricorrente l’affidabilità delle risposte all’interrogatorio formale rese dal Dell’Oro in merito al contributo economico alla pavimentazione
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sta sede le pretese erronee percezioni della realtà fattualc, quali dedotte dalla ricor-

dell’area contesa, in ragione dell’età. infantile che lo stesso avrebbe avuto all’epoca
dell’esecuzione dell’opera: omette però di considerare che la Corte territoriale, nel
pone a base del proprio convincimento anche tali affermazioni, ha sottolineato che
ad analogo risultato interpretativo era giunto anche il Tribunale, riscontrando una

la comparsa conclusionale.

II.b.1 – Contesta inoltre la ricorrente che potesse ritenersi di dubbia interpretazione
la tolleranza serbata dal Dell’Oro allorché essa esponente costruì una fioriera in
cemento sul ma.ppale 232, sul presupposto di una coesistente servitù di passaggio
che in realtà era a favore di terzi: anche in questo caso la censura inammissibilmente incide su valutazione di emergenze istruttorie, neppure riportate nella loro integrità.

II.b.2 — Difetta infine, nel mezzo in esame, un efficace “momento di sintesi” —
stante l’applicabilità ratione temporis del disposto dell’art 366 ‘” cpc- che, nella denuncia di vizi di motivazione, tiene luogo del quesito di diritto.
III — Con il terzo motivo , attinente all’arretramento della sopraelevazione, si assume la violazione o la falsa applicazione: dell’art. 117 Costa; dell’art 12 delle disposizioni sulla legge in generale; dell’art 873 cuci civ.; delle leggi della Regione Lombardia nn. 15/1996 e 22/ 1999; della legge n. 457/1978 ; del Piano Regolatore Generale e delle norme tecniche di attuazione del Comune di Civo

III.a – Assume la ricorrente di voler denunciare la violazione e la falsa applicazione
delle disposizioni in materia di interpretazione della legge , nonchè riguardo alla disciplina ed alla qualificazione di nuova costruzione e di sopraelevazione emanate
sia dallo Stato che dalla Regione Lombardia: sostiene al riguardo che la concessione

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condivisione sul punto da parte della Frate nella memoria istruttoria di replica e nel-

edilizia ottenuta per la ristrutturazione del sottotetto, espressamente faceva menzione, quanto a presupposti per il suo rilascio, sia alla legge regionale 15/1996 che a
quella n 22/1999: l’art 1 della prima , dopo aver definito la natura del sottotetto,
aveva specificato che lo scopo della legge era quello di favorire il recupero dei locali

messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici,
a’ sensi dell’art 31, comma 1 lett d) della legge 457/1978; la sopravvenuta legge regionale n. 22/1999, all’art 6 ( modificativo dell’anteriore prescrizione restrittiva di
cui all’art 2, comma I) aveva consentito che in tutti i Comuni che avessero approvato lo strumento urbanistico dopo l’entrata in vigore della legge regionale 51/1975, il
recupero dei sottotetti potesse essere legittimamente effettuato anche se comportante modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle
falde “purchè nei limiti di altezza massima degli edifici posti dallo strumento urbanistivo ed unicamente allo scopo di assicurarne i parametri previsti dall’art 1, comma sesto” c cioè l’altezza media ponderale ml di 2,40, calcolata dividendo il volume
della parte di sottotetto la cui altezza supera ml 1,50 per la superficie relativa.

III.b – Posto ciò osserva la ricorrente che: a — il comune di Civo aveva approvato il
proprio Piano Regolatore Generale nel 1984; b — doveva di conseguenza trovare
applicazione quanto prescritto dall’art 3, comma secondo, della legge regionale n.

15/1996 che assimilava gli interventi sui sottotetti alle ristrutturazioni di cui all’art
31, comma primo, lettera d) della legge 457/1978, in ciò non modificato per effetto
della sopravvenuta legge regionale n.22/1999; e — pertanto, trattandosi di ristrutturazione, non avrebbe potuto trovare applicazione il disposto dell’art 873 cod civ.
relativo alle distanze; d — il TAR Brescia , in casi consimili, aveva ritenuto che nel
caso di “sopralzo” non fosse necessaria la verifica della distanza dal confine, in pre-

senza di una norma locale che consentiva detta opera sul filo della facciata di co„Ac4m4e1.-£-L47

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sottotetto a fini abitativi, per contenere l’uso di nuovo territorio c per favorite la

struzioni esistenti , così che neppure avrebbe potuto trovare applicazione l’art 9 del
decreto ministeriale n. 1444/1968;

e — sarebbe stata erronea in diritto

l’affermazione, contenuta nell’impugnata sentenza, secondo la quale la disposizione
dell’art 873 cod. civ. costituirebbe norma inderogabile, atteso che l’art 117 Costit.

l’urbanistica.

IV — Con il quarto motivo , che costituisce articolazione argomentativa del precedente, viene denunciata la violazione o la falsa applicazione dell’art 873 cocl civ.
nonché dell’art 12 delle disposizioni delle leggi in generale , criticandosi la ritenuta
ininfluenza sull’applicabilità alla fattispecie dell’art 873 mi civ., argomentata dalla
Corte territoriale con il riferimento all’esistenza, tra i due contrapposti edifici, di
una striscia di terreno di proprietà di terzi.

V — Con il quinto motivo la violazione dell’art 873 cod civ. viene riscontrata da
parte della ricorrente, nel fatto che la Corte distrettuale aveva ritenuto che i lavori
nel sottotetto avevano violato la distanza di tre metri prevista dalla norma codicistica, negando che la misurazione tra edifici dovesse essere compiuta -in orizzontale
ed alla medesima altezza della nuova opera- tra i muri perimetrali dei due edifici, affermando invece che tale misurazione avrebbe dovuto essere effettuata con riferimento alla proiezione al suolo della parte più sporgente della costruzione, con necessario computo di tutti gli elementi costruttivi, anche accessori, a condizione che
essi presentassero caratteri di solidità ed immobilizzazione: rileva in contrario la ricorrente che dall’esame della sagoma dei due edifici, come risultante dall’Allegato 2
alla CTP , sarebbe stato evidente che il fabbricato sito sul mappale 231 ( di proprietà del Dell’Oro) ed una porzione di quello insistente sul mappaie 232, sarebbero
arretrati rispetto alla linea di confine, con l’unica sporgenza della gronda di 50 cm:
secondo tale ricostruzione, all’altezza calcolata dalla sopraekvazione, la distanza tra

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attribuisce alla esclusiva potestà normativa delle Regioni alcune materie, tra le quali

la linea più sporgente dell’edificio posto sul mappale 221 — di proprietà della ricorrente — ed il fabbricato posto sul mappale 231 di proprietà di Dell’Oro , sarebbe
stata superiore a quella imposta dall’art 873 cod civ.( secondo prospettazione: va-

VI – In ordine logico — in ragione dell’assorbimento dell’esame degli altri motivi
che deriverebbe dall’accoglimento del singolo mezzo – va esaminata per prima la
censura portata dal quarto motivo: la stessa deve dirsi infondata per l’assorbente
motivo che la striscia di terreno interposta agli edifici – corrispondente al mappale
217 — è stata considerata dalla Corte territoriale come in comproprietà della Frate e
dunque superando la questione se con il termine “fondi finitimi” l’art 873 cod civ
abbia inteso escludere — ai fini del calcolo delle distanze, fondi che non abbiano
una linea confinaria comune, ai quali invece dovrebbe essere riservata la qualificazione di “fondi contigui” di cui all’art 874 cod civ. ( comunque per la tesi accolta
dal giudice dell’appello vedi Cass. Sez. TI n. 627/2003: l’apparente contraria Cass.
Sez. H n. 3036/2009 riguardava le condizioni per l’applicazione del principio della
prevenzione e quindi la divergente interpretazione era funzionale all’accertamento
della costruzione su confine di immediato contatto tra le due proprietà)
VII — Del pari non merita accoglimento il quinto motivo ( corredato di un quesito
di diritto inconferente e generico) — attinente al metodo di misura della distanza tra
la parte sopraelevata dell’edificio posto sul mappale 221 e quello del contro ricorrente posto sul nriappale 231 che si presenta arretrato rispetto alla sua base —in
quanto la misurazione deve essere compiuta per linee parallele al terreno e prendendo a base la preesistente costruzione e la novella edificazione nella rispettiva sagoma di massimo ingombro: se dunque il primo edificio ha una parte rientrante rispetto alla sagoma sottostante, si dovrà far riferimento a quest’ultima perché,
all’evidenza, è rispetto a questa che può formarsi una intercapedine pericolosa.
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riando da ml 4,22 e 3,86 e non già come affermato dal Tribunale, da ml 2.05 e 2,30)

VIII — Scendendo all’esame del terzo motivo — corredato da un quesito di diritto
del tutto aspecifico- giudica il Collegio che i risultati interpretativi ai quali si è sin
qui pervenuti permettano di apprezzarne la infondatezza: se infatti era ininfluente la
presenza di una particella in comproprietà tra gli edifici e se soprattutto il calcolo

me tecniche di fabbricazione del Comune di Civo ( art 13, n.1) viene a perdere di
consistenza tutta l’articolazione argomentativa del mezzo, atteso che la distanza
stabilita dal codice era addirittura minore di quella che le pur invocate NTA avrebbero stabilito in caso di interventi di mero restauro

VIII.a — Superata pertanto è la questione della qualificazione di questi interventi
come equiparabili a quelli di mera ristrunurazione e non già diretti ad una nuova
edificazione, dacchè in entrambi i casi la nuova opera non avrebbe rispettato la distanza di tre metri: invero la equiparazione operata dall’art 3 comma 2 della legge
regione Lombardia n. 15 del 1996, come modificato dalla legge regionale 11.22 del
1999 , alla disciplina della ristrutturazione edilizia contenuta nell’art 31 della legge
457 del 1978 non era idonea ad incidere sui diritti dei terzi e quindi sui rapporti di

vicinato una era diretta a facilitare dal punto di vista del governo del territorio la intrapresa di opere di privati di riqualificazione urbanistica — in questo caso del centro
storico-; correttamente allora la Corte territoriale ha ritenuto di poter valutare fattualrnente — alla stregua della costante giurisprudenza di legittimità- l’entità
dell’intervento edilizio. In ogni caso poi, come sopra osservato, le NTA del Comune (art 13 par 1) disciplinavano in modo più rigoroso proprio gli interventi di risanamento conservativo e di ristrutturazione cdili7ia, richiamando l’art 27

della legge

n 457/1978 e stabilendo che le distanze minime tra le costruzioni non potessero essere inferiori a quelle intercorrenti tra volumi preesistenti; per gli interventi di ristrutturazione urbanistica poi le distanze minime tra le costruzioni erano indicate,

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delle distanze doveva rispettare non già il limite di cinque metri previsto dalle nor-

nell’art 13 n1 precitato, con riferimento ai piani di recupero disciplinati dall’art 31
della legge 457 / 1978 , “con un minimo di ml 5”

VIII.b – Il superamento di tale limite minimo da parte della Frate rende assorbita la

sopra riportato potesse essere considerata integrativa del precetto opponibile tra
privati o non fosse piuttosto diretta a disciplinare dal solo punto di vista amministrativo i poteri di controllo del Comune e gli interventi edilizi del privato
VIII.c – Del tutto erroneo è infine il riferimento al trasferimento della materia urbanistica dallo Stato alle Regioni con la legge n. 616 del 1977 perché detto trasferimento attiene ai poteri conformativi della Regione ma lascia intatti i diritti dei privati stabiliti dall’art 873 cod civ.
IX- Con il sesto motivo si denuncia la nullità della sentenza e del procedimento,
per violazione degli artt 112 e 113 cod civ. per avere, la Corte territoriale, indicato
come oggetto della riduzione la costruzione in sopraelevazione, senza rispondere
alla doglianza, contenuta nell’appello, con la quale si faceva valere la pratica Meseguibilità del comando giudiziale, per effetto della contrarietà del manufatto risultante dalla demolizione, alle norme urbanistiche, in quanto non avrebbe rispettato il
preesisterne allineamento.
X — Con il logicamente connesso settimo motivo viene denunciata la violazione degli artt. 869 e 871 cod civ. laddove l’ordine di demolizione parziale avrebbe impedito il rispetto dei precedenti allineamenti e quindi dell’art 19 delle norme tecniche di
attuazione del piano regolatore generale che quegli allineamenti prevedeva
XI — Con l’ottavo motivo si deduce un triplice vizi di motivazione per non aver, la
Corte territoriale, motivato il rifiuto di procedere all’effettuazione di una CTU, al
.

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„144-clim-dv -9/

problematica se la distanza maggiore stabilita nello strumento urbanistico appena

fine di far emergere il mancato allineamento tra sopraelevazione e costruzioni e
quindi la pratica ineseguibilità dcl comando giudiziale.
XII — I motivi dal sesto all’ottavo possono essere esaminati congiuntamente, per la

pratiche nell’esecuzione dell’ordine di ripristino , e tra queste anche quelle relative
alla compatibilità della residua costruzione — quella cioè risultante dall’arretramentocon le norme poste a governo del territorio, non comportano in alcun modo la caducazione del comando giudiziale ma, semmai, determinano una diversa opzione
funzionale in sede di esecuzione, eventualmente anche con il ripristino allo stato
originario dell’immobile, così rendendo del tutto superato ogni approfondimento
istruttorio sul punto.

XIII — Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate secondo quanto indicato nel dispositivo.

PQM
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida
in curo 2.700,00 di cui 200,00 curo per csborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 9 marzo 2016 nella camera di consiglio della Sezione seconda della Corte di Cassazione.

loro stretta consequenzialità logica: gli stessi sono infondati in quanto le difficoltà

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