Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7055 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7055 Anno 2016
Presidente: MIGLIUCCI EMILIO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 12436-2011 proposto da:

CONSORZIO DI BONIFICA DI PAESTUM – SINISTRA DEL SELE
p.iva 8100270652, in persona del Presidente pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
VATICANO 48, presso lo studio dell’avvocato DEMETRIO
FENUCCIU, che lo rappresenta e difende unitamente
2016

all’avvocato GIUSEPPE ANDREOTTA;
– ricorrente –

453

contro

CONSORZIO ORTOFLOROFRUTTICOLO DI PAESTUM

Soc. Coop. a

r.1., p.iva 01224890655, in persona del Presidente pro

Data pubblicazione: 11/04/2016

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEVERE
44, presso lo Studio Legale GENOVESE – MANCINI – DI
GIOVANNI, rappresentato e difeso dagli avvocati DARIO
MARANDINO,

GIUSEPPE GUGLIELMOTTI;

AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del Ministro

pro

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
COMUNE CAPACCIO, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SOMMACAMPAGNA
9, presso lo studio dell’avvocato ORESTE CARRACINO,
rappresentato e difeso dagli avvocati GAETANO
APICELLA, GRIMALDI EMILIO;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 1051/2010 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 23/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2016 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato

DEMETRIO

FENUCCIU, difensore del

ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato CARRACINO ORESTE, con delega orale
dell’Avvocato GAETANO APICELLA difensore del Comune,
che preliminarmente ha depositato copia di 2 avvisi di
ricevimento e di 2 reclami per mancata riconsegna di
avviso di ricevimento e che ha chiesto il rigetto del

tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

ricorso;
udito l’Avvocato DARIO MARANDINO, difensore del
Consorzio Ortoflorofrutticolo, che ha chiesto di
riportarsi alle difese in atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

per il rigetto dei primi otto motivi e per
l’inammissibilità del nono motivo di ricorso; per la
condanna alle spese.

Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20-9-2008 il Tribunale di Salerno rigettava
la domanda proposta dal Consorzio di Bonifica della Piana di
Paestum, diretta all’accertamento della proprietà delle particelle

insisteva il Mercato Agricolo, oggetto dell’atto di trasferimento per
notaio De Chiara del 18-1-1973. 11 giudice di primo grado, in
particolare, rilevava che la procedura per la realizzazione del
Centro di Servizio di Capaccio Scalo era stata attuata a mezzo di
concessione delle opere disposta dalla Cassa per il Mezzogiorno al
Consorzio di Bonifica della Piana di Paestum previa dichiarazione
di p.u. e di assunzione da parte del concessionario dell’obbligo di
volturare le opere in favore del Demanio, onde in virtù di detto
titolo giammai l’attore avrebbe potuto rivendicare il diritto di
proprietà. Riteneva altresì irrilevante l’intervenuto stralcio della
progettazione e costruzione del Mercato Agricolo, non costituendo
lo stesso oggetto di autonoma convenzione, ma attenendo la
modifica alla sola quantità della contribuzione al finanziamento per
la costruzione di tale opera. Disattendeva, inoltre, la domanda
subordinata di usucapione, per difetto del requisito del possesso.
Avverso la predetta decisione proponeva appello il Consorzio
di Bonifica di Paestum, Sinistra Sele.

site in agro di Capaccio, in catasto f. 12, particelle 66 e 251, su cui

L’Agenzia del Demanio, il Consorzio Ortofrutticolo di
Paestum sue. coop. a r.l. e il Comune di Capaccio si costituivano
chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Con sentenza in data 2-3-2011 la Corte di Appello di Salerno

domanda di accertamento della proprietà proposta dall’attore
postula la prova di un titolo giuridico pregresso idoneo al
trasferimento del diritto, rilevava che nella specie, non risultando
l’intervenuta emissione di decreto di esproprio, tale titolo non
poteva individuarsi nell’atto per notaio Zecca del 14-5-1960,
attestante esclusivamente il pagamento dell’indennità di esproprio
alla Sezione Speciale per la riforma in Campania, proprietaria dei
beni, da parte del Consorzio di Bonifica di Paestum, nella sua
qualità di concessionario della Cassa per il Mezzogiorno,
rinviandosi il trasferimento ad un atto autoritativo. Secondo il
giudice del gravame, il titolo di proprietà non poteva evincersi
nemmeno dall’atto del 18-1-1973 per notaio De Chiara, avente
natura di negozio di mero accertamento, come tale inidoneo a
supplire alla mancanza di un contratto a contenuto traslativo posto
in essere con il precedente titolare del diritto. La Corte di Appello,
inoltre, nel rilevare che l’unico collegamento materiale tra
l’appellante e il bene immobile derivava dalla sua posizione di
concessionario per l’esecuzione dei lavori di cui al progetto del 159-1955. giusta atto della Cassa per il Mezzogiorno, osservava che la

rigettava il gravame. La Corte territoriale, nel premettere che la

posizione soggettiva del concessionario rispetto al bene era quella
di detentore qualificato; con la conseguenza che, in mancanza di
prova di un atto di interversione del possesso ex art. 1141 c.c. nei
confronti della P.A. concedente, non sussistevano i presupposti per

subordinata dall’attore.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il
Consorzio di Bonifica di Paestum, Sinistra del Sele, sulla base di
undici motivi.
Hanno resistito con separati controricorsi l’Agenzia del
Demanio, il Consorzio Ortofrutticolo di Paestum, soc. coop. a r.l. e
il Comune di Capaccio.
In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una
memoria ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o
falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Sostiene che la Corte di
Appello, nel riformare —senza che le controparti avessero mosso
censure al riguardo- la decisione del Tribunale, nella parte in cui
aveva ritenuto i titoli versati in atti idonei al trasferimento di diritti
reali al Consorzio, seppure interpretandoli come posti in essere per
conto della Casmez, è incorsa nel vizio di ultrapetizione.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole della violazione
degli artt. 324 c.p.e. e 2909 c.c., per avere la Corte di Appello

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il riconoscimento dell’acquisto per usucapione, invocato in via

violato i limiti del giudicato formatosi sull’accertamento
dell’avvenuto trasferimento in capo al Consorzio di Bonifica,
contenuto nella sentenza di primo grado.
I due motivi, che per ragioni di connessione possono essere

Il Tribunale ha rigettato la domanda proposta dall’attore,
volta al riconoscimento della proprietà esclusiva delle aree
interessate dalla realizzazione del Mercato Agricolo, rilevando che
l’intera vicenda andava inserita nell’ambito della procedura di
esecuzione mediante concessione delle opere destinate a costituire il
Centro di Servizio di Capaccio Scalo, giusta provvedimento n.
1711\1957. Ha osservato, infatti, che con tale provvedimento
l’esecuzione delle opere di cui al progetto del 15-9-1955,
espressamente dichiarate di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti,
era stata concessa al Consorzio di Bonifica in uno al potere di
provvedere all’occupazione ed espropriazione per pubblica utilità ex
art. 71 della 1. n. 2359\1865 dei terreni che, successivamente
all’acquisto, dovevano poi essere volturati al Demanio Statale. Ha
altresì ritenuto irrilevante l’intervenuto stralcio della progettazione
e costruzione del Mercato Agricolo, non costituendo lo stesso
oggetto di autonoma convenzione, ma attenendo la modifica alla
sola quantità della contribuzione al finanziamento per la costruzione
di tale opera.

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trattati congiuntamente, sono infondati.

Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la sentenza di
primo grado non contiene alcuna autonoma statuizione riguardo
all’avvenuto trasferimento della proprietà delle aree in
contestazione in favore del Consorzio: in caso contrario, il

proprietà. L’affermazione del primo giudice secondo cui l’acquisto
delle particelle oggetto di causa era stato effettuato dal Consorzio
di Bonifica per conto della Casmez, al contrario, costituisce un
mero passaggio argomentativo, del tutto consequenziale al rilievo
del regime di concessione che aveva contraddistinto l’esecuzione
dell’opera, e non suscettibile di assumere efficacia di giudicato
interno riguardo ad un preteso acquisto della proprietà del bene in
capo all’attore.
Costituisce, infatti, capo autonomo della sentenza, come tale
suscettibile di formare oggetto di giudicato anche interno, quello
che risolve una questione controversa, avente una propria
individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una
decisione del tutto indipendente; la suddetta autonomia manca non
solo nelle mere argomentazioni, ma anche quando si verta in tema di
valutazione di un presupposto necessario di fatto che, unitamente ad
altri, concorre a formare un capo unico della decisione (Cass. 23-32012 n. 4732; Cass. 17-5-2001 n. 6757; Cass. 7-3-1999 n. 2621).
La Corte di Appello, di conseguenza, nel dare atto della
mancanza di un titolo giuridico idoneo al trasferimento del diritto di

Tribunale non avrebbe rigettato la domanda di accertamento della

proprietà in favore dell’attore, non ha violato alcun giudicato, ne è
incorsa nel vizio di ultrapetizione: essa, al contrario, nel
riesaminare —a seguito del gravame proposto dal Consorzio di
Bonifica- la documentazione acquisita, al fine di verificare se la

la valutazione già espressa dal Tribunale circa la mancanza di un
titolo di acquisto della proprietà in favore dell’attore. L’oggetto
della domanda attrice, infatti, era l’accertamento della proprietà
dell’immobile controverso; e a tale domanda il giudice di appello,
al pari di quello di primo grado, ha dato risposta negativa.
2) Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione
dell’art. 1362 primo e secondo comma c.c., nonché vizi di
motivazione, in ordine alla ritenuta inidoneità degli atti acquisiti a
dimostrare la proprietà in capo al Consorzio di Bonifica. Deduce
che la Corte di Appello ha erroneamente attribuito all’atto per
notaio De Chiara del 18-1-1973 carattere meramente rieognitivo, in
quanto dalla lettura di tale atto emerge chiaramente che la volontà
delle parti era quella di porre in essere un atto traslativo della
proprietà, idoneo a surrogare la mancanza del decreto di esproprio
Con il motivo 3 bis il ricorrente denuncia la violazione
dell’art. 1362 primo e secondo comma c.c., nonché vizi di
motivazione, per non avere il giudice di appello considerato l’atto
De Chiara del 18-1-1973 come momento di completamento della

stessa potesse fare da supporto alla domanda attrice, ha confermato

fattispecie traslativa costituita anche in virtù dell’atto Zecca del 145-1960.
Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione e
falsa applicazione dell’art. 1325 c.c., per non avere la Corte di

De Chiara in funzione della causa effettivamente perseguita ed
attuata dalle parti.
I tre motivi, da trattare congiuntamente in quanto tra loro
connessi, sono privi di fondamento.
Giova rammentare che, in tema di interpretazione del
contratto, l’accertamento della volontà degli stipulanti, in relazione
al contenuto del negozio, si traduce in un’indagine di fatto affidata
in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che tale
accertamento è censurabile in sede di legittimità soltanto nel caso in
cui la motivazione risulti talmente inadeguata da non consentire di
ricostruire l'”iter” logico seguito dal giudice per attribuire all’atto
negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione
delle norme ermeneutiche (tra le tante v. Cass. 13-12-2006 n.
26683; Cass. 23-8-2006 n. 18375; Cass. 2-5-2006 n. 10131). Deve
ulteriormente puntualizzarsi che, per sottrarsi al sindacato di
legittimità, quella data del giudice del merito al contratto non deve
essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma
una delle possibili e plausibili interpretazioni, si che quando di una
clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è

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Appello proceduto alla qualificazione giuridica dell’atto per notaio

consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi
disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che
sia stata privilegiata l’altra (Cass. 12-7-2007 n. 15604; Cass. 22-22007 n. 4178; Cass. 14-11- 2003 n. 17248).

per notaio De Chiara del 1973 avesse efficacia traslativa della
proprietà, ha offerto una interpretazione della volontà negoziale
logica e conforme al tenore letterale di tale atto.
Nel menzionato rogito per notaio De Chiara (interamente
trascritto nel ricorso), intercorso tra il Consorzio di Bonifica di
Paestum e l’Ente di Sviluppo in Campania, proprietario del suolo,
infatti, si dava atto che con il rogito per notaio Zecca del 1960 la
Sezione, nell’accusare ricevuta della indennità incassata, aveva
autorizzato il Consorzio a provvedere, a sua cura, a far emettere il
decreto di espropriazione in relazione ai terreni ivi descritti, già
d’allora trasferiti al Consorzio stesso; che nelle more del
procedimento di esproprio il Consorzio aveva ottenuto la voltura dei
terreni in questione; che, non avendo il detto Consorzio provveduto
nei termini a richiedere l’emissione del decreto di esproprio, erano
rimaste sospese le formalità relative alla trascrizione dei terreni ad
esso trasferiti;che per dar corso a tale formalità occorreva procedere
alla sottoscrizione di un atto pubblico, avente ad oggetto
l’identificazione delle particelle già trasferite con il rogito per
notaio Zecca. Sulla base di tali premesse, l’Ente di Sviluppo

Nella specie, la Corte di Appello, nell’escludere che il rogito

riconosceva “di proprietà del Consorzio di Bonifica di Paestum” gli
appezzamenti di terreno in questione, “riconoscendo altresì che
detti terreni vennero trasferiti al Consorzio di Bonifica di Paestum
in data 14 maggio 1960, con il retrocitato atto di accettazione e

pari data”. L’Ente di Sviluppo, inoltre, nel dichiarare di non avere
“null’altro a pretendere dal Consorzio di Bonifica di Paestum per il
trasferimento dei sopra citati beni”, precisava ulteriormente che
tale trasferimento era stato

“effettuato, all’epoca, a trattativa

privata e non più per espropriazione, in quanto il prezzo del
trasferimento dei beni stessi venne corrisposto dal Consorzio
all’ente di Sviluppo contestualmente alla sottoscrizione del già più
volte citato rogito per notaio Zecca”.
Ciò posto, si rileva che l’acquisto derivativo della proprietà di
un bene immobile postula un contratto, a contenuto traslativo,
intervenuto con il precedente titolare del diritto e soggetto alla
forma scritta ad substantiam; mentre, in difetto di questo, non può
discendere da un negozio di mero accertamento, il quale può
eliminare incertezze sulla situazione giuridica, ma non sostituirne il
titolo costitutivo (v. Cass. 16-12-1987 n. 9358). Per il trasferimento
della proprietà immobiliare mediante contratto, infatti, è richiesta,
ad substantiam, la forma scritta, e questa va riferita a tutti gli
elementi fondamentali del negozio, tra i quali è essenziale la
volontà attuale delle parti di determinare tale effetto giuridico.

liquidazione di indennità, a rogito del dott. Domenico Zecca, di

pertanto irrilevante, sotto l’indicato profilo, che le parti, sia pure
per iscritto, facciano riferimento ad un precedente rapporto, non
documentato, da cui dovrebbe trarsi la conseguenza da esse assunta
(Cass. 18-6-2003 n. 9687).

meramente ricognitiva di un trasferimento della proprietà già
attuato (mediante il rogito Zecca del 1960), al quale faceva
ripetutamente riferimento, non contenendo alcuna manifestazione
attuale di volontà delle parti di procedere autonomamente alla
cessione delle aree in contestazione.
Correttamente, d’altro canto, la Corte di Appello ha negato
valore traslativo all’atto per notaio Zecca del 1960, atteso che con
tale atto (anch’esso interamente trascritto nel ricorso) si attestava
esclusivamente l’accettazione, da parte della ditta espropriata
Sezione Speciale per la Riforma Fondiaria in Campania,
dell’indennità di esproprio offerta dal Consorzio di Bonifica di
Paestum, nella qualità di concessionario della Cassa per il
Mezzogiorno, il quale si riservava di provvedere, a sua cura, a far
emettere il decreto di esproprio.
Nemmeno un esame congiunto dei due menzionati atti,
pertanto, risulta idoneo a superare i rilievi svolti dal giudice di
appello circa la mancanza di un titolo traslativo della proprietà
dell’immobile oggetto di causa.

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Nella specie, l’atto De Chiara aveva inequivocamente natura

3) Con il quinto motivo il ricorrente lamenta la violazione e

falsa applicazione degli artt. 948, 1158, 2697 c.c., nonché la
contraddittorietà della motivazione, in relazione alla ritenuta
necessità, ai fini dell’azione di mero accertamento della proprietà,

potere di fatto sulla cosa, della quale, pertanto, non si richiedeva la
restituzione. Sostiene che anche un atto definito di “ricognizione”,
ma contenente la manifestazione del consenso del proprietario al
trasferimento del bene, è idoneo a legittimare il beneficiario del
consenso medesimo, già investito del potere di fatto sulla cosa, a
richiedere l’accertamento giudiziale del diritto di proprietà.
Anche tale motivo deve essere disatteso.
Questa Corte ha avuto modo di precisare che l’attore che
proponga una domanda di accertamento della proprietà e non abbia
il possesso della cosa oggetto del preteso diritto ha l’onere di offrire
la stessa prova rigorosa richiesta per la rivendica (dimostrazione
della titolarità del diritto mediante la prova di un acquisto a titolo
originario, eventualmente risalendo al titolo originario dei propri
danti causa, o quanto meno il possesso continuato del bene
conforme al titolo, da parte del proprietario ed eventualmente dei
suoi danti causa, protratto per il tempo necessario all’usucapione del
bene), perché egli esercita un’azione a contenuto petitorio, diretta al
conseguimento di una pronuncia giudiziale utilizzabile per ottenere
la consegna della cosa da parte di chi la possiede o la detiene. Al

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della prova più rigorosa del titolo di proprietà, pur in presenza del

contrario, è esonerato dall’onere della prova richiesta per la
rivendicazione, dei vari trasferimenti della proprietà sino alla
copertura del tempo sufficiente ad usucapire, l’attore che propone
un’azione di accertamento della proprietà ed abbia il possesso della

probatorio rispetto all’azione di rivendicazione non esime dall’onere
di allegare e provare il titolo del proprio acquisto; e ciò perché tale
azione tende non già alla modifica di uno stato di fatto, ma solo alla
eliminazione di uno stato di incertezza circa la legittimità del potere
di fatto sulla cosa di cui l’attore è già investito (Cass. 9-6-2000 n.
7894; Cass. 4-4-2005 n. 7777; Cass. 14-12-2011 n. 30606).
E’ vero, pertanto, che l’attore che propone un’azione di
accertamento della proprietà e si trovi nel possesso della cosa
oggetto del preteso diritto è esonerato dall’onere della prova
richiesta per la rivendicazione. Tale minor rigore rispetto all’azione
di rivendicazione, tuttavia, non esonera l’attore dall’onere di
allegare e provare il titolo del proprio acquisto.
Nella specie, a parte il fatto che (come si dirà in seguito) è
rimasto indimostrato il possesso in capo al Consorzio di Bonifica, è
comunque mancata, da parte dell’attore, la prova del proprio titolo
di acquisto della proprietà.
4) Con il sesto motivo il ricorrente si duole dell’omessa o
insufficiente motivazione in ordine al rigetto della domanda
subordinata di usucapione. Deduce che la Corte di Appello,

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cosa oggetto del preteso diritto, anche se tale minore rigore

nell’attribuire al Consorzio di Bonifica la veste di mero detentore
degli immobili per cui è causa, non ha considerato:
a) che la natura privata dell’opera di miglioramento fondiario,
come qualificata dalla Cassa per il Mezzogiorno, escludeva che il

b) che il Consorzio di Bonifica fin dal 1978, qualificandosi
quale “locatore proprietario”, aveva concesso in locazione tali beni
al Consorzio Ortofrutticolo;

e) che l’Intendenza di Finanza, con atto del 3-6-1981, ha
lamentato il mancato trasferimento delle particelle qui controverse
e degli immobili ivi costruiti al Demanio dello Stato, così
mostrandosi pienamente consapevole del fatto che il Consorzio
aveva acquisito direttamente la proprietà e il possesso dei cespiti in
forza all’atto De Chiara, peraltro regolarmente trascritto in data 122-1973;
d) che il Ministero delle Finanze, con nota del 4-5-1996,
avente ad oggetto “centro di servizio di Capaccio Scalo —fg. 12
p.11e 66 e 251 mercato ortofrutticolo e macello”, scriveva al
Consorzio : “……….ha appreso che sono in corso trattative da
parte del Consorzio per la vendita a privato del mercato
ortofrutticolo facente parte del più ampio compendio denominato
centro di servizio di Capaccio Scalo. CIÒ nel convincimento, a dire
dei prefati funzionari, che il bene oggetto della compravendita
sarebbe di esclusiva proprietà del Consorzio… .

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mercato de qua potesse essere considerato come un’opera pubblica;

Con il settimo motivo il ricorrente denuncia la violazione
degli artt. 1140 e 1141 c.c. e l’omessa motivazione. Deduce che la
Corte di Appello, avendo riconosciuto che il mercato, la cui

miglioramento fondiario, che, per sua natura, non avrebbe potuto
essere finanziata in percentuale superiore al 38%, avrebbe dovuto
trarre la conseguenza che si era dato corso ad un’opera privata; e,
pertanto, avrebbe dovuto attribuire al Consorzio, sin dall’inizio, la
qualità di possessore ex art. 1140 c.c. e non di mero detentore,
sussistendo nella specie i presupposti dell’animus e del corpus. I
due motivi, da esaminare congiuntamente per ragioni di
connessione, non appaiono meritevoli di accoglimento.
Le deduzioni svolte per sostenere che la relazione di fatto del
Consozio di Bonifica con l’immobile per cui è causa aveva avuto
inizio a titolo di possesso, si risolvono in sostanziali censure di
merito in ordine all’apprezzamento espresso dalla Corte di Appello,
la quale, con argomentazioni immuni da vizi logici, ha accertato, in
punto di fatto, che l’unico collegamento materiale tra l’appellante e
il bene immobile derivava dalla sua posizione di concessionario per
l’esecuzione dei lavori di cui al progetto del 15-9-1955, giusta
provvedimento della Cassa per il Mezzogiorno del 25-3-1957, che,
al fine della realizzazione dei lavori di costruzione del centro
Servizi in Capaccio Scalo, aveva dichiarato soggetti ad esproprio

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approvazione era stata assentita il 2-12-1959, era opera privata di

per pubblica utilità alcuni appezzamenti di terreno di proprietà della
Sezione Speciale per la riforma fondiaria in Campania, tra cui erano
compresi i terreni in oggetto; il che, secondo il giudice del gravame,
valeva a contrastare l’assunto dell’appellante, secondo cui,

un’opera privata di miglioramento fondiario, dovrebbe escludersi
ogni riferimento alla qualità di concessionario di opera pubblica di
competenza statale. E, infatti, come accertato a pag. 6 della
sentenza impugnata e come è pacifico tra le parti, le particelle in
questione furono oggetto dell’atto per notaio Zecca del 14-5-1960,
con il quale la ditta proprietaria accettava l’indennità di esproprio
offerta dal Consorzio di Bonifica di Paestum, nella qualità di
concessionario della Cassa per il Mezzogiorno.
Ciò posto, si rammenta che il vizio di omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione
ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 si configura solo quando nel
ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o
insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati

costituendo l’opera di realizzazione del mercato ortofrutticolo

dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra
le argomentazioni adottate, tale da non consentire la identificazione
del procedimento logico giuridico posto a base della decisione.
Detti vizi non possono, peraltro, consistere nella difformità
dell’apprezzamento dei fatti

e delle prove dato dal giudice del

merito rispetto a quello preteso dalla parte, perché spetta solo a

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LA–

quel giudice individuare le fonti del proprio convincimento e a tale
fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza,
scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a
dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro

3-2007 n. 5066; Cass. 21-4-2006 n. 9368; Cass. 20-4-2006 n. 9234;
Cass. 16-2-2006 n. 3436; Cass. 20-10- 2005 n. 20322).
Poiché, dunque, secondo l’incensurabile apprezzamento della
Corte territoriale, la relazione di fatto tra il Consorzio e l’immobile
per cui è causa ha avuto inizio in forza di un atto di concessione e,
quindi, a titolo di detenzione qualificata, correttamente la sentenza
impugnata ha escluso l’esistenza del presupposto cardine per
l’usucapione, costituito dal possesso, e disatteso la domanda di
usucapione, in mancanza di prova di un valido e concreto atto di
interversione ex art. 1141 c.c. nei confronti della P.A. concedente.
Il tutto in applicazione del principio posto da tale norma
codicistica, secondo cui, se alcuno ha cominciato ad avere la
detenzione, non può acquistare il possesso finché il titolo non venga
ad essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di
opposizione da lui fatta contro il possessore.
5) Con il motivo sette bis il ricorrente lamenta la violazione
dell’art. 1141 c.c. e l’omessa motivazione, per non avere la Corte di
Appello ravvisato la prova dell’interversione del possesso nell’atto
per notaio De Chiara del 18-1-1973, con il quale il Consorzio ha

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mezzo di prova (tra le tante v. Cass. 14-10-2010 n. 21224; Cass. 5-

acquistato la proprietà delle particelle per cui è causa, mutando

quindi in possesso la sua relazione con la cosa; atto pacificamente a
conoscenza del Demanio (in quanto trascritto), al quale si opponeva
(ex art. 1141 c.c.) il diniego al trasferimento del bene.

con i motivi di appello. Come si evince dalla lettura dello stesso
ricorso (v. pag. 51-53), infatti, con il secondo motivo di gravame
l’appellante si era limitato a sostenere di essere entrato ab initio in
rapporto con l’immobile a titolo di possesso, non essendo
configurabile in capo al Consorzio la veste di concessionario in
relazione alla realizzazione di un’opera privata, qual era il mercato

agricolo, ma non aveva invocato atti di interversione dell’originaria
detenzione in possesso.
In ogni caso, ribadito quanto in precedenza rilevato riguardo
alla inidoneità dell’atto per notaio De Chiara del 1973 ad attuare un
effetto traslativo della proprietà delle aree per cui è causa, si
osserva che le censure mosse dal ricorrente appaiono chiaramente
finalizzate, ancora un volta, a sollecitare -in contrasto con i limiti
intrinseci del sindacato di legittimità- una nuova e più favorevole
valutazione delle emergenze processuali rispetto a quella operata
dalla Corte di Appello, la quale ha dato atto della mancanza di
prova di un valido e concreto atto di interversione ex art. 1141 c.c.
nei confronti della P.A. concedente.

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Il motivo è inammissibile, ponendo una questione non dedotta

6) Con l’ottavo motivo il ricorrente lamenta la violazione
dell’art. 1140 c.c., in relazione all’art. 1158 c.c. Sostiene che,
qualificata la relazione tra il Consorzio e i cespiti controversi come
possesso e non come mera detenzione, andava riconosciuta la

possesso esercitato per oltre venti anni.
Il motivo deve essere disatteso per ragioni analoghe a quelle
esposte nei due paragrafi precedenti, partendo dal presupposto della
sussistenza, in capo al Consorzio di Bonifica, di una situazione di
possesso, smentita dagli accertamenti compiuti dal giudice di
merito.
7) Con il nono motivo, infine, il ricorrente si duole della
violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la
Corte di Appello omesso qualsiasi pronuncia sul motivo di appello
proposto avverso la congiunta decisione di inammissibilità e rigetto
della richiesta di trasferimento a titolo gratuito dell’immobile ex
art. I. 136\2001.
Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.

fattispecie acquisitiva ex art. 1158 c.c., per effetto dell’autonomo

E’ Vero che la sentenza impugnata non si è pronunciata sul
terzo motivo di gravame, con il quale si deduceva (v. pag. 53-54 del
ricorso) che il Tribunale si sarebbe dovuto fermare alla declaratoria
di inammissibilità della domanda in questione, senza poterne altresì
rilevare l’infondatezza nel merito.

18

…–c>””-‘-2—–

Non si vede, tuttavia, quale concreto risultato utile potrebbe
derivare al ricorrente dall’eventuale cassazione della sentenza
impugnata nella parte

de qua, atteso che le censure mosse

dall’appellante non investivano la pronuncia di inammissibilità

che, quindi, sarebbe comunque destinata a rimanere ferma.
Di qui l’inammissibilità del motivo in esame, in applicazione
del principio secondo cui l’interesse ad agire, necessario anche ai
fini dell’impugnazione del provvedimento giudiziale, va apprezzato
in relazione alla utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale
accoglimento dell’ impugnazione e non può consistere in un mero
interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione
giuridica, non avente riflessi pratici sulla decisione adottata (tra le
tante v. Cass. 25-6-2010 n. 15353; Cass. Sez. Un. 15-5-2008 n.
12637; Cass. 27-1-2006 n. 1755).
8) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
sostenute dai resistenti nel presente giudizio di legittimità, liquidate
come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in favore del Comune di
Capaccio in curo 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre
accessori di legge, in favore del Consorzio Ortofrutticolo di

19

della domanda di trasferimento dell’immobile ex art. 1. 136\2001,

Paestum in euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, e

in

favore dell’Agenzia del Demanio in euro 5.500,00, oltre spese
prenotate a debito..
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25-2-2016
11 Presidente

Il Consigliere estensore

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