Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7055 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 03/03/2022, (ud. 16/11/2021, dep. 03/03/2022), n.7055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6168-2020 proposto da:

D.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANNA ROSA ODDONE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI TORINO, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1574/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 27/09/2019 R.G.N. 2236/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

16/11/2021 dal Consigliere Dott. PAGETTA ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte di appello di Torino ha confermato la ordinanza di primo grado di rigetto della domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria presentata da D.A., cittadino del Mali;

1.1. dallo storico di lite della sentenza impugnata emerge che il D. aveva motivato l’allontanamento dal Paese di origine con una vicenda collegata alla sparizione di una mandria di 120 mucche, che egli pascolava, in un contesto di scontro tra i ribelli e l’esercito regolare; il timore che l’esercito maliano lo potesse considerare un ribelle e che il proprietario degli animali lo incolpasse della perdita delle mucche aveva indotto il richiedente a lasciare il Mali e ad andare in Libia ove era rimasto per due anni e sette mesi i in prigione, per poi raggiungere l’Italia nel settembre 2015;

1.2. la Corte distrettuale ha condiviso la valutazione di prime cure di non credibilità del narrato, evidenziando che l’appellante, a fronte dell’approfondita analisi di prime cure, si era limitato a riproporre le difese di primo grado senza formulare specifiche censure e senza chiarire i profili di inverosimiglianza evidenziati dal primo giudice; in ordine alla protezione sussidiaria ha osservato che il racconto del ricorrente, oltre a non soddisfare i necessari requisiti di credibilità, non conteneva elementi tali da far ritenere in caso di rimpatrio il rischio di un danno grave nel senso indicato dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), mentre, quanto al ricorrere della ipotesi di cui all’art. 14 cit., lett. c), le fonti consultate non consentivano di configurare una situazione di violenza generalizzata in Mali tale da coinvolgere i civili, in particolare avuto riguardo alle regione di Kayes dalla quale il richiedente proveniva; infine, in relazione alla protezione umanitaria il richiedente non aveva prospettato alcuna particolare situazione di vulnerabilità o di esposizione a rischio personale né situazioni di possibili lesioni afferenti a beni primari della persona risultando insufficiente a tal fine la sola integrazione sociale e lavorativa in Italia;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso D.A. sulla base di due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 11, lett. c), e omessa insufficiente o comunque contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia censurando la sentenza impugnata per non avere tenuto conto del dato di vulnerabilità del richiedente in caso di rimpatrio e per non avere valutato le fonti aggiornate e specifiche sulla situazione del Paese di origine;

2. con il secondo motivo deduce omessa e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, censurando il rigetto della domanda di protezione umanitaria alla luce delle argomentazioni difensive che avevano posto in luce la estrema vulnerabilità del ricorrente ed il rischioso cammino effettuato per giungere in Europa;

3. il ricorso è meritevole di accoglimento per quanto di ragione;

3.1. secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. n. 28990 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018);

3.2. il predetto accertamento va compiuto in base a quanto prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e, quindi, “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei datti forniti dall’ACNUR, dal Ministero degli affari esteri, anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa” E’ quindi, onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del 3 Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento;

3.3. in proposito, deve ribadirsi anche che l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8 non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici senza frontiere) che spesso contengono informazioni dettagliate e aggiornate (cfr. Cass. n. 13449 del 2019 per esteso). Più recentemente (cfr. Cass. n. 15215 del 2020) è stato affermato il principio di diritto secondo il quale: “Le informazioni relative alla situazione esistente nel paese di origine del richiedente la protezione internazionale o umanitaria che il giudice di merito trae dalle C.O.I. o dalle altre fonti informative liberamente consultabili attraverso i canali informatici vanno considerate, in ragione della capillarità della loro diffusione e della facile accessibilità per la pluralità di consociati, alla stregua del fatto notorio; il dovere di cooperazione istruttoria che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, pongono a carico del giudice, nella materia della protezione internazionale ed umanitaria, impone allo stesso di utilizzare, ai fini della decisione, C.O.I. ed altre informazioni relative alla condizione interna del paese di provenienza o rimpatrio del richiedente, ovvero della specifica area di esso, che siano adeguatamente aggiornate e tengano conto dei fatti salienti interessanti quel Paese o area, soprattutto in relazione ad eventi di pubblico dominio, la cui mancata considerazione costituisce, in funzione della loro oggettiva notorietà, violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2”.

3.4. nella fattispecie, la Corte territoriale ha escluso che nella regione di provenienza del richiedente in Mali vi fosse una situazione di violenza indiscriminata, con concreto pericolo di danno grave per il richiedente, ma ha fondato tale accertamento su fonti non aggiornate che risalgono nella gran parte agli anni 2015 e 2016, mentre quella più aggiornata, costituita dal rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite risale all’aprile 2018, concerne la situazione riferita all’anno 2017 (sentenza, pag. 8) e si esprime in relazione non alla regione di Kayes dalla quale proviene il ricorrente ma all’area al confine con il Burkina Faso;

4. in base alle considerazioni che precedono, assorbita ogni ulteriore censura si impone in accoglimento del ricorso la cassazione con rinvio della decisione per un riesame della fattispecie alla luce di fonti aggiornate; al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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