Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7052 del 24/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 24/03/2010, (ud. 04/02/2010, dep. 24/03/2010), n.7052

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. IANNELLO Antonio – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12209-2006 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RENO 21,

presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che lo rappresenta e

difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1620/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/04/2005 R.G.N. 6696/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/02/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato RiZZO ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per accoglimento per quanto di

ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 17661 del 2002 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda proposta da R.C. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, accertata la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra le parti per il periodo 23-2-1998/30-4-1998 (prorogato al 30-5-1998), dichiarava la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far data dal 23-2-1998 e condannava la convenuta al ripristino del rapporto ed al risarcimento del danno, commisurato alle retribuzioni spettanti dal 13-9-2000 oltre accessori e spese.

La società proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.

Il R. si costituiva e resisteva al gravame.

Con sentenza depositata il 19-4-2005 la Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese.

Per la cassazione di tale sentenza la s.p.a. Poste Italiane ha proposto ricorso con due motivi.

Il R. ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione della L. n. 230 del 1962, della L. n. 56 del 1987, art. 23 dell’art. 1362 e segg.

c.c., nonchè vizi di motivazione, in sostanza lamenta che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che “la società, ai fini dell’assolvimento dell’onere probatorio, che su di essa certamente incombe” “avrebbe dovuto provare non tanto o soltanto che il ricorso al contratto a termine fosse avvenuto durante ed a causa dello svolgersi di un generale processo di ristrutturazione aziendale ma anche che la singola assunzione effettuata nella specifica posizione lavorativa fosse dovuta al fatto che quella posizione fosse investita dal processo di ristrutturazione”.

Al riguardo, in sintesi, la ricorrente deduce che, stante la delega in bianco conferita dall’art. 23 citato alla contrattazione collettiva, l’accertamento doveva essere condotto “unicamente nell’ambito della previsione collettiva”.

Il motivo è fondato.

Come questa Corte ha costantemente affermato con specifico riferimento alle assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo 25-9-1997, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 (v.

fra le altre Cass. 26-7-2004 n. 14011, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 8-7-2009 n. 15981), l’attribuzione alla contrattazione collettiva del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine, rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per il loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali e di provare la sussistenza del nesso causale fra le mansioni in concreto affidate e le esigenze aziendali poste a fondamento dell’assunzione a termine).

La Corte di merito, quindi, in violazione di tale principio, erroneamente ha ritenuto la nullità del termine apposto al primo contratto (23-2-1998-30-4-1998), sulla base della considerazione che la società non aveva offerto alcuna dimostrazione che la complessa ed estesa ristrutturazione e riorganizzazione aziendale avesse reso necessario il ricorso alla specifica assunzione del R..

Alla base della motivazione della decisione è l’assunto secondo cui non sarebbe consentito autorizzare un datore di lavoro ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra contratti ed esigenze aziendali cui sono strumentali; la sentenza, quindi, si muove pur sempre nella prospettiva che il legislatore non abbia conferito una delega in bianco ai soggetti collettivi, imponendo al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 1 (in contrasto, quindi, con quanto ripetutamente affermato da questa Corte e ribadito dalle Sezioni Unite con la sentenza 2-3-2006 n. 4588).

Così accolto il primo motivo, la impugnata sentenza va cassata con rinvio, restando assorbito il secondo motivo, relativo alle conseguenze della nullità del termine.

Il giudice di rinvio, che si designa nella Corte di Appello di Roma in diversa composizione, provvedere attenendosi al principio sopra richiamato (statuendo anche sulle spese di legittimità) ed esaminerà le ulteriori questioni (non trattate nell’impugnata sentenza, in quanto assorbite) relative alla validità della proroga e dei termini apposti nei contratti successivi, nonchè alle pronunce consequenziali.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2010

 

 

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