Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7052 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7052 Anno 2016
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: SCALISI ANTONINO

i.

SENTENZA

sul ricorso 8257-2012 proposto da:
STANFA GIUSEPPE, QUALE LEGALE RAPP.TE DELLA “RADIO
CACCAMO CENTALE DI STANFA GIUSEPPE E C. SNC”
elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’Avv. GIOACCHINO SANFILIPPO;
– ricorrente –

2016
246

contro

MINISTERO INTERNO IN PERSONA DEL MINISTRO IN CARICA,
80188230587, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, ex lege presso AVVOCATURA GENERALE

Data pubblicazione: 11/04/2016

DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
controricorrente

avverso la sentenza n. 147/2011 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 07/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SCALISI;
udito l’Avvocato Scino Mario Antonio per l’Avvocatura,
difensore della controricorrente che si riporta ed
insiste nel rigetto del motivo che riguarda la
prescrizione;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 03/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO

Svolgimento del processo
Il 29 luglio 2003, la Guardia di Finanza di Termini Imerese, elevava verbale di
violazione alla società Radio Caccamo Centrale di Stanfa Giuseppe & C. snc
, contestando la violazione degli ara. 171 lett. b), 171 ter, 174 bis della legge ;

Avverso tale verbale la società Radio Caccamo, proponeva ricorso gerarchico
al Prefetto di Palermo contestando ogni addebito e provvedeva a depositare i
documenti comprovanti la liceità dell’attività svolta sino ad allora dalla Radio ;
Caccamo, ed evidenziando che la stessa si era limitata a fungere da ponte
radio per la ripetizione del segnale emesso dalla FM Italia , munito di licenza
SIAE n. 1320. Successivamente, depositava memoria difensiva, specificando
, che: a) il 13 luglio 1993, dopo aver risolto un contenzioso con la SIAE,
aveva diffidato quest’ultima a determinare il quantum da versare per
regolarizzare la posizione della radio emittente ; b) non avendo ricevuto
alcuna risposta si era rivolta all’Agente SIAE di Termini Imerese, il quale gli
aveva richiesto il versamento della somma di C. 186,79 per l’anno 2001 e lo
aveva invitato a ripresentarsi nel 2003.; c) nella primavera dell’anno 2003 la
Radio Caccamo aveva stabilito un rapporto di collaborazione con il circuito
radiofonico FM Italia in virtù del quale gli unici programmi trasmessi erano
quelli irradiati da tale emittente. Secondo gli accordi la Radio Caccamo, nel
caso di interruzione satellitare delle trasmissioni della FM Italia, avrebbe
trasmesso musica di attesa salvata sul computer con file o con CD.
Il Prefetto di Palermo, ritenute ininfluenti le circostanze dedotte, con
ordinanza del 5 febbraio 2004, determinava la sanzione amministrativa
pecuniaria per le violazioni contestate nell’ammontare di €. 38.064,00 e
1

-,

n. 633 del 1941.

contestualmente ne intimava il pagamento.
Avverso tale provvedimento, con ricorso al Tribunale di Termini Imerese, la
società Radio Caccamo proponeva opposizione, ribadendo le circostanze già
dedotte.

e alla contestazione delle infrazioni, il Tribunale di Termini Imerese, con
sentenza del 26 ottobre 2005, rigettava l’opposizione. Secondo il Tribunale, i
verbali redatti dai militari operanti, dimostravano al di la di ogni ragionevole
dubbio che i CD musicali in possesso della Radio Caccamo non erano muniti
del prescritto contrassegno, pertanto, era certa la sussistenza della violazione
dell’art. 171 lettera b) della legge n. 633 del 1941.
Avverso tale sentenza, Radio Caccamo Centrale proponeva appello per tre
motivi di gravame chiedendo: a) la declaratoria di invalidità dell’ordinanza
ingiunzione; b) la revoca del provvedimento; c) la riduzione della sanzione
applicata.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza n. 147 del 2011, rigettava
l’appello e confermava la sentenza impugnata. Secondo la Corte di Palermo:
a) infondato era il primo motivo relativo alla durata del procedimento che,
secondo la ricorrente, avrebbe dovuto esaurirsi nel termine perentorio di
sessanta giorni, perché, come avrebbe già chiarito la Corte di Cassazione, la
legge n. 689 del 1981 delinea una precisa scansione temporale: 1) 90 giorni
per la notifica della violazione se non vi è stata la contestazione immediata: 2)
nei successivi sessanta giorni è ammesso il pagamento in misura ridotta; 3) se
non avviene il pagamento,

il rapporto viene trasmesso all’autorità

competente ed entro trenta giorni dalla contestazione e/o dalla notifica della
2

Acquisita dalla Prefettura di Palermo copia degli atti relativi all’accertamento

violazione gli interessati possono far pervenire all’autorità competente scritti
difensivi. La legge n. 689 del 1981 non prevede alcun termine per la
conclusione della fase decisoria del procedimento essendo, tale fase,
finalizzata all’esercizio del diritto di difesa da parte dell’interessato e dalla

pubblica amministrazione. Sicché, in mancanza di un termine previsto dalla
legge, l’ordinanza d’ingiunzione poteva essere adottata entro cinque anni
come previsto dall’art. 28 della stessa legge. b) Infondato era anche il secondo
motivo con il quale l’appellante censurava la sentenza di primo grado nella
parte in cui aveva ritenuto provate le infrazioni contestate perché, così come
avrebbe già indicato la Corte di cassazione, nel giudizio di opposizione ad
ordinanza ingiunzione sarebbe ammessa la contestazione e la prova
unicamente delle circostanze di fatto che non sono state attestate nel verbale
di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale. c)
Irrilevante sarebbe la circostanza, affermata dall’appellata, secondo cui i CD e
i files musicali fossero frutto della ripetizione del segnale radiofonico dell FM
Italia perché quel che rilevava era unicamente il fatto che la Radio Caccamo
detenesse i detti supporti informatici senza alcuna licenza della SAE.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla Radio Caccamo, con
ricorso affidato a tre motivi. Il Ministero dell’Interno ha resistito con
controricorso.
Motivi della decisione
1.= Con il primo motivo di ricorso la società Radio Caccamo centrale di
Stanfa Giuseppe & C. snc lamenta la violazione e falsa applicazione degli
artt. 171 lett. B), 171 ter, 174 bis della legge 633 del 1941 (art. 360 n. 3 e 5
3

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necessità di assicurare un migliore esercizio dei poteri sanzionati dalla ;

cpc). Secondo la ricorrente, non sarebbe stato mai provato, né in sede civile
né in sede penale, che la musica udita dagli agenti della Guardia di finanza
all’intero della sede della Radio Caccamo fosse frutto della riproduzione dei
quasi 1100 brani contestati o di trasmissioni radiofoniche prodotte

radiofonico trasmesso dalla FMItalia, per il tramite del ponte radio
commissionato da altra emittente. La Corte distrettuale, per altro, non avrebbe
tenuto conto che non era stata data la prova che i files e i compact disc fossero
stati mai utilizzati dall’odierna ricorrente. Piuttosto, ribadisce la ricorrente di
non avere mai violato le norme di cui alla legge 633 del 1941, perché non
avrebbe, in pubblico ed all’esterno dei propri locali, mai riprodotto, trascritto,
recitato, diffuso, venduto o messo in vendita o posto altrimenti in commercio,
opera altrui o rivelatone il contenuto, prima che fosse reso pubblico o
introdotto o messo in circolazione nello Stato, esemplari prodotti all’estero
contrariamente alla legge italiana. Di tutto ciò, ne sarebbe stata ampia prova il
fatto che il Tribunale di Termini Imerese a conclusione del procedimento
penale a carico del signor Stanfa avrebbe assolto l’odierno ricorrente per
1

non avere commesso il fatto ed ordinato il dissequestro del corpo di reato e la
restituzione al proprietario.
Nel caso in cui non venisse del tutto annullata la sanzione irrogata, la
ricorrente, chiede che venga, almeno sensibilmente, ridotta perché la stessa
appare sproporzionata rispetto ai fatti contestati.
1.1.= Il motivo è infondato, non solo perché si risolve nella richiesta di una
nuova e diversa valutazione dei dati processuali non proponibile nel giudizio
di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione compiuta dalla Corte
4

direttamente dalla Radio Caccamo e non dalla ripetizione del segnale

-r

distrettuale non presenta vizi logici e/o giudici, ma, soprattutto, perché, nel
caso in esame, la Corte distrettuale ha fatto buon uso dei principi più volte
espressi da questa stessa Corte in altre occasioni. Infatti, questa Corte ha più
volte affermato che nel giudizio di opposizione avverso l’ordinanza

dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti
attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e
conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché
alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle
dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata del documento non si
i estende agli apprezzamenti e alle valutazioni del verbalizzante (da ultimo
Cass. n. 23800 del 07/11/2014; Cass. n. 13010/97; Cass. n. 3350/01).
Ora, nel caso in esame, il Tribunale prima e la Corte distrettuale dopo, hanno
dato atto che i militari della Guardia di Finanza avevano attestato che, al
momento del controllo, l’emittente radiofonica era in funzione, con la
trasmissione di brani musicali tutelati dal diritto di autore. Gli Ispettori con
ulteriori dirette constatazioni, quella stessa mattina avevano registrato su una
musicassetta, altri brani radiodiffusi dalla medesima emittente;
dell’indiscutibile presenza nella sala trasmissione di compact disc privi di
contrassegno STAE e di files musicali su un hard disc di un computer
custodito nella stessa sala di trasmissione.
Si tratta, come è del tutto evidente, di un accertamento che da piena prova
degli illeciti commessi dall’attuale ricorrente, che non risulta scalfito dalle
affermazioni dello stesso ricorrente, per altro, già esaminate e valutate,
diffusamente, dalla Corte distrettuale.
5

4.

ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, il verbale di accertamento

1.1.a) Va, altresì, osservato che, in questa sede, non è rilevante la sentenza
437 del 2009 del Tribunale penale di Termini Imerese che ha assolto l’odierno

t

ricorrente per non aver commesso il fatto in ordine ai fatti posti a fondamento
delle sanzioni oggetto del presente giudizio, per due essenziali ragioni: 1) sia
perché ai sensi dell’art. 654 cod. proc. pen., nei giudizi civili o amministrativi

non di danno, come quello di opposizione a ordinanza sanzionatoria di illecito
amministrativo, il giudicato penale di assoluzione, non è opponibile a
soggetti, quale l’ente impositore, non intervenuti nel relativo processo (cfr.
Cass.. n. 11352 del 22/05/2014); 2) sia perché quella sentenza sarebbe dovuto
essere eccepita nel giudizio civile di merito e non invece, per la prima volta, ,
nel giudizio di cassazione. Infatti, nel procedimento per cassazione, che non
consente alcuna forma d’istruzione probatoria, è preclusa la produzione di
documenti, ovvero, di altre cose materiali che servano come mezzi di prova di
fatti posti a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti miranti ad
introdurre nuove circostanze, che non siano quelle riguardanti la nullità della
sentenza o l’inammissibilità del ricorso o del controricorso.
2.= Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 della legge 241/90 e della legge 689 del 1981 (art. 360
n. 3 cpc). Secondo la ricorrente, la Corte di appello erroneamente avrebbe

4

valutato e ritenuto applicabile per l’emissione dell’ordinanza ingiunzione,
oggetto del presente giudizio, un termine diverso e proporzionalmente più
lungo rispetto a quello disposto dall’art. 2 della legge 241 del 1990 per
l’impugnazione della stessa natura. Piuttosto, secondo la ricorrente, al caso di
specie andrebbe applicato il terzo comma dell’art. 2 della legge 241 del 1990,
quale norma generale del sistema, con la conseguenza che l’ordinanza
6

4

ingiunzione doveva essere emessa entro il termine di decadenza di trenta
giorni. Il silenzio della PA protrattosi per 163 giorni (se si considera la data di
sottoscrizione dell’ordinanza di ingiunzione de qua) o di 199 giorni (se si
considera la data dell’avvenuta notifica dell’ordinanza ingiunzione a Stanfa
Giuseppe), violerebbe palesemente il termine di decadenza di cui si è appena

detto.
2.1.= Il motivo è infondato.
La questione dedotta in giudizio attiene all’applicabilità del termine di trenta
giorni previsto dall’art. 2 terzo comma della legge 241/90 (Nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti
amministrativi) per l’emanazione dell’ordinanza ingiunzione di cui all’art. 18
della legge 689/81, considerato che quest’ultima legge non commina al
riguardo alcun termine. L’art. 2 della legge 241/90 dispone che, ove il
procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero, debba essere
iniziato d’ufficio, il procedimento medesimo deve concludersi (ove non sia
direttamente disposto per legge o per regolamento) entro il termine di trenta
giorni, termine che decorre dall’inizio d’ufficio del procedimento, ovvero, se il
procedimento è ad iniziativa di parte, dal ricevimento della domanda.
Si rileva in primo luogo che le disposizioni di cui al citato art. 2 della legge .
4

241/90 sono scarsamente adattabili al procedimento che si conclude con
l’emanazione dell’ordinanza ingiunzione. Ed, infatti, la legge 689/81 presenta
delle particolarità rispetto all’azione della pubblica amministrazione, quale
considerata dalla legge 241/90, perché delinea un procedimento di carattere
contenzioso anche in sede amministrativa, fissandone, precisamente, le fasi e
la loro scansione temporale: se non vi è la contestazione immediata è
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prescritto che la notifica della violazione debba effettuarsi nel termine di ,
novanta giorni (art. 14). Inoltre, entro trenta giorni dalla contestazione,
ovvero, dalla notifica della violazione, gli interessati possono far pervenire
scritti difensivi (art. 18). Pertanto, se il procedimento ha inizio con la

concluda nei trenta giorni successivi, come prescrive la disposizione del 1990,
giacché è la stessa legge 689/81 che pone dei termini intermedi più ampi a
garanzia dell’autore della violazione. Nè si può sostenere che i trenta giorni di
cui a legge 241/90 dovrebbero farsi decorrere dal momento in cui pervengono
gli scritti difensivi, ovvero dal giorno in cui l’interessato viene sentito, di
talché, preso atto delle difese, l’amministrazione avrebbe il termine di trenta
giorni per effettuare l’ordinanza ingiunzione. Una simile ricostruzione sarebbe
indebita, in quanto il termine di trenta giorni non si può inserire a scelta in una
qualsiasi fase del procedimento, giacché l’art. 2 della citata legge del 1990
prescrive che il medesimo termine decorra (non trattandosi di procedura che
consegue ad una istanza) “dall’inizio d’ufficio del procedimento”.
In altre parole, se la legge 689 del 1981 configura un procedimento con una
precisa scansione di termini (novanta giorni per la notifica della violazione ex
art. 14, sessanta giorni per il pagamento della sanzione in misura ridotta ex
art. 16, trenta giorni per l’invio di scritti difensivi ex art. 18) — mentre, l’unica
fase non interessata al termine è quella decisoria, non essendo previsto un
termine ne’ per l’invio del rapporto, ne’ per l’emissione dell’ordinanza
ingiunzione – non si può inserire il termine di cui alla legge del 1990 solo a
questa specifica fase, perché la medesima legge del 1990 lo prevede
“dall’inizio d’ufficio del procedimento”. Inoltre, se è vero che secondo l’art. 29
8

contestazione della violazione, è esclusa in radice la possibilità che esso si

della citata legge del 1990, i criteri fissati dalla legge costituiscono “principi
generali dell’ordinamento giuridico”, tuttavia, ciò non esime l’interprete dal
verificare se i medesimi principi siano compatibili con la disciplina specifica
della legge 689/81, la quale configura un procedimento di natura contenziosa

trae conferma dall’art. 204 del Nuovo codice della strada, di cui al d.lgs 30
aprile 1992 n. 285, configurante anch’esso un procedimento di natura
contenziosa attraverso la facoltà conferita al trasgressore di fare ricorso al
Prefetto ex art. 203, in cui veniva specificato che il termine per emettere
l’ordinanza ingiunzione era di trenta giorni, segno quindi che l’analogo termine
di cui alla disposizione del 1990 non ha carattere generale e, quindi, non è
sempre automaticamente applicabile quando non vi siano disposizioni
specifiche (detto termine è stato poi prorogato a centottanta giorni dall’art. 68
comma quarto della legge 23 dicembre 1999 n. 488) (vedi Cass. n. 21406 del
2004).
Ed allora, si deve concludere che all’emanazione dell’ordinanza ingiunzione si
può procedere nel termine quinquennale di cui all’art. 28 della legge 689/81,
ancorché detta norma faccia, letteralmente riferimento al termine per
riscuotere le somme dovute per le violazioni (cfr. Cass. n. 9211 del 1995, n.
12189 del 1992, n. 7331 del 1995, n. 1902 del 1996 e n. 6967 del 1997).
La Corte distrettuale ha correttamente osservato questi principi, per altro
espressamente richiamati.
3.= Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 della legge 241/90 e della legge 689 del 1981 (art. 360
n. 3 cpc). Secondo la ricorrente, avrebbe errato la Corte distrettuale nel
9

H–

in cui le garanzie per gli interessati sono già appositamente delineate. Se ne

ritenere applicabili gli artt. 171 ter lett. b) e 174 bis della legge 633 del 1941
in quanto alla luce della piena innocenza dell’odierno ricorrente rispetto agli
addebiti mossogli qualunque sanzione di qualunque entità avrebbe dovuto
essere ritenuta inapplicabile abnorme ed ingiustamente inferta. Ma vi è di più,
secondo la ricorrente: a) dai verbali risulta che i militari della Guardia di

Finanza hanno effettuato , una perquisizione di tre ore. Ora, nel corso di tre
ore appare inverosimile che i militari abbiano ascoltato i quasi 100 files
contenuti in un solo computer ed abbiano verificato tutti i supporti musicali,
frutto di riproduzione abusiva. Piuttosto, se gli agenti avessero dovuto,
direttamente, e soltanto, verificare che i 100
contestazione , effettivamente contenevano musica

supporti, oggetto di
illecitamente ed

illegittimamente duplicata, in tre ore avrebbero dovuto dedicare a ciascuno di
essi non oltre 9 secondi senza poter fare null’altro.
3.1.= 11 motivo rimane assorbito dal primo e ad esso, comunque, vanno riferiti
I principi che sono stati già espressi con l’esame di quel motivo di ricorso.
In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
Per Questi Motivi
La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese. che liquida in €.
4.000, oltre spese prenotate a debito e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile !
il 3 febbraio 2016.

i

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